La mia battaglia da cristiano contro una chiesa antimoderna

di Hans Küng

La Repubblica 7 aprile 2010
Anticipiamo alcune pagine dell'ultimo libro di Hans Küng "Ciò che credo" (Rizzoli) in libreria da oggi.
Come membro della "Repubblica degli eruditi di Tubinga" - come recita il sottotitolo della storia dell'università di Tubinga redatta da Walter Jens - mi dispiaceva allora, come mi dispiace oggi, che ci si richiami sempre a Dio per combattere la scienza moderna. Il caso Galilei, il caso Darwin, ma ai nostri giorni anche quello della morale sessuale (contro pillola, preservativi, inseminazione artificiale, ricerca sulle cellule...) hanno gravato sul rapporto tra religione e scienza, avvelenandolo.
Come potrei non avere comprensione per il fatto che molte persone, di fronte a così tanti decreti romani e pamphlet protestanti, rifiutano una fede in un'autorità, nella Bibbia, in una Chiesa che appare loro irrazionale, antifilosofica, ostile alla scienza? Inoltre, molti credenti oggi capiscono benissimo che l'argomento "Dio" non può avere alcun ruolo nella scienza, se questa deve mantenere la precisione e l'esattezza dei suoi metodi. Questioni notoriamente difficili dal punto di vista etico, quali aborto, ricerca sulle staminali o i trattamenti "fine vita", dovrebbero però essere indirizzate a una soluzione praticabile e umana: senza risposte dettate dal fanatismo religioso, ma sicure dal punto di vista scientifico e frutto di riflessioni filosofico-teologiche.
Da democratico svizzero convinto mi spiaceva e mi spiace tuttora che ci si richiami sempre a Dio per opporsi anche alla democrazia moderna. È vero che ai nostri giorni non è più pensabile una tutela politica e religioso-confessionale da parte delle Chiese, come accadeva durante l'Ancien Régime. Ma negli ambienti fondamentalisti, sia cristiani sia islamici, che stanno vivendo un momento di rinnovato vigore, l'odio per l'Illuminismo è sempre presente e il motto della Rivoluzione francese, «libertà, uguaglianza, fraternità» viene visto ancora in modo molto negativo.
Ma per restare nell'ambito della mia Chiesa, quella cattolica: non solo i seguaci di Lefebvre, reazionari e tradizionalisti, ma anche molti prelati in Vaticano preferirebbero ripristinare le condanne ecclesiastiche contro liberalismo e socialismo di fine Ottocento, e rimettere le decisioni sulla "verità" in tutte le questioni riguardanti la fede e la morale a un "magistero" ecclesiastico, come richiesto anche nelle encicliche più recenti su fede e ragione. In questo spirito antimoderno, nella Roma papale si ritiene ancora di poter esercitare una pressione, da dietro le quinte e talvolta anche a scena aperta, su governi e parlamenti eletti democraticamente affinché le loro decisioni obbediscano alla "morale" cattolico-romana. Quando vedo, inoltre, quali "miracoli" vengono approvati negli ultimi tempi, anche qui in pieno spirito medioevale, e quindi sanzionati da "canonizzazioni", come si fanno passare per fatti storici antiche leggende, si incoraggiano dubbi pellegrinaggi e la gente devota viene presa ripetutamente per stupida, e quando mi chiedo poi «In che cosa credo?», la mia risposta è chiara ed è: no, in tutto questo non credo, e nessun teologo al mondo mi potrà convincere che è parte sostanziale della mia fede in Dio, in particolare della fede nel Dio cristiano. Ci si dovrà chiedere, al contrario, in quale misura un'immagine falsa e distorta di Dio e talvolta anche un'immagine "cristiana" inumana, asociale, dell'uomo abbiano contribuito alla diffusione dell'ateismo. Viceversa devo anche chiedermi: quanto valore hanno gli argomenti contro la fede? Bisogna sottoporre a esame critico soprattutto due argomentazioni: in primo luogo quella psicologica, secondo la quale Dio sarebbe solo una proiezione dell'uomo, quindi quella storicofilosofico culturale, ovvero che ci troveremmo di fronte alla fine della religione.
Una spiritualità con razionalità La mia spiritualità ha sempre avuto a che fare più con la razionalità che con la sensibilità. Non ho mai voluto semplicemente "credere", ma anche capire la mia fede. (...) Parimenti ho sempre ritenuto importante che se le questioni delle scienze naturali dovevano essere trattate secondo il metodo e lo stile delle scienze naturali, allora d'altro canto sarebbe stato doveroso trattare anche le questioni della psiche umana e della società, così come quelle del diritto, della politica e della ricerca storiografica e ancor più quelle dell'estetica, della morale e della religione, secondo il metodo e stile a loro proprio, corrispondente al loro oggetto. In maniera del tutto legittima, oggigiorno, anche nelle scienze dello spirito ci occupiamo sempre più dell'analisi di fenomeni, operazioni, processi e strutture. Ma nel far ciò non dobbiamo dimenticare che ci sono questioni legittime in ambito scientifico che attengono al senso primo e ultimo delle cose, ai valori, agli ideali, alle norme e ai comportamenti. Come filosofo e teologo non posso accontentarmi della problematicità superficiale del nostro mondo secolarizzato e ridotto solamente a razionalità e funzionalità, ma debbo cercare di penetrare nella sua dimensione più profonda. Come si può altrimenti trovare una risposta alla domanda sul fondamento della vita?
(traduzione di Chicca Galli)

 



Mercoledě 07 Aprile,2010 Ore: 16:41