Dialogo cristiano-islamico. Senza pregiudizi ne’ paternalismi.
Rispetto e competenza.
“Sono le due condizioni necessarie per affrontare il tema della convivenza con gli immigrati di religione mussulmana. Un incontro interreligioso nella regione dell’alta valle del tevere ha aiutato a chiarire la questione . (di Francesco Pierli, ex superiore generale dei missionari comboniani). A CURA DI CARLO CASTELLINI.
Come missionario in AFRICA, la sfida della convivenza fra
CRISTIANI E MUSSULMANI, è per me pane quotidiano. Di qui il mio vivo interesse
a partecipare alla serata del 7 novembre presso la sala comunale di CITTA’ DI
CASTELLO (PERUGIA), SUL TEMA:”IL DIALOGO INTERRELIGIOSO FRA CRISTIANI E
MUSSULMANI COME DOVERE CIVICO”. L’occasione veniva offerta dalla ottava
giornata nazionale del DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO, che cadeva, per l’esattezza,
il 27 Ottobre.
Non era la solita
conferenza, ma un incontro tra due comunità: quella cristiana, soprattutto
cattolica, e quella islamica, prevalentemente magrebina. I cattolici avrebbero
usufruito della presenza e del contributo del vescovo DOMENICO CANCIAN; i
mussulmani, di OSCAR CAMILLETTI, del CENTRO CULTURALE IISLAMICO, presso la
grande moschea dell’Acquacetosa a Roma. La Caritas diocesana, l’organizzazione diocesana più
coinvolta nelle iniziative concrete di solidarietà tra le due comunità, nella
persona del suo presidente DON PAOLINO TRANI, ha moderato la serata.
E’ bello vedere il
comune, la chiesa e la comunità islamica incontrarsi per riflettere su come
migliorare la convivenza e la collaborazione in una società civile sempre più
pluralistica e diversificata. Con umiltà! Perché di fronte al nuovo fenomeno
della crescente presenza di magrebini nell’ALTA VALLE TIBERINA NESSUNO HA
RISPOSTE PREFABBRICATE.
La sala era
stracolma, con una forte presenza di magrebini giustamente interessati a
configurare sempre meglio la loro presenza e la loro azione. Dunque anche una
forte dimensione politica, sociale e giuridica con problemi urgenti come il
voto per chi abbia una presenza più che quinquennale corroborata da un valido
lavoro. La cittadinanza implica doveri da parte di chi arriva ma anche diritti,
perché l’integrazione possa diventare effettiva ed appetibile. E’ per questo
che il terzo sponsor della serata era il COMUNE DI CITTA’ DI CASTELLO,
rappresentato dall’addetto alla cultura e problemi sociali.
MARTIRI .
La convivenza pone sfide sia a chi arriva sia a chi riceve. Ovviamente
questi ultimi sono in posizione di forza, e chi arriva, di debolezza. Sarebbe
un peccato se i VALTIBERINI, pensassero che la sfida è solo per chi arriva. Un
cambiamento vero a livello di conoscenza, di liberazione dei pregiudizi e di
adeguata organizzazione sociale e giuridica s’impone per tutti.
Ricordo quando negli anni OTTANTA arrivarono in zona i primi
MAGREBINI. Ci grande attenzione e compassione. Prevaleva la logica dei
POVERINI; si sfiorava il PATERNALISMO. Non mi piaceva proprio. Proposi al
vescovo di organizzare un incontro con chi avesse esperienza per gestire il
fatto nuovo, con rispetto ma anche con competenza e fermezza per non passare –
come di fatto è avvenuto – dal paternalismo al rifiuto.
Le difficoltà furono sottovalutate; ci furono esperienze
negative sul come gestire, per esempio, le case e gli appartamenti della
diocesi in uso ai magrebini. Quelle incertezze iniziali lasciarono la bocca
amara in non pochi che restano ancora diffidenti, per non dire ostili. Eppure
come ha affermato il vescovo di CITTA’ DI CASTELLO, nel suo intervento, il
CONCILIO VATICANO II, dette un chiaro mandato 40 anni fa, al popolo cristiano
di assumere l’iniziativa di configurare nuovi rapporti con le grandi religioni.
Superando e
correggendo l’ostilità che ha caratterizzato il secondo millennio e che si aprì
nel XII secolo con le CROCIATE. I sette monaci trappisti uccisi in ALGERIA il
21 maggio 1996 dagli integralisti islamici, lungamente citati dal vescovo, sono
il simbolo di un’epoca nuova. L’ALGERIA subì un colonialismo molto violento,
molto più che altrove, e non di rado capitanato da integralisti cattolici.
Allora i mussulmani furono le vittime. Con i trappisti anche i cattolici sono
diventati vittime, come Gesu’ sulla croce.
Dopo 13 anni possiamo
affermare che attraverso quel martiri ola piccola comunità cristiana algerina
ha acquistato una credibilità nuova. Il monastero di TIBIHIRINE è ora luogo
sacro e meta di pellegrinaggio non solo per i cristiani ma anche per i
mussulmani, per quella ampia maggioranza che non si riconosce nel
fondamentalismo.
Pellegrinaggi
organizzati insieme, cosa mai prima avvenuta. Quella morte violenta ha aperto
una nuova era caratterizzata dal pluralismo, che vede cristiani e mussulmani
più vicini e complementari; più disposti alla convivenza superando il pericolo
dell’AUT-AUT. E’ un fatto nuovo, fragile come tutti gli inizi, ma che si sta
affermando con decisione.
Uno stile nuovo a cui
anche in ITALIA E IN EUROPA ci si deve educare. I vescovi di nazioni con forti
presenze islamiche come MALI, BURKINA FASO, SENEGAL, al recente SINODO
SULL’AFRICA, hanno sottolineato il crescente clima di collaborazione e
solidarietà nei rispettivi Paesi.
RECIPROCITA’.
Durante
l’interessantissima discussione seguita agli interventi di CAMILLETTI E
CANCIAN, diverse domande hanno insistito sulla reciprocità. Se i mussulmani chiedono
libertà di culto in Italia, e rispetto degli altri diritti umani, perché non
avviene lo stesso negli stati a grande maggioranza islamica come quelli del
NORD AFRICA, DEL MEDIO ORIENTE, PAKISTAN E MALESIA? Perchè non si concedono le
stesse condizioni reclamate in EUROPA, anche alle numerose minoranze cristiane,
in tanti paesi islamici?
La reciprocità è
fondamentale si si vuole essere fedeli alla DICHIARAZIONE DEI DIRITTI UMANI
delle NAZIONI UNITE, universalmente valida. Anche il cardinale CARLO MARIA
MARTINI, grande costruttore di ponti tra le differenti religioni, ha spesso
sottolineato l’urgenza della reciprocità. E’ una carta cruciale da giocare con
intelligenza. La prima mossa spetta a noi cristiani: siamo noi che corriamo il
rischio di qualche fregatura. NOBLESSE OBLIGE.
La grandezza della
nostra fede e l’unicità delle BEATITUDINI esigono da noi un qualche cosa che
non si trova né nel CORANO né nei LIBRI SACRI delle altre religioni. Nel
settore della gratuità e del PERDONO! Nella disposizione anche a perderci per essere
discepoli di CRISTO. Il cristianesimo ha una sua unicità che talvolta esige
eroismo.
Cristo è il mediatore
per eccellenza e noi suoi discepoli dobbiamo fare il primo passo nel lanciare
ponti. C’è una gratuità che è parte integrante e costitutiva del messaggio
cristiano. Qualche volta bisogna essere disposti a perdere, per innescare una
nuova logica. Se aspettiamo che gli altri facciano il primo passo, potremmo
aspettare invano. Ci sono passi profetici di gratuità da fare in perdita, a
breve termine; per la vittoria definitiva, sui tempi lunghi. E’ la logica della
venuta del REGNO DI DIO elaborata da Cristo nelle PARABOLE.
Senza esser fessi, certo! Ai suoi apostoli inviati in
missione Gesù raccomandò:”SEMPLICI COME COLOMBE E PRUDENTI/ASTUTI COME
SERPENTI”. (MATTEO, 10, 16). Dobbiamo certamente aiutare le comunità cristiane
perseguitate nel MEDIO ORIENTE E NEL PAKISTAN, facendo pressione sui governi.
Ma non mi sembra giusto usare, per così dire, i mussulmani d’Italia, in
maggioranza poveri, quasi dei rifugiati, come merce di scambio.
In fondo i MUSSULMANI che emigrano in Italia, sono delle
vittime di governi ingiusti, così come le comunità cristiane nei loro paesi di
origine. E’ offrendo esempi di società pluralista che potremo offrire modelli
nuovi che possano positivamente influenzare e promuovere il pluralismo. Senza
di esso non ci può essere rispetto per i diritti umani.
Pluralismo difficile da deglutire anche in Italia – PADANIA
E CARROCCIO insegnano. Non è negando una moschea dove c’è una comunità
mussulmana che assicureremo una chiesa in più nei Paesi islamici. Semmai il
rovescio! Si rafforza lo scontro e si irrobustiscono i FONDAMENTALISTI, non
quanti credono nella convivenza. Bisogna creare alleanze trasversali basate
sulla tolleranza tra i vari gruppi di credenti, per spuntare la VIOLENZA DEI
FONDAMENTALISTI.
Anche la domanda
sulla DONNA nel mondo islamico è più complessa di quanto alcune risposte
affrettate da ambedue le parti abbiano dato a intendere. La resistenza
mussulmana alla CULTURA DELLE VELINE e L’INSISTENZA SUL VALORE DELLA MATERNITA’
meritano grande attenzione, come invito a valori che la cultura occidentale può
avere perduto di vista, a totale detrimento della donna, dell’uomo e della
società. (FRANCESCO PIERLI) (FINE SECONDA PARTE). A CURA DI CARLO CASTELLINI.
MEDIAZIONE.
Uno dei motivi del
mio interesse, in quella serata, era vedere come il vescovo e l’imam se la
sarebbero cavata, convinto com’ero e sono, che nessuno dei due poteva
identificarsi con le emozioni, i sentimenti e le idee delle rispettive
comunità. Loro compito era aiutare le comunità a fare un passo verso una
migliore convivenza, più distesa, serena, e libera da pregiudizi; entrambi,
assieme al moderatore DON PAOLINO, dovevano assicurare un clima conciliante e
dialogico, per non fare scivolare la serata in una baraonda di battibecchi che
allontanano gli animi e amareggiano.
CAMILLETTI ha
sottolineato punti di convergenza alla luce dell’INSERIMENTO E
DELL’INTEGRAZIONE. Parole di non facile spiegazione, quando si vuole andare sul
concreto. Ha fatto bene CAMILLETTI a sottolineare che le esperienze traumatiche
di FRANCIA e INGHILTERRA, con le loro esplosioni di violenza e vandalismo non
sono applicabili all’Italia.
Ha cercato di
presentare un ISLAM RIPENSATO NEL CONTESTO EUROPEO, per delineare modi di
vivere compatibili con la fede e certe tradizioni musulmane. Non si dimentichi
che l’ISLAM MAGREBINO è più aperto dell’ISLAM di altrove perché altamente
interessato a qualificarsi come presenza creativa e innovativa nell’area
mediterranea.
CANCIAN ha condiviso la dottrina del VATICANO SECONDO su
CRISTIANESIMO E RELIGIONI MONDIALI, espressa soprattutto nella “DICHIARAZIONE
NOSTRA AETATE”. Ha insistito sulla RECIPROCITA’, come chiaramente la
maggioranza cattolica in aula si aspettava.
Il lungo riferimento
al martirio dei monaci algerini poteva essere rischioso. Invece si è risolto
bene perché il vescovo ha comunicato il significato cristiano del martirio, le
sue potenzialità positive, attraverso la lettera di CHRISTIAN DE CHERGE’,
inviata poco prima dell’uccisione, nella quale il monaco vedeva il suo
probabile martirio come continuazione del sacrificio di Cristo e rispondeva
all’odio con le parole di GESU’:”PADRE, PERDONA”,
Una novità cristiana! Se un fatto simile avesse invece
toccato i mussulmani, la vendetta non si sarebbe fatta attendere. Non c’è
dubbio, che in Cristo, la fraternità raggiunge apici non riscontrabili in altre
religioni.
(FRANCESCO PIERLI). (FINE DELLA PRIMA PARTE DI DUE). A CURA
DI CARLO CASTELLINI Sabato 23 Gennaio,2010 Ore: 22:25 |