IL VOLTO UMANO DEL CAPITALISMO? L’OPERA DI KEYNES RIPROPOSTA NEI MERIDIANI MONDADORI.

di Maria Teresa D’Antea

L’opera più importante dell’economista inglese John Maynard Keynes, “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”, è stata riproposta nell’aprile scorso dai Meridiani Mondadori con un saggio introduttivo del prof. Giorgio La Malfa ed ha avuto subito un grande successo, tra gli addetti ai lavori e non. Nel clima di neoliberismo attuale, in cui si cerca, senza riuscirci, di salvare la faccia repellente del capitalismo, che sta diventando, con l’allargamento della forbice tra nababbi e affamati, sempre più disgustosa, è ovvio che Keynes eserciti ancora il suo fascino su certi economisti e su certi lettori. Fu il primo infatti, nell’opera citata, a contestare i concetti di economia classica, portando il liberismo ai canoni irrinunciabili di giustizia e umanità. Ed ebbe il coraggio di definire brutto, sporco, immorale e bugiardo il capitalismo. Fu geniale in questo? Non direi. Keynes era un inglese del tutto identificato nella classe alto- borghese di appartenenza e non poté non temere la rivoluzione russa del 1917. Al terremoto di paura che questa scatenò nel capitalismo europeo e americano, Keynes rispose proponendo un bel maquillage di umanità all’economia liberista: lo stato si doveva far carico di intervento nelle situazioni di sofferenza e di grave ingiustizia, con il fine non dichiarato, ma palese, di tenere buoni gli oppressi onde evitarne la ribellione. In un caso però Keynes ebbe una intuizione di autentico profeta e sono grata al prof. La Malfa per averlo sottolineato nel suo saggio. Keynes si dissociò pubblicamente dal Patto di Versailles, che pose fine all’eccidio imperialista della prima guerra mondiale, perché vide nell’umiliazione inflitta alla Germania le premesse di un altro apocalittico eccidio, quello a cui i più anziani tra noi sono sopravvissuti. La sua anima di economista non fu cieca davanti al nesso tra guerra ed economia e  Keynes non tacque, diventando anzi famoso proprio con il pamphlet scritto contro il Patto di Versailles. Oggi invece tutti gli economisti tacciono davanti agli arsenali del mondo, che si vanno riempiendo a dismisura, lasciando prosperare solo le industrie belliche e il mercato delle armi ( per il quale le guerre vengono create ad hoc ). C’è una sola voce che si leva coraggiosa contro questa economia di feroce distruttività ed è quella di papa Francesco. Quest’uomo, osteggiato soprattutto dai suoi, cerca invano di far capire che la storia si è già incaricata di farci vedere l’assurdità degli schieramenti, sia ideologici che militari, e ci propone la via nuova della collaborazione tra i popoli, attraverso il rispetto, la fiducia e l’aiuto nel prendersi cura l’uno dell’altro. L’ingegno umano, specie quello degli economisti, oggi dovrebbe impegnarsi nella ricerca di un sistema economico con il quale le democrazie siano veramente tali e non tirannidi mascherate col belletto di un po’ di bontà. Un sistema economico dove, con la fine delle guerre e degli arsenali, nessuno mangi più il pane sporco del sangue di un fratello.
Maria Teresa D’Antea



Venerdì 12 Luglio,2019 Ore: 17:13