Editoriale
Che ogni giorno sia il 27 gennaio

di Giorgio Langella

Una riflessione sulla giornata della memoria


27 gennaio 2013

Sessantotto anni fa, il 27 gennaio 1945 le truppe dell’armata rossa entrarono nel campo di sterminio nazista di Auschwitz e liberarono i sopravvissuti di quello che fu un progetto di distruzione e morte che non ha eguale nella storia recente e antica. Non fu solo una “follia” ma un sistematico e voluto “sonno della ragione” risultato di quell’ideologia fascista e nazista nata e cresciuta in nazioni che erano considerate “culla della civiltà”.

Grazie all’incubo della memoria dei sopravvissuti, come fu definito da Primo Levi, l’umanità ha potuto conoscere il genocidio sistematico perpetuato, in nome di una folle teoria razziale, nei confronti di milioni di persone “colpevoli” di non appartenere alla “razza eletta” o perché considerate “diverse” e, per questo, “inferiori”.

Anche se è impossibile conoscerne il numero esatto, le stime indicano in circa sei milioni gli ebrei sterminati e in circa cinque milioni i civili uccisi perché zingari, serbi, comunisti e oppositori del nazifascismo, omosessuali, testimoni di Geova, disabili o persone genericamente ritenute “antisociali”.

Oggi stiamo vivendo un periodo nel quale memoria non è più “di moda”. Razzismo, xenofobia e discriminazione contro il “diverso” o il “povero” sono “sentimenti di odio” che corrodono lentamente le menti di ognuno e che si stanno diffondendo nell’opinione pubblica, trasformando la solidarietà in un individualismo impietoso e brutale. Non si può restare indifferenti di fronte a questa cancellazione dei principi e dei valori fondamentali della nostra Costituzione. Non si può continuare a tacere perché il silenzio produce mostri e uccide la democrazia.

Per questo vogliamo ricordare anche tutti i “dimenticati”. Vogliamo ricordare chi è coinvolto, suo malgrado, nelle guerre che sono diffuse in ogni parte del mondo. Conflitti che divampano per il controllo e lo sfruttamento della ricchezza, che dovrebbe essere di tutti, da parte dei più ricchi e potenti, siano essi paesi o multinazionali. Vogliamo ricordare chi muore nel tentativo di fuggire dalle guerre e dalla fame. Vogliamo ricordare chi muore di fame. Vogliamo ricordare chi non ha più lavoro, chi è ridotto alla miseria perché gli speculatori, gli evasori fiscali, i corruttori e i corrotti si arricchiscono sottraendo centinaia di miliardi ogni anno a tutti i cittadini. Vogliamo ricordare chi muore nei luoghi di lavoro, chi si ammala perché lavora in luoghi insicuri e malsani, chi muore di malattie professionali. Come alla Ethernit, all’Ilva, alla Marlane-Marzotto di Praia a Mare, alla Tricom di Tezze sul Brenta. Vogliamo ricordare chi lotta per la propria dignità, per il lavoro (il primo diritto costituzionale) in ogni parte d’Italia, dal Veneto alla Sardegna. Questi sono i “sommersi” del nostro tempo. Donne e uomini senza volto e senza voce che vogliono vivere e che soffrono e muoiono nel silenzio e nell’indifferenza. Persone ridotte a numeri di fredde statistiche.

È importante ricordare quello che è successo e conoscere quello che sta accadendo non solo un giorno all’anno ma sempre. Perché ogni giorno deve essere il 27 gennaio.




Domenica 27 Gennaio,2013 Ore: 09:35