Otto domande, otto risposte l’otto ogni mese
Il riscaldamento globale non è una fiction

Antropocene non è un film


di Michele Zarrella *

Molti pensano che le cose andranno come nei film dove il regista sceglie la fine del film? 

I film come “The after day, tomorrow”, “Waterworld” o altri terminano come decide il regista. Il clima che stiamo vivendo non è un film. Il clima non scenderà a compromessi e non guarderà in faccia a nessuno. La sparizione del genere umano, per la Terra, sarà più o meno come la sparizione dei dinosauri o come quella di tante, tantissime altre specie che nel corso della sua miliardaria vita la Terra ha visto sparire. Per la Terra sarà un “gluck”, come una deglutizione umana: un po’ di saliva che va giù. Niente più.

La gente quando sente parlare di cambiamenti climatici relega il problema a qualcosa che attiene al campo della fantascienza o della fiction?

Se parliamo delle nazioni ricche, sì. Pensiamo che le cose andranno come nei film o nelle fiction. Ma per gli atolli del Pacifico, per i contadini del Perù, per le popolazioni artiche Inuit, Sami (come già abbiamo scritto in http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/ambiente/riflessioni_1486537840.htm ), che hanno il loro mondo già stravolto e a rischio estinzione, la situazione è reale e non è una fiction. Il cambiamento è presente ed è dram-ma-ti-co. Il futuro è scuro. Il tasso di suicidi tra gli Inuit del Labrador è aumentato del 20%, secondo uno studio pubblicato nel 2016 dall’American Journal of public health.

Invece un contadino delle Ande, Saul Luciano Lluiya, ha reagito denunciando, la compagnia elettrica tedesca per le emissioni di gas serra che contribuisce allo stravolgimento del suo piccolo mondo.

Il Tribunale di Hamm, in Germania, ha preso in carico la sua denuncia. Se la magistratura darà ragione al contadino, condannando l’azienda elettrica al pagamento dei danni, la sentenza farà storia e si avranno cambiamenti molto importanti. Quando si tocca il portafogli delle imprese, e delle persone in generale, esse pongono maggior attenzione al problema. Quando la condanna tocca subito il portafogli, e non fra decine di anni, molte cose cambiano.

Ma allora dovremmo tassare subito chi inquina.

È proprio così. Infatti la Cina, il Paese che immette la maggior quantità di gas serra, sta pensando a una carbon tax. Chi inquina paghi. E quei soldi si investano in tecnologie che abbattono l’inquinamento.

E ci sono tali tecnologie.

Alcune già ci sono: utilizzo di fonti rinnovabili; piantumazioni di boschi; motori e abitazioni meno energivori; mobilità urbana razionale, abbattimento degli sprechi, ecc. E poi ci sono tanti progetti interessanti, come quello di un’azienda svizzera che ha messo a punto un impianto composto da ventole in grado di aspirare l’aria circostante convogliarla in dei tubi e rimuovere chimicamente l’anidride carbonica che poi deve essere utilizzata da una serra ove le piante la assorbiranno emettendo ossigeno; o come quello di immettere nell’atmosfera delle particelle che riflettono i raggi solari respingendo di nuovo nello spazio solo la parte infrarossa e riducendo così il riscaldamento globale.

Stiamo giocando la partita finale?

Ci stiamo giocando il futuro. E i nostri nipoti non ce lo potranno perdonare. Saranno soprattutto loro a subirne le conseguenze dei forti cambiamenti climatici che già sono in atto. Nel film Ultimatum alla Terra il protagonista dice: "Se la Terra muore tu muori. Se tu muori la Terra sopravvive". 

Possiamo dire che ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno?

In 850.000 anni la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è sempre oscillata fra 160 e 300 parti per milione di volume (ppm). Dal 1930 abbiamo superato le 300 ppm e da qualche anno abbiamo superato le 400 ppm. In meno di un secolo abbiamo modificato eccessivamente l'equilibrio dinamico dell'atmosfera che ha consentito l'affermazione della nostra specie. Un aumento che accelera sempre più. Nel 2017 abbiamo stabilito un nuovo record di concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Continuando così, presto sarà troppo tardi. L’allarme è stato lanciato dagli scienziati da quasi mezzo secolo e da oltre un trentennio gli appelli si moltiplicano. Un paio di anni fa alcuni scienziati dell’università di Oxford studiando i possibili maggiori pericoli che potrebbero minacciare l’estinzione del genere umano al primo posto collocarono il cambiamento climatico. La realtà sta dando loro ragione. E questa non è fiction.

Siamo alla frutta?

C’è pure il dolce, e forse il caffè. Forse. Ma se continuiamo così saranno un dolce e un caffè amarissimi. Terribili. La Terra continuerà ancora a girare per altri due miliardi e mezzo di anni, ma con molta probabilità senza di noi. La furia e le manifestazioni climatiche ci facciano uscire dal tunnel della fiction e ci facciano riflettere. Homo sapiens sapiens benvenuto nell’Antropocene.  

Gesualdo, 8 gennaio 2018

 

Michele Zarrella

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