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Cambiamenti climatici: problematiche e misure.

di Michele Zarrella

C’è chi dice che il clima ha sempre avuto alti e bassi e pertanto la teoria dei cambiamenti climatici è tutta da dimostrare.
Una teoria va pensata, enunciata e poi verificata con esperimenti, prove e dati. Teoria è quella della relatività di Einstein o quella di Darwin sull’origine delle specie, che oggi stiamo verificando entrambe. Nel caso dei cambiamenti climatici succede l’opposto: con i dati scientifici della paleoclimatologia si attesta inconfutabilmente l’accelerazione del cambiamento climatico e la correlazione fra la concentrazione della COe della temperatura dell’atmosfera. Quindi per i cambiamenti climatici non c’è nulla da teorizzare, ma solo da prendere atto. Però, si sa: non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e, aggiungo, di chi non vuol cambiare.
Cos’è la paleoclimatologia?
La scienza che raccoglie i dati della composizione dell’atmosfera e dei climi antichi fino ad ieri. Grazie al progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), a cui partecipa anche l’Italia,  oggi siamo in possesso di dati climatici e della composizione dell’atmosfera fino a 650.000 anni fa.
Cosa dicono questi dati?
Che la temperatura dell’atmosfera e la concentrazione dell’anidride carbonica (CO2) sono correlati. Leggendo i dati risulta la sequenza della variazione della concentrazione di CO2 e la conferma dei cicli delle ere glaciali teorizzate negli anni Venti dall’ingegnere  Milutin Milankovitch. Alle ere glaciali corrispondono livelli minimi di concentrazione di CO2 con circa 180 parti per milione di volume (ppm). Mentre nelle epoche con temperature più alte la concentrazione di COè di circa 300 ppm. Da ciò si deduce che se la concentrazione di CO2 aumenta, la temperatura dell’atmosfera è destinata a crescere.
E oggi quanto è la concentrazione di CO2 nell’atmosfera?
Fino all’era industriale la concentrazione di CO2 nell’atmosfera non ha mai superato le 300 ppm. Negli ultimi due secoli in essa è sempre cresciuta ed ha sforato, per la prima volta in 650.000 anni, quel valore di 300 ppm. Ma la cosa gravissima è che  negli ultimi cinquanta anni ha avuta una forte accelerazione: avevamo 313 ppm nel 1958; 383 ppm nell’ottobre 2008 e 387 ppm nell’ottobre 2010 [fonte http://co2now.org/] e continua con questo trend. Nell’ultima metà del secolo scorso le due curve, praticamente, si sovrappongono.
 
Andamento dei valori di temperatura globale (in rosso) e della CO2 presente nell'atmosfera (in blu) negli ultimi 1000 anni. [da Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Riscaldamento_globale ].
Questo cosa vuol dire?
Questi dati, ancora una volta, provano la correlazione fra la crescita di concentrazione della COe la crescita della temperatura dell’atmosfera. Inoltre attestano che per oltre 649.800 anni, tale concentrazione si è sempre mantenuta dentro l’intervallo 180 – 300 ppm, e che dall’era industriale in poi è sempre cresciuta a causa delle attività umane il cui modello di società ha puntato “pesantemente” sulle fonti fossili che immettono enormi quantità di COnell’atmosfera. E la popolazione mondiale dal 1960 al 2000, in soli quaranta anni, è raddoppiata passando da 3 miliardi a 6 miliardi di persone.
Allora è la concentrazione di CO2 la causa dell’effetto serra?
Ne è la principale causa. Di agenti inquinanti ne sono state determinate sei famiglie e la loro influenza relativa all’aumento della temperatura dell’atmosfera è la seguente: anidride carbonica (43,1%), metano (26,7%), nerofumo (11,9%) idrocarburi alogenati (7,8%), monossido di carbonio e compositi organici volatili (6,7%) [dati tratti dal libro: LA SCELTA di Al Gore]. L’effetto serra è un effetto benefico che ha consentito la nostra forma di vita su questo pianeta. Esso per oltre il 60% è dovuto al vapore acqueo. In un gas la concentrazione del vapore acqueo è direttamente proporzionale alla temperatura del gas. Quando aumenta la concentrazione dei gas serra aumenta la temperatura dell’atmosfera e aumenta la concentrazione di vapore acqueo che, alla fine, fa aumentare il fenomeno dell’effetto serra e del riscaldamento globale in un processo a spirale che noi uomini alimentiamo.
Ma questa spirale dove ci porterà?
Difficile dirlo con precisione. Bisogna tener conto che le immissioni di gas serra nell’atmosfera sono dovute in gran parte alle attività umane, ma anche a quelle dei vulcani, alle attività degli oceani che variano con la temperatura degli stessi, alle foreste, ecc. . Tutto ciò complica enormemente il comportamento del sistema che, non è lineare, e dipende da più variabili e quasi tutte con retroazione negativa, cioè a spirale. Alcuni degli agenti inquinanti durano poche settimane, altri, come la CO2, un secolo. Con queste premesse si parte per formulare ipotesi, fare calcoli ed elaborare scenari futuri sui quali è giusto ragionare e prendere coscienza. La situazione è complessa e la soluzione anche. L'unica certezza sono i dati della paleoclimatologia: se aumenta la concentrazione di CO2  la temperatura dell’atmosfera sale. All’inizio dell’800, François Marie Charles Fourier già parlò del meccanismo dei gas ad effetto serra. Alla fine del XIX secolo, il premio Nobel per la chimica Svante Arrhenius studiò l’influenza della CO2  sul clima e affermò che se la concentrazione della CO2 fosse raddoppiata la temperatura del pianeta sarebbe aumentata mediamente di circa 5 gradi. La concentrazione della CO2 è passata da circa 296 ppm a 387 ppm e la temperatura del pianeta è aumentata mediamente di quasi un grado in linea con i calcoli del premio Nobel. Arrhenius aveva anche calcolato che occorrevano 3.000 anni per il raddoppio della CO2. Invece in poco più di un secolo si è avuto un aumento di 91ppm pari al 31%. Un errore facile a capirsi perché lo scienziato basava i suoi calcoli in base alla popolazione e ai livelli energetici del modello di vita di fine 800. Un errore giustificabile che però ci deve far riflettere sulla velocità di crescita della concentrazione della CO2 nell'atmosfera e sull'attuale modello di sviluppo che risulta non sostenibile.
Dopo questo breve excursus storico, cosa possiamo concludere?
L’homo sapiens è comparso in Africa circa 200.000 anni fa ed è sempre sopravvissuto alle ere glaciali. Ma non sappiamo se sopravviverà ad un’era con temperature alte. Non solo per l’adattabilità della vita umana, ma perché l’aumento della temperatura del pianeta inciderà sulla produzione alimentare provocandone un tracollo a causa di siccità in alcune zone e alluvioni in altre, inciderà sulla variazione della chimica dei suoli e dell’acidità dei mari, sulla possibilità di grandi incendi, di cicloni sempre più violenti e di fenomeni climatici estremi; inciderà sullo scioglimento dei ghiacciai terrestri e dei ghiacci polari, con diminuzione delle riserve di acqua, innalzamento del livello dei mari e conseguente forte pressione demografica. Siamo quasi 7 miliardi di persone con esigenze energetiche enormi rispetto a quelle delle ere glaciali. La cosa positiva è che mentre l’uomo preindustriale non aveva coscienza della situazione, noi col progetto EPICA e con i dati scientifici della paleoclimatologia ne abbiamo preso coscienza. Questo è il primo passo, ma anche il più importante, affinché ognuno di noi faccia scelte di vita che conducano alla drastica diminuzione di emissioni di CO2.  Solo così, con comportamenti coscienti, insieme, ce la faremo. Come già abbiamo fatto per il buco dell’ozono.
Gesualdo, 08 dicembre 2010
Michele Zarrella
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