Garcίa Lorca secondo Sebastiano Saglimbeni                       

di Franca Sinagra Brisca

Un solo poeta tocca l’altezza del pianto universale nei cuori di chi ha conosciuto anche solo in parte la sua opera poetica, in grandezza e originalità pari allo sgomento per la sua morte …e il modo ancor ci offende: Federico Garcίa Lorca.
Sebastiano Saglimbeni ha rivisto per la terza volta un suo scritto dedicato al poeta spagnolo. Quindi una nuova edizione che di recente Editorial Melvin di Caracas  ha divulgato. In questo titolo, Saglimbeni entra senza la minima sottolineatura o forzatura nell’intimità affettiva del lettore per parlarci di Federico come fosse uno di famiglia, il caro parente sulla cui vicenda spesso si torna a raccontare e meditare. Le pagine sono cosparse da un’ aura di limpidezza, eleganza umana e storica sostanziata, che emana senz’altro dall’animo di Saglimbeni e dalla sua comunicazione adamantina e sagace; perché anch’egli è poeta soprattutto.
Nella breve biografia iniziale, Saglimbeni sembra  parlare di Lorca come si fa di un parente emigrato che è stato qua, è stato là e poi là, ha incontrato questo o quel conoscente o parente…sono tutti grandi anime note nella vita e nell’arte.
Ḕ questa scelta di registro di comunicazione, modalità di linguaggio che mette il lettore a contatto diretto con la personalità di Federico? Quel Federico che evitò la letteratura e non le lettere, il conformismo e non il comportamento libero e creativo, la vita prescritta e non la vitalità coinvolgente nella riflessione sulla natura, la società, la condizione umana dove nascita e morte si compenetrano. Egli cantò e disegnò delle lune piangenti, perché solo un animo puro e libero affronta la crudezza del reale nella sua dimensione ardente. Il canto di Lorca incarna sempre un immanente incanto.
I tre temi sostanziali della poetica lorchiana, l’innocenza, l’eros e la morte, vengono trattati da Saglimbeni con scelte antologiche che risultano simili a pennellate: non  allinea fiori di giudizi confusi, come oggi si costuma, ma echi di poesia originaria.
Nel capitolo più consistente, quello che riguarda “La critica italiana”, appuntata su E. Vittorini, O. Macrì, C. Bo, S. D’Amico, G. Morelli e A. Melis, Saglimbeni mette in campo tutto il suo esteso bagaglio di vissuto letterario per discutere di Lorca e dei suoi critici non più nella cerchia parentale irraggiata dalla poesia, ma in un convegno di autori, anch’essi conoscitori ed estimatori “Non passiamo appieno i vari argomenti delle opere che Melis sviluppa. Ma forniamo esempi che più comprendono le interpretazioni e gli intendimenti della poetica lorchiana: di come legge lo studioso nell’inizio e nella fine della storia poetica di Lorca…”. L’autore si fa ora coordinatore di un alternarsi di voci sullo scorrere delle argomentazioni  chiarificatrici, del variare e riprendere toni e accenti dalle diverse prospettive d’interpretazione.
Anche la drammaturgia di Lorca trova qui la sua giusta trattazione e il risalto è espresso nel giudizio “ Il teatro, sebbene oggi venga turbato da generi spesso vacui, vecchi, astratti di rappresentazioni, quali quelle televisive, continua e continuerà, ad esempio, quello di Lorca, ad avere registi ed attori di valore”.
  Per conclusione caudata, titolata “Repertorio delle immagini”, l’autore pone un cofanetto d’arte figurativa, composto da dodici illustrazioni per Federico Garcίa Lorca “eseguite con segni magistrali” da E. Treccani, che esaltano grandi occhi brillanti, pieni ora di ardore ora di pianto, partecipi di una delicata sommossa luna errante sul capo.  Saglimbeni firma dunque  così la sua agile opera, individuando l’associazione artistica fra la poesia e la pittura: il pittore gli offre forme e colori, il poeta ricambia con parole acconciate in versi.



Lunedì 14 Ottobre,2013 Ore: 21:54