GUERRE UMANITARIE E BOMBE CARITATEVOLI
IN VATICANO IL CONVEGNO DEGLI ORDINARI MILITARI

di Agenzia Adista n. 80 - 05 Novembre 2011

36365. ROMA-ADISTA. Militari per amore: quando disinnescano le mine, ma anche quando partecipano attivamente alle “missioni di pace”, sganciando “bombe umanitarie” e “intelligenti”, come in Iraq, Afghanistan e Libia. Lo ha ricordato Benedetto XVI che, lo scorso 22 ottobre, ha ricevuto in  udienza i partecipanti al VI Convegno internazionale degli Ordinariati militari, nel venticinquesimo anniversario della Spirituali Militum cura, la Costituzione apostolica – emanata da Giovanni Paolo II nel 1986 – che elevò al rango di diocesi tutti gli Ordinariati e i Vicariati castrensi del mondo. Diocesi anomale, le cui parrocchie sono le cappellanie militari, i cui parroci sono i cappellani militari – preti sottratti all’autorità del loro vescovo locale che devono obbedienza all’ordinario militare, vescovo e al contempo generale – e i cui fedeli sono i militari e le loro famiglie, gli allievi delle scuole militari, il personale medico, paramedico e i degenti degli ospedali militari.

«La vita militare di un cristiano va posta in relazione con il primo e il più grande dei comandamenti, quello dell’amore a Dio e al prossimo, perché il militare cristiano è chiamato a realizzare una sintesi per cui sia possibile essere anche militari per amore, compiendo il ministerium pacis inter arma», ha detto Ratzinger all’udienza. «Penso in particolare all’esercizio della carità nel soldato che soccorre le vittime dei terremoti e delle alluvioni, come pure i profughi, mettendo a disposizione dei più deboli il proprio coraggio e la propria competenza. Penso all’esercizio della carità nel soldato impegnato a disinnescare mine, con personale rischio e pericolo, nelle zone che sono state teatro di guerra, come pure al soldato che, nell’ambito delle missioni di pace, pattuglia città e territori affinché i fratelli non si uccidano fra di loro».

La situazione è più complessa però, soprattutto in epoca di “guerre umanitarie”: militari e cappellani – ha notato piuttosto mons. Dominique Mamberti, segretario di Stato vaticano per i rapporti con gli Stati, aprendo i lavori del Convegno – in questo tempo devono «adattarsi a nuove condizioni nell’esercizio delle loro mansioni, a motivo di cambiamenti di diversa indole, come la fine della coscrizione obbligatoria e l’arruolamento su base professionale nelle Forze armate, ormai in vigore in molti Paesi europei, i tagli di risorse provocati dalla crisi economica, le nuove tecnologie belliche e di difesa, nonché le nuove caratteristiche dei conflitti, che implicano un ripensamento delle regole d’ingaggio e del ruolo di interposizione e di peace-keeping». Una questione «di drammatica attualità», ha aggiunto Mamberti, forse pensando anche alla Libia. «Nello scenario internazionale i conflitti non sono un fenomeno limitato nello spazio e nel tempo. In passato essi venivano combattuti su campi di battaglia e con una modalità nei metodi e nei mezzi che marcava formalmente l’inizio e la cessazione delle ostilità. Oggi, e voi lo sapete bene, non è così. Il conflitto, anche armato, tende pericolosamente ad assumere la forma di un “elemento persistente” della realtà umana e sociale; viene spesso combattuto nei centri urbani, senza la chiara demarcazione di un inizio e di una fine, talvolta senza la possibilità di distinguere i combattenti dai civili, i nemici dalle forze amiche». Per cui si fa sempre più faticosa l’opera di «discernimento di fenomeni che spesso assumono forme non agevolmente qualificabili alla luce delle categorie della diplomazia e del diritto internazionale, e che giungono talora a rendere problematico il dare efficacia al corpus normativo applicabile in caso di conflitti armati».

Nodo intricato, forse impossibile da sciogliere. «Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L’obbedienza ad ogni costo?», chiedeva don Lorenzo Milani ai cappellani militari nel 1965. «Se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla». E allora in questo contesto si dimostra di grande attualità la storica proposta di Pax Christi di smilitarizzare i cappellani e affidare la cura pastorale dei soldati ai sacerdoti delle parrocchie nei cui territori sorgono le caserme, anche per dare loro totale autonomia dalle gerarchie militari (v. Adista nn. 81/95, 67/97, 81/00, 49/06 e 81/06). In Vaticano però da quest’orecchio non ci sentono. Anzi, la proposta emersa dal convegno è di aumentare gli Ordinariati, stipulando nuovi accordi internazionali con gli Stati. (luca kocci)

Articolo tratto da
ADISTA
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Mercoledì 02 Novembre,2011 Ore: 15:47