DELIZIA SENZA CROCE. ASSOLTO IL GIUDICE TOSTI

di Adista Notizie n. 28 del 21/07/2012

36792. L’AQUILA-ADISTA. Assolto perché il fatto non sussiste. Così ha stabilito, il 5 luglio scorso, la Corte d’appello dell’Aquila scrivendo l’ennesima pagina giudiziaria del caso che ormai dal lontano 2005 vede protagonista il giudice Luigi Tosti , accusato di omissione di atti d’ufficio per essersi rifiutato di tenere udienze a causa della presenza del crocifisso in aula.

Un primo procedimento penale a suo carico si era concluso nel 2009: ribaltando la sentenza della Corte d’Appello – che due anni prima lo aveva condannato a sette mesi di reclusione e a un anno di interdizione dai pubblici uffici (confermando così la sentenza di primo grado) – la Corte di Cassazione aveva assolto Tosti dall’accusa di interruzione di pubblico servizio e omissione di atti d’ufficio (v. Adista nn. 22 e 82/09; esiti diversi ha avuto invece il procedimento disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura che nel 2010 lo ha rimosso dall’ordine giudiziario, decisione confermata poi dalla Corte di Cassazione, v. Adista nn. 10/10 e 23/11).

A medesime conclusioni (anche se per conoscere le motivazioni della sentenza bisognerà attendere il 15 settembre) è giunta, nel corso di questo secondo procedimento, la Corte d’Appello dell’Aquila che ha assolto il giudice dal reato di omissione di atti d’ufficio di cui era stato riconosciuto colpevole in primo grado, nel 2008, annullando così la condanna a un anno di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici inflittagli in quella sede.

Una sentenza a «dir poco scontata – ha commentato il diretto interessato – dal momento che la Corte di Cassazione mi aveva già assolto nel 2009 per fatti sostanzialmente identici». Accogliendo il suo primo motivo di ricorso, la Corte aveva affermato che non era configurabile il reato di omissione di atti di ufficio, perché le udienze erano state tenute dai sostituti dopo che Tosti aveva preavvisato la sua «motivata astensione». In quell’occasione la Cassazione non si era espressa sugli altri motivi con i quali Tosti aveva sostenuto il suo rifiuto, vale a dire la necessità di autotutelare i suoi diritti di libertà religiosa, di coscienza e di non discriminazione, e neppure sul fatto che, secondo Tosti, il “rimedio” dell’aula-ghetto, proposto dal Presidente del Tribunale di Camerino, dove prestava servizio, «violava il principio di legalità, il diritto di libertà religiosa negativo, il diritto di eguaglianza e non discriminazione e non garantiva affatto il rispetto del principio di laicità».

Per scongiurare il rischio che anche in questo procedimento i giudici lo assolvessero per lo stesso motivo omettendo di pronunciarsi sugli altri, Tosti ha presentato una “rinuncia” espressa al primo motivo di ricorso: «Purtroppo, però – spiega ancora Tosti – una norma del codice di procedura penale (l’art. 129) consente ai giudici di dichiarare d’ufficio l’insussistenza del reato».

Non pago, Tosti ha presentato una memoria con la quale ha preannunciato che si sarebbe visto costretto ad allontanarsi dall’aula di udienza se non fosse stato garantito, attraverso la rimozione dei crocifissi da tutte le aule italiane, il rispetto dei suoi «diritti di libertà religiosa, di eguaglianza e di equo processo da parte di giudici visibilmente imparziali». I suoi avvocati, Carla Corsetti e Dario Visconti, associandosi alla richiesta, hanno chiesto che la Corte invitasse il Ministro di Giustizia a rimuovere i crocifissi e, in caso di rifiuto, che sollevassero un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale. «Dopo circa un’ora di camera di consiglio – racconta ancora Tosti – i giudici hanno pronunciato un’ordinanza con la quale hanno accolto la nostra tesi difensiva, affermando, ed è questa la novità di rilievo, “che è meritevole di tutela, alla luce dei principi costituzionali, il diritto dei difensori e dell’imputato a presenziare e ad esercitare le prerogative difensive in un’aula di giustizia priva di espliciti simboli religiosi”». Tuttavia, «anziché sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti del ministro della Giustizia dinanzi alla Corte Costituzionale, hanno affermato che la tutela di questi diritti poteva “essere garantita mediante la celebrazione del processo in un’altra aula della Corte, che era priva dei crocifissi”, disponendo che il processo si svolgesse nell’Aula Magna priva di simboli religiosi.

«A prescindere dall’esito favorevole di questo processo – conclude Tosti –, ciò che comunque conta è il passo dell’ordinanza con la quale i giudici hanno affermato che gli avvocati e le parti hanno diritto costituzionale di presenziare in aule prive di simboli religiosi. Questa pronuncia mina dunque la permanenza dei crocifissi nelle aule giudiziarie, aprendo scenari nei quali qualsiasi avvocato, testimone, imputato o parte processuale potrebbe avanzare la stessa pretesa, obbligando i giudici a trasferirsi in aule senza crocifissi (sempre che ne esistano e che siano debitamente attrezzate!) oppure a rimuoverli». (ingrid colanicchia)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Marted́ 17 Luglio,2012 Ore: 13:24