QUESTO OTTO MARZO
di ANTONELLA LITTA
[Ringraziamo Antonella Litta (per contatti: antonella.litta@gmail.com) per questo intervento. In generale non amo molto le ricorrenze e quindi preferisco ricordare l'otto marzo non con il termine festa che mi suona un po' superficiale e beffardo ma con quello di "giornata delle donne". Rispetto a questa giornata provo sentimenti contrastanti: l'orgoglio di una celebrazione che diventa riflessione e nuova spinta per l'affermazione dei diritti di tutte le persone, e quindi soprattutto delle donne che ovunque e da sempre ne sono private, insieme alla amara disillusione che i traguardi raggiunti in campo sociale, economico e del diritto di famiglia si stiano sempre piu' e nuovamente allontanando fino a scomparire nel silenzio e nell'indifferenza, spesso inconsapevole, di tante donne tra noi, spesso le piu' giovani, anche se la bella manifestazione nazionale del 13 febbraio ha rinnovato in me speranza e fiducia. E allora ripercorro gli anni della mia vita attraverso il volto e le storie di tante donne a cominciare naturalmente dal primo: quello di mia madre. E trovo in questi volti tratti comuni: la bellezza, gli occhi intelligenti, la capacita' di ascolto, il bene e l'amore gratuito e accogliente ma anche le lacrime e il dolore per una vita troppo spesso non pienamente vissuta perche' a volte privata della possibilita' di scelta, della possibilita' di decidere che lavoro fare, cosa studiare, chi amare, chi sposare, se avere o non avere figli e quanti. Una vita sottoposta alle regole scritte dai maschi in societa' e comunita' dominate dal potere degli uomini tanto da imporre anche alle donne modelli di comportamento maschile per riuscire ad affermarsi ed essere accettare. Era ieri ed e' oggi. Oggi la brutalita' del potere maschile s'incarna ancora di piu' nell'imposizione di un modello economico sempre piu' ottuso e aggressivo che riduce tutti, e prima le donne e i bambini, a merce, forza lavoro, passatempo erotico, umani pezzi di ricambio. Questo modello economico trova supporto in una concezione culturale diffusa ed arcaica in cui la donna e' considerata inferiore all'uomo e per questo a lui soggetta; la stessa concezione che porta a ritenere l'ambiente e le sue risorse solo un patrimonio da poter sfruttare e stravolgere, sottoposto alla bramosia scellerata e al dominio della sola specie umana. Nella giornata dell'otto marzo, quindi, la rivendicazione dei diritti e della dignita' delle donne e', e deve essere sempre di piu', una rivendicazione dei diritti per tutti gli esseri umani e anche per i diritti della natura e dell'ambiente intesi come rispetto della sua fisiologia, biodiversita', biodinamica, bellezza e del sempre piu' fragile equilibrio tra tutte le specie. Oggi poi nessuna riflessione sul significato di questa ricorrenza puo' inoltre prescindere dalla questione migrazione. Ogni fenomeno migratorio soprattutto quelli definiti di massa nascono da tanti e fondamentali diritti negati: diritto alla vita inteso nel senso piu' semplice: quello di non morire di fame e di sete, diritto al lavoro, diritto a vivere in pace, diritto ad una vita dignitosa, diritto al riconoscimento di eguaglianza nella differenza tra uomini e donne. Nel mio lavoro di medico ho incontrato ed incontro tanti migranti, uomini, donne e bambini. Le donne spesso piu' silenziose, a volte accompagnate dagli uomini, a volte da sole, a volte con bambini piccolissimi. La prima cosa che cerco e mi sforzo di fare e' far percepire loro un atteggiamento di accoglienza e ascolto. E cosi' ho ascoltato e ascolto tante storie che ci chiedono un sempre piu' forte impegno per la pace e la giustizia come premessa indispensabile di ogni altro impegno e rivendicazione. Che sia l'otto marzo una occasione di riflessione, di rinnovati impegni e quindi di vera festa. Tratto da Luned́ 07 Marzo,2011 Ore: 15:35 |