LETTERA AL DIRETTORE
DANILO DOLCI DAL TRASMETTERE AL COMUNICARE

di Raffaello Saffioti

Caro Direttore,
ti scrivo dopo aver letto su “il dialogo” la notizia del seminario che avrà luogo il prossimo 5 aprile a Caserta sul tema “Luci nel buio, testimoni della nonviolenza nel ‘900: DANILO DOLCI”, in prosecuzione del ciclo di seminari tenuti dal prof. SERGIO TANZARELLA.
Ho scritto giorni fa una e-mail al prof. Tanzarella, dopo l’incontro avvenuto a Monteleone di Puglia l’8 marzo scorso, in occasione della manifestazione promossa per la Giornata della Donna, e dopo la piacevole conversazione che tu ed io abbiamo avuto con lui durante il pranzo, seguito alla manifestazione. Ora non ti scriverei, se avessi ricevuto risposta a quella e-mail.
Quella conversazione mi è stata occasione per fare omaggio al prof. Tanzarella del libro, da me curato e con la tua Prefazione, “La montagna, la luce e il fiore. Esperienze di nonviolenza nella terra di Gioacchino da Fiore” (Pubblisfera Edizioni, 2015). Proprio in quel libro, e in altre piccole pubblicazioni offertegli in omaggio, ci sono ampie tracce del pensiero e delle opere di Dolci.
Serviranno i miei scritti al prof. Tanzarella per il prossimo seminario?
Forse è il caso che io segnali, tramite “il dialogo”, un documento particolare, tra i tanti già pubblicati, che ho scritto in diverse occasioni per ricordare Dolci e testimoniare quanto ho imparato collaborando con lui negli ultimi anni della sua vita. Mi riferisco al testo pubblicato da “il dialogo” il 29 giugno 2014, col titolo “Ricordo di Danilo Dolci rivoluzionario nonviolento a novant’anni dalla nascita. Una testimonianza dalla Calabria”.
Mi sembra opportuno segnalare quel documento per il richiamo in esso contenuto al discorso che Dolci ha fatto ricevendo la laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione, dall’Università di Bologna nel 1996, l’anno prima della sua morte. [1]
In questa occasione voglio esprimere qualche considerazione.
Col passare degli anni, leggendo e rileggendo, soprattutto, le opere di quello che ho chiamato “ultimo Dolci”, il “Dolci calabrese”, e sono le opere che ho visto nascere, di bozza in bozza, capisco sempre meglio il suo pensiero, comprendo sempre più la sua attualità e il suo valore profetico.
Mi pongo sempre nuove domande e continuo a scrivere per comunicare, man mano che procedo nell’esperienza.
Col passare degli anni, comprendo sempre meglio che il pensiero di Dolci non è un sistema monolitico e chiuso, ma si è evoluto nel corso della sua vita e rimane aperto.
A mio parere, il processo evolutivo del pensiero di Dolci ancora attende di essere adeguatamente studiato.
Col passare degli anni, comprendo sempre meglio che è necessario sottrare Dolci al pericolo che venga mitizzato, imbalsamato, come tutti i profeti, e, quindi, tradito.
Comprendo sempre meglio che Dolci non va raccontato, accademicamente, perché il contributo originale che egli ha dato alla storia della nonviolenza del ventesimo secolo va scoperto e sperimentato, praticando la filosofia del comunicare.
In occasione della laurea honoris causa, già richiamata, Dolci disse:
Di solito non faccio prolusioni ma domande. Oggi parlo, ma spero nel futuro mi invitiate con voi in seminari in cui anch’io possa ascoltare. Psicologi, psichiatri e neurologi constatano che, soprattutto nelle zone della modernità metropolitano-industriale, si esiste in uno stato confusionale, confusionale proprio in senso medico.
Un’altra chiave per diagnosticare questo stato confusionale è il fatto di non saper distinguere trasmettere da comunicare, pratica da esperienza.
Chi dice che il comunicare consiste nel trasferirsi di un messaggio da un destinatore a un destinatario è affetto da stato confusionale, pur se accademico. Questa è solo una insufficiente definizione di trasmissione. Anche i bambini sanno riconoscerlo. Il comunicare richiede che tra due o più persone ognuno sia creativo nell’ascoltare-interpretare come nell’esprimersi, non solo verbalmente.
Quando il rapporto fra una persona e altre è esclusivamente e continuamente unidirezionale, a poco a poco diviene violento, castrando ognuno – individuo o gruppo – della propria creatività.
Questa Laurea Honoris Causa non riguarda tanto Danilo Dolci, o svariate scuole che da anni, in Italia e nel mondo, già operano attraverso strutture comunicative maieutiche. Questa Laurea si enuncia nuovo fronte della stessa Università che, dal primitivo mondo della ruota e della freccia, dal mondo dei tamburi, dei trombetti e delle inoculazioni pur elettroniche, dal mondo dei rapporti sistematicamente sbagliati, dalla norma insana, vuole pervenire concretamente alla civiltà del conflitto nonviolento creativo: alla civiltà del dialogo tra persone e genti che imparino a sperimentare creative. Così ho capito”. [2]
I seminari di Dolci e quelli su Dolci
Ho avuto la fortuna di partecipare a innumerevoli seminari organizzati da Dolci dal 1986 in poi e, dopo quella esperienza, sono in grado di fare il confronto con i seminari che sono stati organizzati su di lui, dopo la sua morte.
Dolci continua ad interrogarci, come in una struttura maieutica vivente e permanente, riproponendoci le domande già poste ricevendo la laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione.
Mi chiedo, ora: come si svolgerà il prossimo seminario del prof. Tanzarella?
Roma, 3 aprile 2016
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi
Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo

raffaello.saffioti@gmail.com


NOTE

[1] Leggere “Laurea honoris causa a Danilo Dolci” nella rivista “Scuola e Città”, n. 9, 30 settembre 1996.
La laurea gli fu conferita “per il suo impegno nel campo delle problematiche educative, connesse ai bisogni della nostra epoca, e, in particolare, «per avere dedicato la sua vita e la sua attività nonviolenta a favore dei diseredati e degli oppressi, dei disoccupati e di tutti coloro che nella società moderna ‘non hanno voce».” (Ivi, p. 407)
[2] “Laurea honoris causa a Danilo Dolci”, cit., pp. 407, 408.



Domenica 03 Aprile,2016 Ore: 22:58