Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri – Roma 15/09/2012
Ritrovare lo spirito e la fede della Chiesa del Concilio

Gianni Mula e Carlamaria Cannas (Le radici e i frutti)

Dice bene Raniero La Valle (Adista 2012) che il messaggio di fede che oggi viene trasmesso non è più ascoltabile fuori della cerchia dei vecchi praticanti perché non più credibile per le nuove generazioni irrimediabilmente secolarizzate. Ed è anche vero che durante il Concilio non si discusse sul tipo di “narrazione” che l’assemblea avrebbe proposto perché non era ancora maturata la consapevolezza della crisi della modernità come messa in discussione di tutte le vecchie narrazioni. Ma lo spirito col quale fu affrontato il problema del significato della fede nel mondo contemporaneo (perché a questo si riferiva Giovanni XXIII con il termine “aggiornamento”) è ancora valido oggi, cinquant’anni dopo. Quello spirito portò i padri conciliari a deliberare con maggioranze che oggi diremmo bulgare se non fosse evidente che non erano dettate da una regia più o meno occulta, ma nascevano dalla volontà della grande maggioranza dei padri di non dividersi su aspetti importanti ma tutto sommato secondari. Quello spirito li spingeva invece a privilegiare l’obiettivo comune di affrontare tutti i temi della fede con un linguaggio che rendessse evidente che si voleva parlare della fede degli uomini e delle donne di oggi, non di quelli di di ieri o di ogni tempo.

A cinquant’anni di distanza vale soprattutto la pena di ricordare del Vaticano II il fatto che non ha solo fatto entrare la chiesa nel mondo moderno, ma, nonostante i mille limiti e insufficienze delle persone e delle procedure, ha mostrato che è possibile fare passi avanti significativi anche in situazioni nelle quali sembra che non ci siano più certezze. Il problema che il Concilio aveva di fronte, la necessità di esprimersi in un linguaggio comprensibile per il popolo di Dio del XX secolo, fu risolto con l’andare all’origine del messaggio evangelico e della chiesa per coglierne la perenne capacità di liberazione, al di là delle specifiche riformulazioni necessarie per adeguarsi ai cambiamenti dei tempi e delle persone. In questo senso l’insegnamento del Concilio diventa davvero un insegnamento valido in ogni tempo.

Insegnamento che si rivela valido anche in campi apparentemente del tutto laici ed estranei alla fede come quello della crisi economica che stiamo attraversando. Dire alto e forte che dividersi tra sostenitori di teorie economiche diverse e contrapposte non può essere una soluzione del problema perché mai si potrà arrivare ad un accordo valido per tutti i tempi e tutti i luoghi è un primo passo necessario, sulla cui ragionevolezza possono concordare credenti e non credenti. Ma il denunciare con la stessa forza l’ipocrisia sottesa al considerare paragonabili il “sacrificio” di chi rinuncia a sposarsi, o ad aver figli, col sacrificio di chi al massimo riduce le proprie vacanze alla moda o gli acquisti degli ultimi gadget elettronici, è qualcosa che richiede una fede vera nel valore inestimabile di ogni singola vita umana. Questo tipo di ipocrisia, come ha magistralmente notato Piero Stefani nel suo “Fede nella Chiesa?”, ha purtroppo largo spazio anche nella chiesa cattolica e il suo superamento, come dice Raniero La Valle nel brano citato, richiede la lieta fede annunciata dal Concilio, sempre attuale anche a cinquant’anni di distanza.




Venerd́ 14 Settembre,2012 Ore: 16:38