Otto domande, otto risposte l’otto ogni mese
A UN ANNO DALL’ENCICLICA LAUDATO SI’

Nella solidarietà non dimentichiamoci la razionalità.


di Michele Zarrella

Un anno fa, a giugno,  Papa Francesco pubblicava l’enciclica LAUDATO SI’. In che modo ha inciso sul mondo?

Definire gli effetti dell’enciclica è prematuro. Ma tante cose sono state fatte. Molte persone applicano gli insegnamenti del papa tutti i giorni grazie all’accresciuta sensibilità da parte delle comunità, della chiesa e dei politici. Sicuramente ha inciso sul valore degli accordi che sono stati presi a Parigi del dicembre scorso.

 

Nell’enciclica il papa definisce il clima un bene comune, di tutti e per tutti.

In effetti tutta la biosfera è un bene comune che dobbiamo rispettare. Rispettare la biosfera significa custodire la vita su questo pianeta. E per farlo non dobbiamo superare le sue capacità generatrici; né continuare con l’estrazione delle fonti fossili.

 

È il nostro sistema economico che va messo in discussione?

Il messaggio del papa – e non solo del papa – è questo: dobbiamo smetterla con la cultura del consumismo smisurato e dello spreco. Esso propone nuovi stili di vita sobri e razionali, basati sulla solidarietà e sull’altruismo, ricondando che il pianeta è limitato.

 

Da dove cominciare?

Ognuno di noi contribuisce all’inquinamento, pertanto ognuno di noi è debitore verso le future generazioni di lasciare loro un mondo migliore. Cominciamo modificando i nostri comportamenti, facendo le cose migliori che possiamo fare e destinando una percentuale del nostro reddito alle organizzazioni umanitarie.

Ma non sempre le donazioni vanno a buon fine né sono usate in maniera razionale.

Su questo purtroppo sentiamo molte notizie di poca affidabilità e poca razionalità di tante organizzazioni. Per controbattere questa tendenza bisogna diventare donatori efficaci controllando che la nostra donazione sia produttrice di buoni frutti.

 

Diventare donatori efficaci significa donare di più?

Non sempre a una maggiore donazione corrisponde una maggiore fecondità o obiettivi migliori. L’altro giorno ho accompagnato dei parenti a San Giovanni Rotondo ed ho ascoltato la messa con loro. Il prete, durante l’omelia, ha chiesto donazioni maggiori di quelle che i fedeli sono soliti fare perché quel giorno le offerte sarebbero state devolute per le missioni in Africa. Credo che tutti abbiano dato qualcosa in più. Ma questo non significa essere diventati donatori efficaci, soprattutto guardando come sono state usate le donazioni nella cripta di san Pio con il soffitto e i mosaici fatti con foglie d’oro. Utilizzare le donazioni fatte dopo la morte di san Pio in questo modo credo che siano poco efficaci ai fini della solidarietà e dell’altruismo. C’è una differenza enorme fra le opere realizzate da fra Pio con le donazioni e quelle realizzate dai frati oggi. Basta pensare, fra le tante, all’immenso ospedale. Quando poi abbiamo visitato la cella del frate santo ho toccato con mano la differenza fra solidarietà "efficace e non" pensando al modo lussuoso di vivere oggi di alcuni cardinali, vescovi, preti, frati o suore rispetto alla vita di fra Pio o di san Francesco anche tenendo conto delle diverse situazioni temporali e sociali. 

Alto prelato austriaco con anello e croce tempestati di pietre preziose

 tratto da Internet http://www.soligostore.it/ritratto-di-alto-prelato-austriaco.html 

La domanda che mi pongo è: "Una fede così produce buoni frutti. E' feconda o è sterile?".                                     

Come si possono distinguere le organizzazione più efficaci?

Quelle più trasparenti. Quelle che pubblicano i dati dai quali possiamo capire il loro modo di spendere i soldi che ricevono. Così posso decidere se fare donazioni a chi spende l’80% per il sostenimento della propria struttura e il 20% in opere sociali o a chi spende il 7% per il mantenimento della propria struttura e il 93% per le opere di solidarietà.

 

Ma da soli non si cambia il mondo.

L’umanità è fatta da tante persone. Certamente il comportamento di una persona è piccolissimo e non modifica il mondo. Ma la nostra sopravvivenza su questo pianeta dipenderà dalla capacità di collaborare tutti insieme. Per questo è necessario che l'Homo sapiens accetti le due sfide epiche di questo secolo: smettere di aumentare l’inquinamento della biosfera e combattere la povertà. La posta in gioco è troppo alta e il tempo troppo breve per non agire con determinazione. Ognuno faccia subito il necessario e poi tutto il meglio che può. In questo modo ci ritroveremo di aver fatto qualcosa di meraviglioso che credevamo impossibile: la continuazione della nostra specie.

 

Gesualdo 8 luglio 2016

Michele Zarrella

Per contatti zarmic@gmail.com

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