Carceri italiane vergogne di Stato!

Bruno Gambardella

Avevamo promesso di non dimenticare il caso Cucchi, il giovane geometra romano morto dopo l’arresto per detenzione di pochi grammi di droga. Nel nostro piccolo abbiamo cercato di segnalare una vera e propria emergenza, quella della condizione delle carceri in Italia, che va ben oltre il drammatico caso di Stefano. Grazie all’impegno di molti parlamentari (da segnalare, per la solita tenacia, Rita Bernardini e gli altri otto eletti radicali nelle liste del PD), della stampa più sensibile ai temi dei diritti e delle dignità civili, della rete internet il caso non è finito nel porto delle nebbie e, forse per la prima volta in Italia, potranno essere individuati i responsabili di questo vero e proprio omicidio di Stato.

Persino la Direzione generale delle carceri, in un’indagine pubblicata poche ore fa, ha dovuto ammettere che non vi è stata nessuna montatura e nessuna esagerazione da parte degli organi di stampa e degli stessi familiari. A poco più di un mese dalla morte di  Stefano Cucchi, detenuto in un reparto dell'Ospedale Sandro Pertini di Roma, i sospetti delle prime ore sembrano trovare una loro tragica conferma.

A quanto pare, il giovane "ha concluso la sua vita in modo disumano e degradante" e le probabili colpe di altri organi pubblici non attenuano "la responsabilità di quanti, appartenendo all'amministrazione penitenziaria, abbiano partecipato con azioni o omissioni alla catena della mancata assistenza".

Insomma, Stefano Cucchi non è certo morto per cause naturali nè tantomeno, come qualche politico ha sostenuto spudoratamente, per la sua dipendenza da stupefacenti.                          

La relazione della Commissione d'inchiesta (composta da funzionari del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – Dap) sottolinea un'altra ovvietà, spesso taciuta: le condizioni disumane delle carceri italiane. All'atto del sopralluogo, infatti, le condizioni igieniche delle camere di sicurezza del Tribunale di Roma presentavano "evidenze di materiale organico - vomito- ormai essiccato nei muri che risultano in parte ingialliti e sporcati con scritte. Sul pavimento, negli angoli, si rivelano accumuli di sporcizia".

Alcuni agenti della polizia penitenziaria che hanno confermato il grave stato in cui versava il giovane a poche ore dall'arresto: volto tumefatto e un corpo con inconfondibili segni di un violento pestaggio. Un fatto, dunque, gravissimo che conferma il degrado del sistema carcerario italiano che non sembra, ormai da troppi anni, in grado di offrire le dovute garanzie a chi vive o pensa di vivere in uno Stato di diritto.

La cosa che, tra le altre, mi ha lasciato maggiormente sconcertato, è stato il fatto che Stefano Cucchi, evidentemente terrorizzato dal trattamento ricevuto, prima di morire ha più volte dichiarato di essere caduto dalle scale e di essere reduce da un incontro di box. Solo con qualche altro detenuto ammise di essere stato selvaggiamente picchiato, dimostrando che in Italia anche i detenuti di primo pelo sono condotti ad avere paura delle forze di polizia.             

Quale Paese è quello in cui qualcuno ha paura dei tutori dell’ordine? E’ necessario che il nostro sistema penitenziario esca dall’illegalità in cui è stato ridotto da una politica e da una società “civile” che hanno usato il carcere come discarica sociale. Per tornare allo spirito della  Costituzione, che parla della detenzione come momento di rieducazione e di reinserimento, ci vogliono soldi, progetti seri e tanta buona volontà. Chi deve prenda l’impegno di far tornare il nostro Paese nel novero delle nazioni civili.

 



Domenica 06 Dicembre,2009 Ore: 01:12