Armi-biciclette e tanto onore per il clan Romeo-Santapaola di Messina

di Antonio Mazzeo

Un balordo ti ha rubato l’auto sotto casa? Chiama loro e te la riportano in meno di un’ora con tanto di scuse. L’imprenditore amico ha qualche problema con il boss o i gregari delle ‘ndrine calabresi più temute? Tranquillo, ci pensa uno di loro a fare da paciere e smussare i contrasti. Hai bisogno di una bicicletta calibro 21 o 38 special? Chiama loro per una pronta consegna a domicilio con tanto di colpo in canna. Loro sono i componenti del gruppo familiare-criminale dei Romeo-Santapaola, la “costola” peloritana del potente mandamento di Cosa nostra catanese, quello retto da tempi remoti da don Benedetto Nitto Santapaola. Fatti e aneddoti in buona parte inediti sulla “famiglia-ponte” della criminalità della città di Messina sono stati riferiti dal maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Musolino nel corso dell’ultima udienza del processo antimafia Beta che vede imputati i Romeo-Santapaola e alcuni noti professionisti della borghesia locale, avvocati, costruttori e finanche qualche ex dirigente dell’amministrazione pubblica.
Niente sbirri. A ritrovare gli automezzi meglio i Romeo… 
“Per comprendere la forza e la rilevanza dell’organizzazione dei Romeo-Santapaola e i suoi rapporti con i soggetti criminali che operano su Messina è utile riportare piccoli episodi che presi singolarmente hanno poco valore ma che insieme lasciano comprendere come essa fosse una struttura superiore rispetto alla polverizzazione e frammentazione dei clan messinesi”, ha esordito l’inquirente. “Un primo episodio riguarda il furto di un motorino avvenuto nei confronti di Benedetto Romeo e del quale lo stesso non si era nemmeno accorto. Il 15 aprile 2014, durante un’intercettazione tra il costruttore Biagio Grasso e l’odierno imputato Vincenzo Romeo, quest’ultimo spiegava che era avvenuto il furto del mezzo del fratello e che una volta che gli autori si erano resi conto di chi era proprietà il mezzo, si erano spaventati e avevano riportato immediatamente il motorino al legittimo proprietario. Tra i soggetti a cui si faceva riferimento per il furto c’era Antonino Tortorella con precedenti per stupefacenti. Questi era il fratello di Fabio Tortorella e i due sono figli di Giovanni Tortorella, con precedenti per armi, stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa, pure coinvolto nell’operazione Case basse di Messina. Giovanni Tortorella è inoltre fratello di Fabio Tortorella, con precedenti per omicidio, stupefacenti, estorsioni, associazione mafiosa. Il nome di Fabio Tortorella è pure uscito nell’indagine denominata Mattanza, in riferimento ai rapporti con altre persone in relazione all’omicidio di Francesco La Boccetta, Sergio Micalizzi e Roberto Idotta (al processo Mattanza, l’imputato Fabio Tortorella è stato tuttavia assolto nonostante il Pm avesse chiesto la condanna all’ergastolo, Nda). Questo per comprendere che si tratta di soggetti che non erano estranei al tessuto criminale e che avevano comunque in famiglia qualcuno che aveva un rapporto con la criminalità organizzata…”. Continua in: antoniomazzeoblog.blogspot.com



Mercoledì 19 Giugno,2019 Ore: 20:10