PRIMA DI TUTTO IL VANGELO
Riflessione di Noi Siamo Chiesa Emilia Romagna sulla situazione della Chiesa di Bologna
La Chiesa di Bologna continua a pagare dazio per ‘la primavera ecclesiale’ dell’episcopato di Giacomo Lercaro (1952-1968). Un vescovo fedele al Concilio – specie alla sua riforma liturgica - e sostenitore della Chiesa povera e dei poveri. Con il cardinale Lercaro i rapporti fra Palazzo d’Accursio e via Altabella sono stati all’insegna del dialogo e del rispetto senza alcuna malcelata richiesta, da parte del potere spirituale, di dettare l’agenda dell’autorità politica. Il sindaco Dozza arrivò, addirittura, a conferirgli la cittadinanza onoraria, mentre un grande collaboratore dell’arcivescovo, Giuseppe Dossetti, diede un contributo decisivo alla stesura del cosiddetto Libro bianco che costituì la base per la nascita dei Quartieri, una forma di partecipazione assolutamente innovativa per quei tempi. Eppure Lercaro non aveva iniziato il suo episcopato come uomo del confronto e cardinale illuminato. Le cronache del 1956 ricordano le campane a morto fatte suonare dall’arcivescovo come forma di protesta per la condanna subita in tribunale dal vescovo di Prato, Pietro Fiordelli, reo di aver definito ‘pubblici concubini’ due ragazzi, Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, che avevano scelto di convivere anziché sposarsi. Questo era il Lercaro dei primi anni a Bologna. Poi, arrivò la metanoia: non solo il cardinale fu un ottimo moderatore del Concilio, ma appoggiò anche i vescovi protagonisti del giuramento di povertà nelle catacombe romane (dom Helder Camara, in prima fila) ed ispirò la riforma liturgica della quale l’arcidiocesi di Bologna - prima nel mondo - aveva avviato la sperimentazione con la costruzione delle nuove chiese secondo i canoni della partecipazione alla liturgia da parte di tutto il popolo di Dio. A determinare questo suo cambiamento strutturale contribuì in maniera decisiva il profondo attaccamento di Lercaro – e Dossetti – alla Parola di Dio, tanto che, negli anni del suo episcopato, s’incoraggiò la nascita di molteplici gruppi laicali di lettura delle Sacre scritture. Era il 1 gennaio 1968, ‘Giornata mondiale della pace’, quando, durante l’omelia della messa in cattedrale, Lercaro auspica la pace nel Vietnam e condanna i bombardamenti americani. Proprio la pace era il tema-guida dell'avvicinamento tra l’arcidiocesi e il Partito comunista nel suo nuovo corso post-stalinista. Probabilmente, questo suo impegno per la fine della guerra in Vietnam fu una delle cause scatenanti le dimissioni a cui sarà costretto Lercaro poche settimane dopo: le sue parole avevano fatto infuriare i vescovi americani che protestarono con il papa Paolo VI. Tutto questo è storia, ma è importante ricordare gli avvenimenti della stagione conciliare felsinea per riflettere su come, in questi anni, nella Chiesa bolognese si sia smarrita la centralità della Parola di Dio e la cordiale attenzione alla vita della comunità civile. Infatti, a partire dal successore di Lercaro, Antonio Poma, iniziò la stagione della normalizzazione che ebbe nel cardinale Giacomo Biffi il suo più autentico propugnatore. Risaputa la propria vicinanza alla destra ecclesiale di Comunione e liberazione, di Biffi si ricorda la chiusura al dialogo con l’Islam – memorabile il suo invito a favorire solo l’immigrazione proveniente dai Paesi cristiani – e la sua bassa considerazione dell’autonomia dei laici, come emerge anche nel suo libro più recente, Pecore e pastori. Riflessioni sul gregge di Cristo (2008). Senza dimenticare che con lui per vescovi progressisti come Luigi Bettazzi, già ausiliare di Bologna dal 1963-1969, parlare in un oratorio o in un qualsiasi ambiente ecclesiale della città di Bologna è diventato impossibile. Al massimo don Luigi può intervenire in qualche dibattito in provincia, senza che ‘Bologna sette’ ne dia la dovuta rilevanza.
Ma arriviamo all’oggi. Con il cardinale Carlo Caffarra – al quale abbiamo chiesto a più riprese un’udienza, trovandoci sempre la porta sbarrata, pur se Noi Siamo Chiesa, nel 2007, è stata ricevuta, addirittura, dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco - la situazione non è migliorata. Tutt’altro, tanto che intendiamo evidenziare alcune ‘ferite’ nel corpo della nostra Chiesa con l’unico vero obiettivo di offrire il nostro contributo affinché la Chiesa di Bologna torni ad essere Chiesa dell’accoglienza e del dialogo. Senza paura della modernità.
6. L’allontanamento dall’eremo di Ronzano, per mano del capitolo provinciale dell’ordine, di padre Benito Fusco, religioso dei Servi di Maria al quale l’ausiliare Ernesto Vecchi – anche a lui abbiamo, inutilmente, chiesto un incontro in questi anni – non ha mai lesinato critiche. La vicenda ci riempie di amarezza, perché abbiamo potuto toccare con mano il radicale attaccamento al Vangelo del nostro fratello Benito, fulgido esempio di faro dell’accoglienza per gli ultimi e gli emarginati della terra. Siamo sicuri che in via Altabella, purtroppo, qualcuno si starà rallegrando per il suo trasferimento a Budrio, conseguenza – tutte le altre spiegazioni sono fumo negli occhi - della propria adesione, insieme ad altri presbiteri italiani, al documento della rivista ‘Micromega’ sulla libertà di coscienza in materia di fine vita. Per fortuna, siamo certi che padre Benito, nell’esilio di Budrio, non starà a pelare le patate. E meno male, soprattutto per il futuro della sequela di Cristo nell’arcidiocesi.
7. Preoccupa la situazione delle donne nella nostra comunità ecclesiale. Sia l'arcivescovo Biffi che il suo successore Caffarra sono contrari a che le donne servano all'altare. Quelle poche parrocchie che accettano le bambine dicono no, comunque, alle donne adulte. Purtroppo, poi, non mancano le comunità che ostacolano il servizio di lettura all'altare delle donne, mentre viene ostacolato l'accesso di Eva al ministero straordinario per l'Eucarestia. Infine, i percorsi per i ministeri istituiti dovrebbero coinvolgere la coppia, ma, in realtà, sono diretti ai soli mariti. E i relatori sono solo maschi.
8. Sarebbe un segno dei tempi, se nel clero bolognese si avviasse un sano confronto sull’omosessualità e sull’adesione radicale al Vangelo, anche alla luce delle ultime vicende occorse. Di questi temi chiediamo che se ne parli anche all’interno del consiglio pastorale diocesano e del consiglio presbiterale diocesano, due organismi che hanno la funzione di alimentare un dibattito interno alla Chiesa locale su questioni d’interesse per la comunità dei fedeli. Ovviamente, siamo consapevoli del fatto che, sotto le Due Torri, operano parroci e religiosi capaci di mettere a disposizione del prossimo il loro tempo. Uominie donne che sanno accogliere con amore tutti, senza emettere giudizi sulle persone. Venerd́ 30 Ottobre,2009 Ore: 15:50 |