Il mio rientro nel ministero presbiterale
di Dino d’Aloia
Con un commento della nostra redazione
Vi comunico una notizia importante. Dopo un lungo percorso, a tratti anche molto sofferto, e dopo un intenso dialogo intrattenuto con il vescovo di San Severo Lucio Angelo Renna che mi ha seguito con una tenerezza grandissima, oggi gli ho consegnato ufficialmente la lettera con cui chiedo di rientrare nell'esercizio del ministero di prete della Chiesa Cattolica dopo che il 6 agosto 2007 gli avevo comunicato la mia scelta di sospendermi dallo stesso. Quello di oggi è solo un atto formale in quanto sono stati già compiuti tutti i passaggi dovuti secondo le procedure della comunicazione ecclesiale.
Nella lettera che segue vi troverete due parti: la prima più esistenziale e sentita con la quale parlo del cammino che mi ha portato a rientrare nel ministero e la seconda, più ardua e tecnica nel linguaggio, in cui ho dovuto elencare gli aspetti del Magistero Ufficiale della Chiesa cui necessariamente e rispettosamente deve attenersi chi vuole svolgervi un ministero pubblico.
Caro Vescovo Lucio,
con questa lettera vengo a lei per chiederle di rientrare nell’esercizio del ministero di prete nella Chiesa Cattolica. Lei conosce bene il mio cammino sin da quando è arrivato nella nostra diocesi sia perchè mi ha accompagnato con grande sollecitudine e umanità sia perché io ho sempre conservato e coltivato con lei un dialogo intenso. Attraverso questa lettera oltre a lei voglio raggiungere attraverso i mass media anche la vasta comunità civile e diocesana. Come lei sa, la mia decisione di tre anni e mezzo fa di sospendermi dall’esercizio del ministero, non scaturiva da una perdita di entusiasmo nella sequela di Gesù Cristo o nel servizio al nostro popolo ma da una certa assolutizzazione e radicalizzazione di alcune visioni e convinzioni personali che derivavano dalla mia lettura dell’esperienza e da una mia lunga ricerca intellettuale e spirituale, che, se è vero che venivano espresse con la forza della sincerità, tuttavia avevano perso di vista il tutto e cioè il bene complessivo di grazia, concordia e fraternità che invece si possono incontrare, favorire e proteggere nella piena comunione ecclesiale. Radicalizzare la mia ricerca o i miei approdi individuali al punto da sacrificarvi l’esercizio del ministero presbiterale è stato un grave errore di visuale, da una parte compiuto in buona fede ma dall’altra sprovvisto della necessaria saggezza ed elasticità mentale. Adesso posso dire che un certo mio spirito giovanilistico e velleitario non è stato buon compagno e consigliere. In questo tempo ho preso consapevolezza dei limiti del mio percorso anche se non rinnego tutto quello che c’è stato di buono. Sono dispiaciuto se qualcuno possa aver ricevuto danno dalla mia scelta di allontanarmi dal ministero ma, ne sia certo, non era mia intenzione. In quel periodo non vedevo un’altra scelta migliore. Come recita l’ultimo dei canoni del Diritto Canonico vigente, il valore principale della vita della Chiesa e in fondo anche il motivo della sua esistenza è “la salvezza delle anime”, cioè la guarigione e la felicità piena delle persone, ed io credo che a questo bene generale debbano essere sottomessi tutti i beni particolari che pur conservando il loro altissimo valore vengono sviliti quando sono staccati dal loro giusto fine. Per questo motivo ho rivisto la gerarchia di certi miei valori e sottolineature intellettuali in vista del conseguimento di ciò che può concorrere alla “salvezza delle anime” che è il bene sommo che tutto deve orientare e sono arrivato a comprendere che l’amore e la fedeltà alla causa del bene comune e della santità del popolo devono dare forma e orientamento ai valori della coerenza, dell’onore, della libertà individuale, che sono tutte cose belle e buone solo se vissute nella misura dell’amore e a servizio della comune santità. Nella mia situazione personale ad esempio ho dovuto comprendere che la mia libertà individuale riceve valore solo se armonizzata con la libertà del popolo che appunto è più importante della mia e che cadrei nell’egoismo e nell’individualismo se la erigessi a valore massimo, che invece è solo la volontà di Dio. Come ho già accennato non voglio rinnegare il valore di questo mio periodo fuori del ministero con un pentitismo degenere, plateale ed irrispettoso dei fatti. Farei un torto alla mia storia e a quella di chi mi è stato vicino e sarei insincero con voi che leggete. Invece difendo strenuamente la genuinità e la forte idealità delle mie intenzioni e del mio ininterrotto tentativo, anche in questi ultimi anni, di servire la Chiesa e la nostra gente, a cui mi legano un amore profondo e nuziale. In questo tempo ho continuato a fare del mio meglio per il prossimo e anche per In questi ultimi anni ho continuato a nutrire la mia vita interiore attraverso l’amicizia, attraverso la frequentazione delle Sacre Scritture, attraverso la preghiera, in modo particolare durante il Mese ignaziano del luglio Così, dopo questi anni fuori dal ministero chiedo di rientrarvi nella consapevolezza che solo camminando nella Chiesa e con Camminare nella chiesa e con Qui di seguito vado ed elencare gli insegnamenti ecclesiali (e le ragioni sottostanti che la chiesa ci offre) su cui io in particolare ho dovuto lavorare per integrare il mio percorso ecclesiale ed intellettuale. 1. L’ispirazione della Bibbia. La tradizione della Chiesa ci insegna che 2. Il Magistero della Chiesa. Il Magistero della Chiesa insegna che il proprio compito di interpretare a) dogma trinitario del Dio unico in tre persone; b) dogma della divinità di Cristo preesistente e coeterna con il Padre e lo Spirito; c) dogma del concepimento verginale di Maria per opera dello Spirito Santo; d) dogma dell’Immacolata Concezione di Maria liberata per grazia divina da ogni ferita originaria per poter accogliere in sé il Verbo della vita, e) dogma dell’ Assunzione in cielo di Maria in qualità di prima discepola e prima compartecipe integrale della salvezza operata da suo figlio Gesù. 3. La vita sacramentale. Il Magistero ufficiale della Chiesa, in ascolto della Sacra Scrittura espressasi nella Tradizione insegna che il Mistero salvifico di Cristo viene vissuto in forma eminente nei segni sacramentali che trovano in Cristo stesso il proprio autore e fondatore. La vita sacramentale non esaurisce la nostra vita in Cristo ma le dà il senso cristiano, comunitario e comunionale. Tutto ciò che viviamo fuori dai segni sacramentali deve trovare in essi la propria sintesi, cioè la propria fonte e il proprio culmine. I sette sacramenti costituiscono la celebrazione del mistero unico di Cristo nella nostra vita contrassegnata tanto dalle sue tappe quotidiane che da quelle irripetibili. Così ad esempio il Battesimo segna il nostro incardinamento in Cristo e nella Chiesa e la nostra partecipazione alla dinamica di morte e resurrezione di Cristo e
4. Il Matrimonio. Il Magistero ufficiale della Chiesa poggiandosi sulla tradizione antica dei Padri ci mostra che sia Cristo che il movimento di seguaci da lui fondato hanno sempre difeso la stabilità sia delle relazioni umane in generale, ad esempio dell’amicizia, attraverso l’esaltazione di quella squisita forma di amore che è la fedeltà, sia della eminente forma di relazione amorosa che è quella coniugale. Gesù stesso, interpellato in merito in prima persona, ha messo dei paletti fermi contro il dilagare dei mille pretesti e delle tante giustificazioni che il maschilismo imperante del suo tempo utilizzava per licenziare una donna ed abbandonarla con il libello al suo destino e alla sua indifesa solitudine. Le parole di Gesù invocavano sia nel matrimonio che nelle relazioni umane in genere la strada del perdono, sempre, anche nel caso del tradimento in cui il cammino è più faticoso. Per quanto riguarda il tema dell’omosessualità occorre tenere debitamente in conto l’antico insegnamento della Chiesa Cattolica che insegna che solo nell’unione intima di corpo e psiche di maschio e femmina l’amore di coppia può essere vissuto nella sua pienezza così come traspare anche dalle leggi della fisiologia umana teleologicamente orientate alla procreazione e quindi, con tutta evidenza, inscritte nella natura umana in tal modo voluta ed ordinata dalla creazione divina. Per questo motivo
5. Il Ministero presbiterale. La vita e l’insegnamento di un presbitero non possono inoltre prescindere dall’insegnamento della Chiesa su alcune questioni relative al ministero presbiterale. Sul celibato ecclesiastico, come è acclarato dal Catechismo della Chiesa Cattolica e dal Codice di diritto Canonico delle Chiese Orientali, Sin dall’era apostolica il ruolo di guida delle comunità cristiane è stato affidato solo a uomini. Nei testi biblici si parla di una diaconessa Febe e di alcune coppie che avevano particolari incarichi nella comunità anche se i loro ruoli non vengono delineati con chiarezza. In questo mio documento ho dovuto attardarmi in questioni dottrinali o concettuali che hanno sicuramente importanza sia nella vita spirituale della Chiesa che nei vissuti esistenziali di molte persone e popoli. Eppure mentre ero addentrato nella scrittura non potevo negare innanzitutto a me stesso che la dimensione razionale della fede deve appassionarci fino ad un certo punto perché il centro supremo della vita umana e quindi anche del vangelo sta nel mistero di guarigione che le nostre vite sanno sprigionare come riflesso della luce divina che penetra nei nostri cuori e che possiamo rifletterci l’un l’altro dagli occhi agli occhi, dai volti ai volti, dalle vite alle vite. E questa luce è solo amore ed è per questo che voglio concludere con il più grande dei testi che io conosca in cui quella grande persona che fu Paolo di Tarso ha visto chiaro su cosa conta davvero nella vita e cosa invece no. Vorrei che fosse il mio programma. L’amore non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato… Queste dunque le tre cose che contano: la fede, la speranza e l’amore; ma di tutte più grande è l’amore (1 Cor 13). San Severo 13 aprile 2011 Un primo commento Come si può leggere un simile comunicato senza essere scossi da un brivido di indignazione e da una amarezza profonda? Questo signore è troppo prete per essere uomo! Stefania Salomone e Sergio Grande (della redazione de "il dialogo")
Mercoledì 13 Aprile,2011 Ore: 17:33 |