Editoriale
Basta con la pornografia del dolore

di Redazione www.ildialogo.org

NON è nostra intenzione salire su di un pulpito o su di una cattedra per impartire lezioni a qualcuno, ma crediamo che una riflessione sul giornalismo italiano sia quanto mai opportuna.
Abbiamo denunciato più volte in tono ironico (o, forse, con sarcasmo) la deriva morbosa, patetica, scandalistica in cui si sta cacciando l’informazione nel nostro Paese. Alcune vicende molto recenti non ci consentono più un approccio “lieve”: il disgusto che sempre più spesso ci assale merita ben altri toni.
E’ molto significativo e condivisibile il titolo che il quotidiano romano Il Tempo ha dedicato alla scarcerazione del giovane marocchino fermato per l’omicidio e l’occultamento del cadavere della piccola Yara: “Hanno sbagliato mostro”.
Come al tempo degli untori, della caccia alle streghe e agli eretici in questi giorni c’è stato chi ha ritenuto indispensabile individuare un colpevole da sbattere in galera, da analizzare nei suoi segreti più intimi, magari nei suoi vizi e nelle sue perversioni. Meglio ancora se il “mostro” è straniero, africano, musulmano: così come un rumeno o un albanese, un colpevole perfetto…
Eppure pensavamo che il caso Tortora e i tanti errori della giustizia italiana avessero consigliato ai giornalisti nostrani maggiore prudenza. Siamo stati degli ingenui: gli affari sono affari e un mostro in copertina, in uno speciale televisivo, in una trasmissione di intrattenimento fa audience, fa vendere pubblicità e fa guadagnare tanti bei quattrini…
Ma c’è dell’altro. La cosiddetta  “televisione verità”(che sarebbe meglio definire TV spazzatura), quella del Grande Fratello o de L’isola dei famosi, ha invaso anche un territorio prima inviolabile, quello del dolore della vittima. Dopo i “casi umani” conquistano la ribalta le rappresentazioni impudiche del dolore. Non bastano più le domande idiote di un cronista imbecille (“Può perdonare colui che ha violentato, torturato, massacrato, ucciso sua figlia e poi ha dato fuoco al suo cadavere?”, e via delirando): il congiunto deve piangere, gridare la sua rabbia, mostrare le piaghe aperte nel cuore durante una trasmissione-fiume, al cospetto dei nuovi inquisitori che fanno i criminologi, gli avvocati, gli psichiatri, gli opinionisti.
Anche le persone straziate dal dolore vengono sedotte dal palcoscenico televisivo e da vittime da rispettare diventano carnefici di se stesse. Gli effetti, se non fossimo dinanzi ad una tragedia civile, potrebbero essere considerati persino paradossali o ridicoli. Se non si fossero offerti così generosamente a telecamere e taccuini forse Michele e Sabrina Misseri sarebbero ancora a piede libero e gli inquirenti del caso Scazzi ancora a brancolare nel buio.
Quando qualcuno si sottrae alle lusinghe del circo mediatico l’inviato si stupisce, si indigna e comincia persino a sospettare che sotto sotto ci sia qualche inconfessabile segreto: com’è possibile rifiutare la generosa offerta di partecipazione a Matrix, a L’arena o a Buona domenica?
I genitori di Yara hanno rifiutato ogni contatto con la stampa e, siamo certi, avranno provocato crisi nervose e attacchi di panico in tante redazioni. I loro concittadini, più restii rispetto agli abitanti di Avetrana a rilasciare interviste, sono stati definiti più o meno esplicitamente “rozzi contadini della Val Brembana”, “freddi e insensibili bergamaschi”, “individui lontani ed estranei alla commozione che pervade l’Italia intera”. Nella patria della Lega il fatto che in tanti rispettino l’angoscia della famiglia Gambirasio e attendano gli esiti delle ricerche e delle indagini suona male, è “televisivamente inadeguato”…
Crediamo sia giunto il momento in cui il giornalismo italiano metta in discussione se stesso. Siamo alla “pornografia del dolore” e tutto ciò è incompatibile non solo con le nostre leggi e la nostra cultura, ma persino con il buonsenso comune. Un’informazione malata è specchio di una società in crisi, dove la civiltà e la dignità hanno lasciato il posto alla guerra da bande per il potere, al disprezzo per le regole e per la Costituzione, al baratro sociale ed economico. Non ci rassegniamo all’idea che tutto ciò sia irrimediabile e che la libertà di parola e di pensiero possano essere sempre sacrificate sull’altare del profitto. L’Italia ha bisogno di ricostruire una sua identità e il ruolo dell’informazione è fondamentale. Bisogna voltare pagina, prima che sia troppo tardi.
La redazione del sito www.ildialogo.org


Mercoled� 08 Dicembre,2010 Ore: 12:42