Il Cantiere di Pace del Cipax: «Chiediamo conto alla Chiesa dei suoi beni»

da Adista Documenti n. 98 del 31/12/2011

DOC-24OO. ROMA-ADISTA. La retorica è bandita, la denuncia è insufficiente, e sentirsi alternativi è un lusso che non ci si può più permettere. È con implacabile onestà che Antonietta Potente, religiosa domenicana da quasi vent’anni residente in Bolivia, nel terzo incontro del Cantiere di Pace 2011-2012 promosso il primo dicembre scorso dal Cipax e da altre associazioni su “I beni comuni, via alla pace giusta”, ha analizzato in una prospettiva etica il tema della difficile relazione tra il bene e i beni. Un tema che richiede uno sforzo supplementare di sincerità, dal momento che, ha sottolineato, «parliamo del bene comune, ma intanto la nostra grande preoccupazione è il bene privato» e che «individui, associazioni, partiti, chiese, religioni, tutti sembriamo preoccupati della nostra sopravvivenza, anche quando non lo ammettiamo».

È qualcosa che sempre accompagna gli esseri umani questo legame tra il bene e i beni, dove «il bene è sempre più legato ai beni, alla loro quantità», che si tratti di eccesso o di necessità minima, e dove i beni - cose, oggetti e accessori che possiamo «o accumulare o eliminare o condividere» - «si inseriscono nei nostri equilibri di pace e di mancanza di pace, di giustizia e di ingiustizia, e anche nei nostri equilibri di fede».

Oggi, ha affermato la religiosa domenicana, «mentre il mondo si agita sotto l’antico spettro di una crisi diventata quasi giornaliera», la «cronaca quotidiana di una morte annunciata», denunciare gli sprechi, denunciare l’iniquità delle manovre economiche imposte dagli organismi finanziari non basta più: occorre che si mettano in discussione le proprie «più profonde appartenenze» e le proprie «più profonde scelte di vita e di fede». Non basta chiedere alla Chiesa di pronunciarsi sulla questione economica internazionale e accettare che essa lo faccia attraverso «comunicati neutralissimi» che parlano a tutti e a nessuno e dispensano consigli a credenti, non credenti e credenti di altre fedi: bisogna «parlare seriamente dei beni delle religioni», a cominciare da quella cattolica, esigendo riforme nell'ambito delle finanze e delle economie della Chiesa. Una sollecitazione, questa, pienamente raccolta dal Cantiere di pace, che ha fatto sua la decisione, «per il bene stesso della Chiesa e per fedeltà a Gesù», di esigere trasparenza dallo Ior, di pretendere che gli enti ecclesiastici paghino l’Ici e di chiedere la rinuncia ai privilegi concordatari, proponendo di organizzare un’iniziativa in tal senso l’11 febbraio, anniversario della firma, nel 1929, dei Patti Lateranensi.

«Non possiamo più limitarci – ha concluso Antonietta Potente - a fare gli alternativi, perché il mondo oggi non va avanti sulle alternative dei gruppetti». Bisogna essere «cittadini a tutti gli effetti», non confinati nel proprio paradiso di economia alternativa, cibo alternativo, vestiti alternativi, arte alternativa: quello che il moderatore dell’incontro, Adnane Mokrani, insegnante islamico tunisino all'Università Gregoriana, ha definito come «il ghetto del gregge eletto».

 «La mia paura – ha poi ribadito la religiosa durante il dibattito - è che l’alternativo sia ancora un lusso», come un lusso deve essere apparso a tanti statunitensi l’orticello coltivato da Michelle Obama. «Oggi probabilmente noi siamo ancora troppo alternativi, perché non è totalmente vero che stiamo totalmente male. Chi sta davvero male in questo momento è reale, non è alternativo». E se è vero che «siamo ambigui anche nel bene», questo «non costituisce affatto un dramma, ma dipende da quel famoso limite della precarietà e vulnerabilità umana che ci renderà capaci di unirci ad altre persone e farci un po' più mendicanti di sapienza, di creatività, di fede». (claudia fanti)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Marted́ 27 Dicembre,2011 Ore: 17:59