Abruzzo - Lettere
Poesie e riflessioni su l'Aquila
di Cristina Spennati
Sono finita per caso sul vostro giornale , non ne conoscevo l'esistenza, ho letto belle cose, ho visto che alle volte le parole mandano messaggi importanti, ed ho deciso di affidarvi il mio messaggio. Non so se mi prenderete in considerazione, ma io in fondo, non ho nulla da perdere, ci voglio provare. Mi chiamo Cristina Spennati e sono aquilana, da troppo tempo vedo intorno a me tanta indifferenza, vedo che la vita riprende per alcuni, e vedo che per me invece non si riesce a sbloccare quel senso di angosciante agonia che mi prende, ogni volta che torno nella mia città. Io non posso fare a meno di andare a passeggiare tra quei vicoli, su quei san pietrini, tra quei palazzi che mi hanno vista crescere, che mi hanno fatta innamorare della pace, della vita semplice, del caos nelle ore di punta, che si respirava in centro prima del 6 aprile. Ora cammino e respiro un caotico silenzio intorno a me, vedo ferite aperte, vedo gente che armata di macchinette fotografiche, vengono qui per avere un ricordo della gita, nella città distrutta, e mi viene da piangere, e vorrei gridare, urlare al mondo il mio dolore, vorrei che questo senso di impotenza mi abbandonasse almeno un attimo, e che potessi anche solo per poco rivedere il futuro come lo immaginavo prima. Mi piacerebbe che i turisti sentissero il dolore che ho dentro, così da trasmetterlo a chi fuori dal territorio abruzzese, non sa e non ha idea del male che ci affligge, del senso di vuoto che (almeno per me è così) abbiamo dentro. Qualche giorno fa, ero alla processione a Collemaggio, e una vecchia signora turista, mentre noi pregavamo ci è passata davanti dicendo un po' stizzita: "e ringraziate Berlusconi piuttosto che vi ha fatto le case", ecco in quel momento io ho capito che la gente vede solo ciò che vuol vedere, devo dire che ho fatto una grande fatica per non piangere, ho pensato che questo incubo non ha fine. Vorrei che la gente come quella, la situazione che viviamo, potesse vederla con gli occhi del cuore, ma evidentemente è più facile criticare piuttosto che cercare di capire l'altrui sofferenza..... per fortuna di gente così non ne gira molta e i tanti che sono venuti ed hanno visto in che condizioni giace questo piccolo angolo di mondo, sono rimasti stupiti e attoniti nel riscontrare che ciò che i tg hanno riportato non sono che la minima parte del dramma che qui si sta vivendo , ciò che è arrivato dai TG sono le lamentele per i tempi lunghi, le lamentele per le case piccole, le lamentele per questo e quello, insomma le sciocchezze praticamente, ciò che non è chiaro al resto del mio popolo, è che qui la vita per alcuni, si è fermata al 6 aprile, e che, se anche si è tornati a vivere, si sopravvive, perché il male è radicato dentro e difficilmente andrà via, sino a che ci sarà la consapevolezza della incertezza per il futuro, per i nostri figli, per la nostra città, per il lavoro e per tutto il resto. Non so se sono stata chiara nell'esprimere ciò che sento, però credo che le mie poesie forse arriveranno a far capire il mio senso di angoscia, ve ne mando alcune significative, sperando che raggiungano lo scopo. Sto facendo la mia battaglia di sensibilizzazione, con il solo scopo di smuovere le acque che ormai sembrano stagnare, non so se mai ci riuscirò, ma almeno ci avrò provato. Per chiudere vorrei chiedere ai vostri lettori, visto che è tempo di vacanze, fate una capatina a l'Aquila se potete e fatevi portavoce del dolore che scaturisce dalle ferite di questi palazzi dimenticati. Grazie infinite per l'opportunità. Cristina Spennati L'Aquila mia E tornano alla mente le mie giornate andate i miei passeggi in centro quando ero una bambina. Le grandi colonne dei portici, la piazza con il duomo, la grande basilica, dove io ho voluto dire il mio si, ed ogni altro stralcio della mia vita vissuta, in quella città magica da me tanto amata. La vita era qui un sogno vi era una gran pace tutt'intorno che quasi surreale accompagnava le mie giornate di ragazza. Ora sarebbe bello immaginare questa pace di poterla riavere. Dopo questo sisma maledetto il mio cuore ora spera, di riaverla al più presto la mia città, cosi come era. Di andare di nuovo in centro a passeggio, solo per il piacere di respirare affondo la mia città, la vita, la pace, la gioia, la tranquillità, che scaturisce da questi vecchi palazzi e monumenti, dalle fontane, scroscianti di acque fresche in tutti i momenti, anche nel più afoso dei giorni l'acqua qui vi scorre ghiaccia, che quando va fra i denti quasi li spacca. E i parchi, e il verde che qui regna sovrano, e poi il Castello, così tanto bello, e ancora e ancor di più, c'è Collemaggio e le Cannelle, c'è S. Giusta e l'Animesante , c'è S.Biagio e Santa Maria Paganica, e poi S.Pietro e Santa Maria Di Farfa, e c'è ancora ancor di più, ci son le porte, Porta Napoli, Porta Leone, Porta Castello e Porta Bazzano, e poi c'è lei la mia bella e grande Fontana Luminosa e lei, che accoglie chi la mia città vuol visitare, con grande dolcezza, tutti lascia passare, e si diverte, quando i bambini giocano con le sue biglie , quando vede nei loro occhi, grande meraviglie, e si rattrista, quando poi li vede andare via, con gli occhi rossi di pianto ininterrotto, perchè le grandi biglie, non le possono portare via. Mai dimenticherò le vasche in centro, quando con le mie amiche, andavo a divertirmi, quando la mattina a piedi andavo a scuola, quando me la godevo la mia città, a ogni ora, al mattino, pomeriggio o anche di sera, quando andavamo a prendere il gelato, io coi bambini e con mio marito. Mio Dio, ti prego, fa che ritorni come era, non ci ridare una città straniera. Una città che non sia quella, che ha accompagnato, ogni momento mio vissuto. Io prego Dio e chi governa, di rendermi, L'Aquila mia così come era, perché è per lei, che il cuore mio ora soffre, pulsa e batte forte, al sol pensiero, che per L'Aquila mia, ci sia la morte, o l'indifferenza, di chi per lei è straniero. Aprile 2009 Indifferenza Altezzosi palazzi feriti, dai loro animi un grido s’infrange è una struggente richiesta di aiuto quella che ogni volta che percorro il corso semi vuoto, io odo. La mia anima Soffre, nel vedere i pianti disperati di muri di cemento di palazzi antichi di pietre centenarie infranti. La loro voce, risuona nell’eco dell’indifferenza e tutto intorno tace, ma io ho sentito, io ho notato, e con loro ho pianto stasera. Non muore la speranza di vederli di nuovo sorridere di vedere di nuovo in loro la vita ma ora tutto intorno è morte, e stringe intorno al collo, sempre più forte e soffoca quei pochi brandelli di vita che ancora restano e questo filo d’indifferenza ora più di prima uccide. Alla mia città 12-02-2011 Collemaggio Immagini cupe Di ferro e cemento Di troppi brutti ricordi Immagini a volte sfocate Si affacciano ora hai miei occhi Ma mai così nitide sono state Immagine di Collemaggio Facciata apparentemente intatta Ma poi all’ingresso si mostra La sua dolente ferita Ogni angolo parla di lutto Ogni ferro che in lei è stato messo Ha mostrato hai miei occhi il dolore Per la troppa sofferta ferita Per un angolo della mia città Che vorrebbe tornare alla vita. E non passa il momento del pianto Ora arriva il momento del grido E tu senti una morsa nel cuore E non vuoi più che possa tornare Quell’angoscia in te vive di nuovo E ti grida che è inutile adesso E la rabbia così tanto repressa Torna a dire che vuole vedere Li la vita di nuovo gioire Terremoto hai distrutto la vita Hai mostrato a noi che siamo nulla Hai inferto con grande crudeltà Nel mio cuore una grande ferita Ora lascia che torniamo a cantare Ora toglici i tuoi artigli di dosso Fa in modo che qui torni la gioia E tu vai e non fare il gradasso Vai e cedi di nuovo alla vita Fa che infine vinca sulla morte E restituisca ad ognuno di noi La tranquillità e la bellezza Della nostra stupenda città Vai via ora e non tornare indietro Che di male ne hai fatto già troppo Vai via e ri dacci una vita Perché qui, per noi, non è finita. Febbraio 2011 Un mucchio di macerie Eccomi, sono qui ora, apri gli occhi, vedi sono tornata ancora una volta. Guardami. Li vedi i miei occhi velati di pianto? sono per te le mie lacrime lo sai, io ti amo più del mondo intero tu sei la mia città, da una vita, e questa è una realtà. Ho passato i miei anni migliori qui, con te che osservavi attenta, ora, sono io che vengo per osservare, ogni tua ferita, ogni piccola crepa. Hai tanto male, lo so, vorrei fare qualche cosa di più, ma non so cosa fare, posso solo venirti a trovare e versare le mie lacrime per te, che sei per me così importante, ma non posso fare proprio niente è questo ora il mio presente e mi sento impotente. Ieri sera, eri quasi deserta, io, morivo di freddo, ma sono venuta lo stesso, ti ho vista triste, ti ho gridato ti amo, l’Aquila mia, non piangere, prima o poi torneremo. Non darla vinta a questi disgraziati, che se ne fregano dei terremotati, loro non sanno quanto noi ti amiamo, per loro, sei solo un mucchio di macerie per noi, sei il sangue, che più non scorre nelle vene. Ti voglio bene, non lo dimenticare non vedo l’ora di poter di nuovo passeggiare sulle tue piazze che mi hanno fatta innamorare, e finalmente ridere e gioire, vedendo la mia città, e non un mucchio di macerie. Alla mia città 15-02-2011 32 secondi maledetti Il cancello aperto a chi visita i defunti sprona a entrare in questo mondo sacro le tombe sono piene di colori adornate con tanti bei fiori. Il luogo di culto, il luogo dei pensieri, il luogo dei ricordi e del pianto, oggi, come ieri, e come sempre ormai dal 6 Aprile. Dal giorno che le anime dei tanti hanno lasciato spazio ai nostri pianti dal giorno che forse incompetenza e indifferenza sono stato il mix della demenza che ha stroncato la vita a tanta gente che chiusa in trappola non ha potuto fare niente. Hanno perito sotto le macerie giovani, vecchi ed anche bambini e se anche ora riposano, tra gli angeli nel cielo qui in terra, c’è la rabbia che governa per queste vite che non hanno ancora, giustizia fatta, per la morte assurda, per la vita spenta, per i sogni infranti, e i desideri rotti, in soli 32 secondi maledetti. Se solo l’allarme fosse stato dato, forse qualcuno si sarebbe salvato, i bimbi con i propri genitori, e gli studenti, avrebbero dormito fuori. Avrebbe trovato la morte forse qualche anziano che non si sarebbe esposto al freddo e al gelo, invece così la morte ha preso tante, troppe vite. Ma quelle maledette rassicurazioni da dove son venute? chi le ha tirate fuori? Angeli in cielo ora guardano in terra e chiedono giustizia, almeno quella. Visto che i sogni non li potranno realizzare, fate che in pace, almeno, possano riposare, e che la loro morte serva finalmente, ad aprire gli occhi chiusi della gente. Ricostruire così non serve a niente se non, ha far morire ancora, gente innocente. Aprile 2011
Scatoloni di cemento Enormi scatole Riempite di gingilli e dalle tinte accese Per attirare l’attenzione della gente Si vende tutto oggi anche l’aria In questi grandi mostri di cemento Sono sparsi ormai qui sul territorio Han preso il posto della mia città Io ero bambina Quando uscivo e andavo in centro con la mamma Era una festa Era una cosa stupenda Vedevo la fontana luminosa E sul mio viso appariva il sorriso E poi lungo il corso I negozi, la gente, i profumi dei cornetti e del caffè mi riempivano l’anima e la mente ed io stavo infinitamente bene Oggi i ragazzi vanno all’Aquilone Stipati in queste scatole di cemento Fumano e bevono e fanno giro tondo In quello che ora è il loro mondo Non cielo azzurro sulle loro teste Ne alberi ne prati ne portici stupendi Solo cemento e tante luci accecanti Con la musica e la calca tra la gente Che quando escono sono rincoglionito Tra il caos, il fumo e a volte anche qualche cazzotto Finisce così un giorno veramente brutto Non c’è magia in queste uscite pomeridiane Non c’è la mia città che col suo fascino A fatto innamorare tanta gente Quanti giovani amori ha visto sbocciare Quante lacrime ha dovuto asciugare Quanta poesia I primi baci tra questi vicoli Con la paura che ti potessero vedere Le prime vere sofferenze poi, le avete dimenticate? i lacrimoni Nascosti spesso dentro qualche portone Per pudore e vergogna della gente Cose di altri tempi Ora, non c’è più niente Rivoglio il mio passato, tenetevi il presente. A me così non piace Lo trovo indecente 20 maggio 2011
Il mio mondo Accorrete gente accorrete al richiamo L’Aquila ha bisogno di aiuto Ha le ali spezzate è ferita Ma la gente questo non lo comprende Crede che in questa città stupenda Ora sia tornata la vita Ma se solo si potesse farla vedere Il pianto dell’Aquila Si alzerebbe in volo per farsi sentire Chi è venuto ha capito ed ha condiviso con noi Questo è dolore Non ci sono parole nel vedere la vita ferma al 6 aprile Non ci sono silenzi come questo Che possano far tremare il cuore di dolore Ci sono troppe lacrime Trattenute dal senso di pudore Coperte con gli occhiali scuri Per non mostrare debolezza al mondo Come se piangere fosse un indecenza Come se queste lacrime fossero da nascondere E perché mai mi dovrei vergognare Di piangere per la mia città ferita È lei che mi ha cresciuta per tanti anni È lei che mi sostiene anche adesso Perché è da lei che vado quando posso e mi consola, voi non ci crederete sapere che non l’ho lasciata sola Adesso ognuno pensa un po’ a se stesso E alla mia città nessuno pensa Ma non c’è vita senza di lei per noi È come esser figli di nessuno Dov’è la madre che ci ha tirato su In ogni angolo, in ogni metro quadro Di questa terra io ho lasciato il cuore E mi riapproprio di orgoglio e di senso di appartenenza Ogni qual volta Seppur ferita dentro Cammino per le strade tanto amate Con gli occhi rossi E le lacrime stipate Che a casa poi inevitabilmente Scioglieranno il nodo che mi prende E mi impedisce quasi di respirare Perché il mio mondo (e questo sembra chiaro) È anche la mia città che non c’è più 18 maggio 2011 Marted́ 19 Luglio,2011 Ore: 16:02 |