27 OTTOBRE, GIORNATA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
Il dialogo non si improvvisa
di Paolo Naso
Nata nel 2001 dopo l’attentato alle Torri gemelle, la Giornata del dialogo tra cristiani e musulmani ha una valenza spirituale, ma al tempo stesso civile e sociale
Nove anni fa, quando un gruppo di cristiani di diverse confessioni lanciò l’appello per il dialogo tra cristiani e musulma-ni, l’obiettivo era semplicemente riaf-fermare che le ragioni dell’incontro e del confronto erano più forti della ferita prodotta dall’attentato alle Torri gemelle. All’appello aderirono anche molti protestanti italiani, convinti che il dialogo con l’islam avesse anche una dimensione ecumenica, che fosse cioè un tema proprio del confronto tra le diverse tradizioni cristiane che insieme dovevano confrontarsi con la realtà dell’islam mondiale.
In un grave momento di crisi del sistema politico globale, quell’appello promuoveva le ra gio ni del dialogo contro le logiche dello scontro di civiltà e di una nuova crociata dell’Occidente cristiano contro la «umma» dei musulmani.
Oggi lo scenario è parzialmente cambiato e le ragioni del dialogo sono anche teologiche e spirituali. Ed infatti da anni, in occasione di questa giornata si affrontano temi di carattere più generale: chi sono i musulmani per i cristiani, chi sono i cristiani per i musulmani, quale rapporto tra Bibbia e Corano, il concetto di «genti del libro», le diverse cristologie
Temi impegnativi che non possono essere relativizzati né vissuti come oceani che separano e impediscono la comunicazione. Temi drammaticamente urgenti quando opposti e speculari fondamentalismi bruciano copie del Corano o chiese cristiane. O dove crescono movimenti e partiti che fanno dell’anti-islamismo il perno della loro iniziativa politica, come accade in Svizzera, Olanda, Danimarca e Svezia: «Le loro campagne politiche incoraggiano sentimenti anti-musulmani e l’identificazione dei musulmani con gli estremisti religiosi», si legge in un rapporto dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa dello scorso 23 giugno.
Ma la Giornata resta soprattutto un’occasione di incontro nel quale cristiani e musulmani imparano semplicemente a conoscersi: le visite in una moschea o in una chiesa costituiscono gesti di accoglienza e di fraternità che possono determinare un nuovo sistema di relazioni tra due grandi comunità di fede.
Ma - e soprattutto per i protestanti italiani - c’è un’altra ragione a sostegno di una relazione «del dialogo» con l’islam, di natura più pratica, legata a fondamentali temi culturali e giuridici: la Giornata costituisce in fatti riproporre nel dibattito pubblico il tema del pluralismo religioso e quindi della libertà e dei diritti di una comunità di fede che conta ben oltre un milione di membri. A questo riguardo da anni la situazione resta uguale a se stessa senza che Governo e Parlamento riescano ad affrontare né tanto meno a risolvere il problema del riconoscimento di una comunità -quella islamica - che costituisce un tassello sempre più visibile della scena religiosa del paese. Purtroppo lo «stallo» vale anche per molte altre comunità di fede - tra le altre ortodossi, buddisti, induisti, testimoni di Geova, mormoni e apostolici che pure vantano un voto governativo a favore di un’intesa - ma questa non è un’attenuante, semmai un’aggravante. E in questo vuoto di iniziativa politica, cresce un pregiudizio che limita la libertà di culto: basti pensare alle polemiche sull’apertura di nuove moschee per le quali c’è chi - a destra come sinistra – arriva a ipotizzare improbabili referendum, quasi che per l’islam dovesse valere una deroga al principio costituzionale secondo il quale tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere di fronte alla legge. Diverse chiese evangeliche dispongono già di un’in tesa, eppure sentono loro la battaglia culturale e politica per la libertà religiosa di tutti. Su questo tema non possono prevalere considerazioni particolaristiche: la libertà religiosa è per tutti o non è. E come dimostra il «caso islamico», in Italia la strada è ancora lunga e particolarmente tortuosa. Come è tortuosa in molti paesi a maggioranza islamica.
Temi, questi, all’ordine del giorno dell’incontro promosso dalla rivista «Confronti», proprio il 27 ottobre, nella sede istituzionale della Camera dei Deputati: altre iniziative in calendario in questi giorni hanno un taglio diverso ma tutte rafforzano l’idea che il dialogo cristiano islamico ha anche una valenza civile e sociale. E’ questa una delle tesi ben espressa in un recente volume curato da Letizia Tomassone e Giuseppe La Torre, «Dialoghi in cammino» (Claudiana). È un testo con diversi con tributi: teologici alcuni, sociologici altri, informativi altri ancora. L’idea che orienta il libro è che il dialogo non si improvvisa: ha bisogno di passione spirituale, di un vero interesse per l’altro che sta di fronte a noi, Ma richiede anche conoscenze e strumenti. Almeno questo, gli anni che ci separano dall’11 settembre, ce lo hanno insegnato.
Articolo pubblicato sul settimanale Riforma n. 40 del 29 ottobre 2010 Sabato 30 Ottobre,2010 Ore: 19:26 |