Otto domande, otto risposte l'otto del mese.
Alluvioni e siccità

di Michele Zarrella

Luglio 2012: alluvioni e siccità. Quale lezione?
Le manifestazioni estreme del clima continuano ad accadere con maggiore frequenza. Alluvioni in Russia e siccità nell’est dell’America. Centinaia di morti “ufficiali”. Il Corriere della sera descrive: un'alluvione che in alcuni punti ha sfiorato i sette metri, venti fortissimi, onde paurose, frane, smottamenti e case sommerse d'improvviso in piena notte. I danni che si estendono alle tutte specie viventi, alle coltivazioni agricole, alla produzione ai trasporti. Le tempeste producono danni gravissimi e per un tempo lungo.
Ma a cos’è dovuto l’estremizzazione dei fenomeni climatici?
Principalmente all’emissione di gas serra da parte antropica che sta cambiando l’equilibrio della concentrazione dell’atmosfera. Fino a quando la concentrazione di CO2 è rimasta al di sotto delle 300 parti per milione (ppm) di volume il clima si è mantenuto stabile per 425.000 anni. Dal 1930 in poi la crescita della concentrazione dei gas serra è aumentata sempre e laconcentrazione di CO2 ha raggiunto le 392 ppm e continua a salire esponenzialmente. Una situazione che diventa sempre più pericolosa.
Quindi questi fenomeni estremi del clima sono il campanello d'allarme?
James Hansen nel suo libro TEMPESTE descrive da scienziato i segnali a cui dobbiamo dare retta per non oltrepassare il punto di non ritorno. Analizzando la variazione della concentrazione di CO2 e la corrispondente variazione della temperatura dell’atmosfera fino a 425.000 anni fa ha consigliato di ridurre drasticamente le attività che producono gas serra. In particolare lo sfruttamento delle fonti fossili e in primis il carbone.
Allora la lezione è quella di imparare dal passato?
Certamente. Analizzare il passato ci dà la certezza dei dati e non delle semplici teorie. Una famosa frase dice: L’uomo che dimentica la propria storia è condannato a riviverla. Il grosso problema è che per i cambiamenti climatici si rischia di raggiungere un punto di non ritorno e di non rivivere nient'altro. A riguardo segnalo un mio vecchio articolo sulla civiltà di Rapa Nui che si autodistrusse e raggiunse il punto di non ritorno quanto abbatté l'ultimo albero:  http://www.ildialogo.org/ambiente/riflessioni_1354921438.htm
Faccia un esempio semplice.
Beh l’esempio più semplice che mi viene in mente è quello della caffettiera moka. Quando accendiamo la fiamma aumenta la temperatura e l’acqua, spinta dalla pressione che si crea nella vasca inferiore, sale in quella superiore. Quando spegniamo il gas vediamo che gli ultimi spruzzi di acqua-caffè e il vapore acqueo escono dalla caffettiera ancora per decine di secondi. Per il riscaldamento globale si avrà una situazione analoga: anche se riducessimo all'istante tutte le emissioni di gas serra, l'effetto continuerebbe per decine di anni ancora, così come continua a "spruzzare" la caffettiera, con l’aggravante che noi non potremo "spegnere all'istante" l'emissionie di gas serra e quindi il fenomeno non si arresterà dopo poco tempo ma occorreranno secoli.
Ma le variazioni climatiche sono sempre avvenute?
Si, ma per millenni non sono mai stati superati le 300 ppm. Le variazioni climatiche si misurano in tempi che superano di gran lunga l’esperienza umana. Dai dati e dagli studi dei cambiamenti climatici precedenti si evince che la temperatura del pianeta è collegata alla concentrazione di CO2. La possibilità di analizzare dati sempre maggiori e più precisi, le aumentate capacità del cervello umano, la potenza dei moderni computer ci danno degli scenari e delle prospettive abbastanza precise del futuro climatico di cui doobiamo tener conto.
E quanto è la concentrazione sopportabile?
Un aumento della concentrazione superiore a 450 ppm, secondo James Hansen potrebbe portarci ad un punto di non ritorno. Come successe per la società di Rapa Nui quando decisero di abbattere l'ultimo albero.(  http://www.ildialogo.org/ambiente/riflessioni_1354921438.htm )
Al di sotto di questo limite non ci saranno danni?
Attenzione. Questo non vuol dire che non ci saranno danni. Quel limite è un compromesso che stabilisce un rischio ritenuto accettabile per un'attività necessaria. Per esempio un certo numero di alluvioni, alcune zone di siccità, una quantità di morti e di danni.
Ma quando potremo essere sicuri?
Bella domanda. Rispondo prima di tutto che l’uomo dovrebbe improntare tutti i processi al minimo dispendio di energia. Invece l’uomo spreca l’energia in maniera irragionevole. Poi dovremmo invertire la tendenza dell'inquinamento e riportare la concentrazione della CO2 intorno alle 350 ppm per continuare ad avere il clima che ha permesso lo sviluppo della civiltà umana da circa 7.000 anni ad oggi. Infine ci potremo ritenere sicuri quando useremo attività antropiche che producono dei miglioramenti alla vita umana senza danneggiare altre forme di vita e quindi nel rispetto della biosfera, che è la casa (l’unica) in cui abitiamo.
Gesualdo 8 luglio 2012
Michele Zarrella
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Domenica 08 Luglio,2012 Ore: 07:00