APPELLO
Fermatevi, la guerra non è la soluzione. Esistono altre strade.

Il caos libico non accetta scorciatoie, semplificazioni e improvvisazione. Un intervento armato non può che aggravare la situazione.
Fermare la violenza in Libia, contrastare le milizie affiliate ad ISIS e tutti i gruppi armati è possibile senza più ripetere gli errori del passato, senza gettare ulteriore benzina sul fuoco.
La situazione è drammatica in tutta la regione del Medio Oriente e dell'Africa Sub Sahariana: occorre agire con urgenza per mettere in sicurezza vite umane, per fermare le azioni criminali e terroriste, per ricomporre e riconciliare le diverse comunità etniche e religiose dell'intera regione.
Poiché le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione.
Un intervento armato in Libia aprirebbe la strada ad una nuova guerra sanguinosa, farebbe crescere l’instabilità dell’area, non aiuterebbe le vittime ma darebbe l’alibi all’Isis di rilanciare la “guerra santa” contro i “nuovi crociati”.
Noi riteniamo che sia necessario dispiegare una molteplicità di azioni, tra le quali:
1) Sostenere la ricostruzione dell'assetto statuale libico, con tutte le forze della diplomazia e della politica, a partire da una iniziativa per un accordo tra le parti. Solo un'azione internazionale sotto egida Onu, fedele ai propri principi ispiratori, costruita con il pieno coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità locali e della società civile, potrà raggiungere un accordo che freni gli scontri tra gruppi armati.
2) La comunità internazionale, sotto guida ONU e con l'impegno e la cooperazione della Lega araba e dell'Organizzazione degli stati africani, deve farsi garante e protettrice di un futuro accordo di pace, anche al fine di mettere alle strette Qatar, Arabia Saudita ed altri paesi della regione che – in maniera ipocrita – sono responsabili nel sostegno e nella propagazione delle guerre in corso.
3) Bloccare le fonti di finanziamento del terrorismo, la vendita di armi e di petrolio, le complicità con i diversi gruppi di miliziani armati che imperversano nella regione. Un modo per non diventare complici in un conflitto che ci vede già molto responsabili.
4) L'Unione Europea e i suoi stati membri devono fare la propria parte per garantire assistenza umanitaria a profughi e migranti e cooperando con i paesi della regione che se ne stanno facendo carico.
5) Chiediamo al Governo Italiano di cancellare il programma di acquisto degli F-35, aerei caccia bombardieri destinati all’attacco e non alla difesa. Oggi più che mai abbiamo bisogno di pace e non di guerra, di servizi sociali e non di armi, di sicurezza sociale e non di missioni militari.
6) Ricordando che il Comune di Faenza fa parte del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e dei Mayors for Peace, chiediamo al Consiglio Comunale di Faenza di discutere della situazione in Libia e di esprimere una propria decisione in merito che riporti al centro una via pacifica e diplomatica alla crisi.
Abbiamo bisogno di una politica ed un impegno internazionale che dichiarino finita la stagione degli errori armati e degli interessi di parte riportando al centro l'interesse generale della comunità globale per la Pace, la libertà e per l'accesso ai diritti universali per tutte e per tutti.
Faenza, 20-02-2015
Per adesioni:
renzobertaccini@racine.ra.it



Domenica 22 Febbraio,2015 Ore: 12:26