Torna di grande attualita’ il libro stampato da Tarantola in Brescia, per le tematiche trattate e concernenti la situazione delle carceri bresciane, per tanti aspetti identiche ad altre situazioni carcerarie della penisola.
“L’allegra galera di canton mombello”

di Carlo Castellini

Un libro di Giovanni Arcai, stampato da marco serra tarantola, nelle officine grafiche della color art di rodengo saiano (brescia). La premessa di Laura Castelletti e di Paola Vilardi. La prefazione e’ dello stesso autore di origini sarde.


Presentazione-recensione del libro “l’allegra galera di canton mombello”, di giovanni arcai, edito da marco serra tarantola, a Brescia, nel luglio2007, a firma di Giovanni Arcai, giudice di sorveglianza.
INTRODUZIONE AL LIBRO – ( DI CARLO CASTELLINI).
Il libro non si presenta omogeneo e monotematico; non e’ un romanzo leggero di facile lettura; ma intende rendere testimonianza delle penose condizioni in cui si trovano i carcerati, dei due istituti di pena cittadini; anche se tante delle notizie e informazioni, con le relative problematiche carcerarie, esulano alla fine dagli stretti angoli visuali di Brescia, per allargarsi alle condizioni generali in cui si trovano tante, se non tutte, le carceri italiane. Trovano spazio in questo documento, informazioni oggettive che nessuno vuole negare, con altre vicende personali dell’autore, che si intrecciano con la storia professionale sua e dei suoi colleghi. Il libretto si divide in tanti capitoletti, i cui titoli, fanno facilmente intravedere, i contenuti, le condizioni psicologiche ed umane, in cui si trovano a vivere, dentro spazi costrittivi i detenuti, ma anche le guardie carcerarie. Ne citiamo solo alcuni:”Protezione del lavoro dei detenuti”, “Pediluvio nella turca”, “Quattro guardie per 108 detenuti”, “Sudiciume stratificato da anni”, “Detenuti al caldo, guardie al freddo”, “Pericolo di morte”, “Per punizione cinema”, “Pirateria all’ingrosso e al minuto”, “Tubercolosi di stato”, “Coabitare con ratti vivi e morti”, e via di seguito. In un secondo articolo, intendo tornare a parlare dei piccoli progressi ottenuti e del significativo ed efficace, nonché silenzioso lavoro del Gruppo di Volontari che fa capo al VOL. CA. (Volontari della Caritas) e dell’ACT (Associazione Carcere Territorio), un piccolo esercito, soprattutto femminile, che opera dentro e fuori dalle carceri di Brescia, con grande serietà e professionalità e competenza, per trasformare il carcere da prigionia senza speranza in un laboratorio di vita che guarda al futuro. Seguirà a questo proposito, una mia intervista, concessami dal dott. CARLO ALBERTO ROMANO, Docente universitario e Criminologo, che è anche un attento Coordinatore del gruppo di volontariato di ACT e VOL.CA.; tornando al libretto di GIOVANNI ARCAI, di particolare impatto emotivo, il capitoletto riservato alle LETTERE che il giovane figlio ANDREA, scrive al Padre e alla famiglia dal Carcere di Vicenza, dove era stato allora ingiustamente rinchiuso. Vi si respira quasi fisicamente, lo sconcerto, lo scoraggiamento,il bisogno fisico e psicologico della famiglia e degli affetti più cari, la disperazione, l’annullamento della persona, la ricerca di Dio, come chiave di lettura di tutto ciò che sta accadendo, per un mondo che ti crolla addosso, improvvisamente, senza nessun preavviso o segno premonitore. In copertina, la foro del baffuto giudice sardo, cappelli corvini e baffi uguali, che con occhi scrutatori sembra anticipare il suo giudizio negativo sulle condizioni delle carceri, per il cui cambiamento in meglio è stato un grande combattente. (CARLO CASTELLINI).
 
CHI E’ MICHELA ARCAI?
La dott.ssa Michela Arcai è nata a Brescia il 20.12.1982. Si è laureata presso l'Università degli Studi di Brescia in scienze giuridiche nel 2005 con una tesi dal titolo "Il ruolo del giudice di sorveglianza prima della riforma del 1975" e in giurisprudenza nel 2007 con una tesi in criminologia penitenziaria dal titolo "L'indulto nel territorio bresciano".
Ha conseguito il master di II livello in psicologia e psicopatologia forense presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano con una tesi sulle vittime di reato.
Dal 2005 collabora come volontaria con l'Associazione Carcere e Territorio di Brescia, coordinando lo sportello di segretariato sociale e partecipando alla redazione di Zona508, al progetto carcere e scuola e al progetto So-stare.
Attualmente lavora come ricercatrice presso l'Università degli Studi di Parma, collaborando al progetto europeo EUROJUSTIS.
Pubblicazioni:
ü Carcere e sorveglianza a Brescia prima della riforma penitenziaria.
Con C.A.Romano, Città e Dintorni n.88, Coop. Luigi Bazoli Editore, Brescia, gennaio-aprile 2006, pagg. 66-76;
ü L’allegra galera di Canton Mombello.
Con G. Arcai, A. Arcai, Serra Tarantola Editore, Brescia, 2007;
ü Carceri, territorio, educazione, solidarietà.
Critica Minore, numeri 15 e 16, anno VII,Arnaldo Guarneri Editore, Brescia, giugno 2008, pagg.65-71;
ü La percezione sociale dell’indulto nelle città di Brescia e Firenze.
Con C.A. Romano, B. Gualco, R. Rensi, Rassegna italiana di Criminologia, anno II, n.1, Pensa Multimedia, 2008, pagg. 99-111.
 
TESTO DI CARLO CASTELLINI
Quattro chiacchiere con MICHELA, la nipote dell’autore, e complice IVANA FERRATA, dell’omonima libreria di Corso Martiri della Libertà, in pochi giorni mi faccio recapitare il libro, formato quaderno, che porta la firma del compianto giudice GIOVANNI ARCAI, giurista esemplare, che si è molto battuto per le riforme giudiziarie e per il rispetto del cittadino.
 Il figlio ANDREA, ora assessore, e la nipote MICHELA, ora Ricercatrice presso l’università di Parma e volontaria di ACT, hanno raccolto e con pazienza e ordinato i vari materiali, che sono confluiti in questo volumetto: notizie, articoli di giornali, verbali di riunioni, di sedute giudiziarie, che arricchite delle relazioni di figure giuridiche che affrontano e cercano di risolvere i problemi carcerari, offrono un quadro abbastanza credibile, della situazione passata e presente, delle carceri cittadine: della casa circondariale di CANTON MOMBELLO e della Casa di Reclusione di VERZIANO.
 Un quadro veritiero che a mo’ di anticipazione ma anche di sintesi, sono accennati nella PREMESSA, al libro, a firma di LAURA CASTELLETTI, Presidente del Consiglio Comunale di Brescia, (all’epoca) e PAOLA VILARDI, Presidente del Consiglio Provinciale di Brescia. Da una parte, esse, rendono testimonianza ad un eccellente uomo di stato, dall’altra ricordano il dovere della denuncia, il coraggio della non omissione, il diretto coinvolgimento della società e del carcerato.
 Nella Prefazione è lo stesso giudice GIOVANNI ARCAI che si presenta ed illustra i passi più significativi ma anche quelli più sofferti, della sua carriera di giudice, che si intrecciano con quelli più propriamente personali. Tra le altre vicende, una più di altre gli procurò qualche preoccupazione, quando fu emesso un mandato di cattura per il figlio ANDREA, inviato allora dai GIUDICI INQUIRENTI sulla STRAGE DI PIAZZA LOGGIA, del 28 MAGGIO 1974. (Chi scrive, si trovava allora come impiegato dimafonista stenografo preso il giornale BRESCIAOGGI, che non aveva ancora due mesi di vita ed aveva licenziato il primo numero detto appunto NUMERO ZERO, poco a ridosso dell’11 aprile 1974).
Il figlio ANDREA era finito allora in carcere, con accuse infamanti, formulate dagli Inquirenti da parte del dott. FRANCESCO TROVATO, pm; DOMENICO VINO, e FRANCESCO DELFINO, di Platì. C’è dell’ironia nello scritto di GIOVANNI ARCAI, ma anche del dente avvelenato, per il modo con cui detta carcerazione del figlio ANDREA, era stata strumentalizzata a scapito dell’onorabilità della figura paterna, ed emessa con eccessiva disinvoltura, secondo il nostro.
La sua rabbia però, aveva trovato sfogo in alcune lettere di cui l’autore, aveva conservato le minute, che egli aveva inviato ad autorità, quando egli era ancora giudice istruttore e nel contempo GIUDICE DI SORVEGLIANZA. Ma la sorpresa aumentava, una seconda volta, quando ad entrare in galera fu costretto quel COSIMO GIORDANO, giovane figlio di un muratore del Sud, che con altri nove fratelli, si era trasferito nel BRESCIANO, in cerca di pane per saziare tante bocche affamate.
 Secondo il nostro giudice GIOVANNI questa rapina della libertà, effettuata ai danni di questo ingenuo e mite muratore, scelto oculatamente come capro espiatorio, era stato sacrificato sull’altare di un ambizioso protagonismo e arroganza paludata di legalità, da parte dei tre inquirenti, sopra citati. “Questi dovrebbero conoscere prima che cosa è la galera, vivendovi da detenuti per almeno un mese”, ebbe a dire il nostro Autore.
 Per queste sue dichiarazioni, fatte circolare a voce e per iscritto , fu guardato con astio e diffidenza. “L’ingiusta condanna perseguita in questo modo, per vendicarsi di qualcuno o per mandare a dire qualcosa a qualcuno, può spingere taluni innocenti a imbracciare il mitra e diventare criminali”, questa era un’altra delle riflessioni che erano seguite, a commento di questi arresti.
 Per questo tipo di ingiustizia, esercitata da alcuni magistrati, il SUPRAMONTE, insegna. Poi il nostro GIOVANNI ARCAI, aveva esercitato per 12 anni, la funzione di GIUDICE DI SORVEGLIANZA, allora intesa come compito gravoso di Mediatore tra il Ministero di Grazia e Giustizia e la Direzione del Carcere, come garante cioè dell’osservazione delle norme in favore dei detenuti, secondo il discernimento e la discrezione del giudice, in caso di contenzioso od altro.
 Ma quando era ancora minorenne, il nostro giovane GIOVANNI ARCAI, era rimasto orfano di padre e di madre, ma aveva trovato in DOMENICO CORDELLA, un giudice tutelare, efficiente comprensivo ma anche saggio. Ci fu intesa. Il nostro giovane vinse il Concorso per entrare in Magistratura, e fu assegnato come Uditore Giudiziario per la pretura di Sassari, di cui il CORDELLA, era capo.
 Questi era stato ferito gravemente in un combattimento della BRIGATA SASSARI, nel quale era rimasto ferito in modo serio anche il padre di GIOVANNI ARCAI. “Come Giudice di Sorveglianza avevo assunto l’abitudine di redigere periodicamente una relazione sull’andamento del carcere di CANTON MOMBELLO di Brescia, dal nome allettante, testimonia il nostro, ma che mascherava condizioni disumane – e ne inviavo copia anche al Ministero di Grazie e Giustizia”.
 E qui, proprio il dott. GIROLAMO MINERVINI, figlio del Questore di Brescia, dott. COSIMO MINERVINI, che mi andava confidando come io fossi l’unico giudice di sorveglianza che “rompeva le palle”, ma nel contempo mi stimolava a proseguire; perché si stava formulando la nuova legge istitutiva del MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA, a tempo pieno, e le mie relazioni stimolavano a nuove idee.
 MINERVINI, come si sa, fu assassinato nel 1974 dalle BRIGATE ROSSE, prima che entrasse in vigore la legge. “Io stesso – testimonia ancora GIOVANNI ARCAI – travolto dagli avvenimenti del 1974, avevo dovuto abbandonare anche Brescia, per essere trasferito alla Corte di Assise di Appello di Milano. Presi allora contatto col Ministero cui chiesi di essere autorizzato a rendere pubbliche le mie relazioni, la cui edizione prima era stata ritenuta inopportuna”.
 Il tema delle Relazioni era tornato di grande attualità, a motivo delle disumane condizioni imperanti nelle carceri bresciane.
Per comprendere le quali sarà utile ricordare il significativo episodio, che aveva visto carcerati e guardie carcerarie di Canton Mombello, partecipare insieme come volontari e portare aiuto agli alluvionati fiorentini, a causa della tracimazione dell’ARNO DEL 1966.
 Questa partecipazione solidale era stata resa possibile per l’iniziativa concorde del dott. ALDO SICA, del prof. BRUNO BONI, sindaco di Brescia; a questi amici si aggiunga anche il nome di BRUNO MARINI, amico dei carcerati, che doveva diventare il naturale direttore del quotidiano BRESCIAOGGI. Morì alcune settimane prima che uscisse il nuovo quotidiano dei Bresciani.
 
 Questo libro in fondo è dedicato a tutte le carceri italiane, in particolare al SAN SEBASTIANO DI SASSARI, il cui progettista si era suicidato; al CARCERE DI SAN VITTORE DI MILANO, vero tritacarne di corpi ed anime, ed infine all’UCCIARDONE DI PALERMO, dove domina la legge della mafia più proterva.
 Infine vengono riportate alcune lettere che fanno capire quanto siano profondi gli abusi di frustrazione e di privazione della libertà. A scorgere i titoli dei capitoletti che scandiscono l’economia di questo libretto, non è necessario saper leggere tra le righe: perché le condizioni disumane delle carceri, vengono illustrate e denunciate in maniera chiara e inequivoca, talvolta anche ironica, “sine ira et studio”. (CARLO CASTELLINI).


Lunedì 17 Maggio,2010 Ore: 15:01