Il fallimento della sua teologia è la causa fondamentale della rinuncia di Benedetto XVI?

di Leonardo Boff

9 marzo 2013

Eleggere papa un teologo è sempre un rischio. Egli può fare della sua teologia particolare la teologia universale della Chiesa e imporla a tutto il mondo. Ho il sospetto che questo sia stato il caso di Benedetto XVI, prima come cardinale, nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede (già Santa Inquisizione) e poi come Papa. Questa realtà non gode di legittimazione e si trasforma in fonte di condanne ingiuste. In effetti, egli condannò più di un centinaio di teologi, perché non si inquadravano nella sua lettura teologica della Chiesa e del mondo.

Lo portarono a rinunciare motivi di salute e senso d’impotenza di fronte alla gravità della crisi nella Chiesa. Ma non soltanto questo. Il testo del suo atto di rinuncia parla della «diminuzione di forza nel corpo e nello spirito» e della sua «incapacità» di affrontare i problemi che rendevano difficile l’espletamento della sua missione. Dietro a queste parole stimo si nasconda la ragione più profonda della sua rinuncia: la percezione del crollo della sua teologia e del fallimento del modello di Chiesa che voleva attivare. Una monarchia assolutistica non è tanto assoluta fino al punto da vincere l’inerzia di strutture curiali invecchiate.

Le tesi centrali della sua teologia sono sempre state problematiche per la comunità teologica. Tre di esse finirono per essere rifiutate dai fatti: il concetto di Chiesa come un «piccolo mondo riconciliatore»; che la Città degli Uomini acquista valore davanti a Dio passando attraverso la mediazione della Città di Dio; e il famoso «subsistit», che significa: solamente nella Chiesa Cattolica sussiste la vera Chiesa di Cristo, tutte le altre Chiese non si possono chiamare Chiese. Questa ristretta concezione da parte di una mente acuta, però ostaggio di sé stessa, non aveva la forza intrinseca sufficiente né l’adesione necessaria per essere realizzata. Avrebbe Benedetto riconosciuto il crollo e coerentemente rinunciato? Vi sono ragioni per questa ipotesi.

Il Papa emerito prese sant’Agostino, che di fatto fu oggetto di alcuni suoi pensamenti personali, come maestro e ispiratore. Da Agostino assunse la prospettiva di base, a cominciare dalla sua scivolosa teoria del peccato originale (si trasmette con l’atto sessuale della procreazione). Questo fa sì che tutta l’umanità sia una «massa condannata». Tuttavia, dentro quest’ultima, Dio attraverso Cristo instaurò una cellula salvatrice, rappresentata dalla Chiesa. Essa è «un piccolo mondo riconciliato», che ha la rappresentanza (Vertretung) del resto dell’umanità in perdizione. Non è necessario che abbia molti membri. Ne bastano pochi, purché siano puri e santi. Ratzinger incorporò questa visione e la completò con la seguente riflessione: la Chiesa è costituita da Cristo e dai Dodici Apostoli. Per questo è apostolica. Vi è solo questo piccolo gruppo. Esclude i discepoli, le donne e le masse che seguivano Gesù. Per lui non contano. Sono raggiunte dalla rappresentanza (Vertretung) assunta dal «piccolo mondo riconciliato». Questo modello ecclesiologico non tiene conto del vasto mondo globalizzato. Allora volle fare dell’Europa «il mondo riconciliato», per riconquistare l’umanità. Fallì perché il progetto non fu accettato da alcuno e venne perfino messo in ridicolo.

La seconda tesi è anch’essa presa da sant’Agostino e dalla sua lettura della storia: l’opposizione fra la Città di Dio e la Città degli Uomini. Nella Città di Dio si trova la grazia e la salvezza: è l’unica via che conduce alla salvezza. La Città degli Uomini si costruisce con lo sforzo umano. Tuttavia, poiché tutta la sua umanità e i suoi altri valori sono contaminati, non riesce a salvarsi perché non è passata attraverso la mediazione della Città di Dio (la Chiesa). Per questo essa è disseminata di relativismo. Di conseguenza il cardinale Ratzinger condanna duramente la Teologia della Liberazione, perché cercava la liberazione attraverso i poveri stessi, fatti soggetti autonomi della sua storia. Anzi, poiché non si articola con la Città di Dio e con la sua cellula, la Chiesa, essa è insufficiente e vana.

La terza è una interpretazione molto personale e tutta sua che egli dà del Concilio Vaticano II, quando parla della Chiesa di Cristo. La prima redazione conciliare diceva che la Chiesa cattolica è la Chiesa di Cristo. Poiché le discussioni cercavano l’ecumenismo, [i Padri conciliari] cambiarono con il «subsiste», per fare sì che altre Chiese cristiane, a loro modo, realizzassero anch’esse la Chiesa di Cristo. Questa interpretazione, sostenuta nella mia tesi di dottorato, si attirò un’esplicita condanna da parte del cardinale Ratzinger nel suo famoso documento Dominus Jesus (2000), nel quale afferma che “sussiste” viene da “sussistenza”, che può essere soltanto una e che si trova nella Chiesa cattolica. Le altre «chiese» posseggono «soltanto elementi ecclesiali». Questo «soltanto» è un’aggiunta arbitraria che egli fa al testo ufficiale del Concilio. Sia alcuni noti teologi come io stesso dimostrammo che questo significato [interpretativo] “essenzialista” non esiste in latino. Il significato è sempre concreto: « acquistare corpo», «realizzarsi obiettivamente». Questo era il «sensus Patrum», l’accezione dei Padri conciliari.

Queste tre tesi sono state confutate dai fatti: al ’interno del «piccolo mondo riconciliato» vi sono troppi pedofili, perfino fra i cardinali, e i predoni di denaro della Banca Vaticana. La seconda, che la Città degli Uomini non ha consistenza salvatrice davanti a Dio, si fonda sull’errore di restringere l’azione della Città di Dio soltanto al campo della Chiesa. All’interno della Città degli Uomini si trova anche la Città di Dio, non sotto forma di coscienza religiosa, ma sotto quella di etica dei valori umanitari. Il Concilio Vaticano II garantì l’autonomia delle realtà terrene (altro termine per “secolarizzazione”), che ha valore indipendentemente dalla Chiesa. Esse contano per Dio. La Città di Dio (Chiesa) si realizza mediante la fede esplicita, la celebrazione e i sacramenti, la Città degli Uomini, con l’etica e la politica.

La terza, che soltanto la Chiesa Cattolica è l’unica ed esclusiva Chiesa di Cristo e, ancor più, che al di fuori di essa non vi è salvezza, tesi medioevale resuscitata dal cardinale Ratzinger, venne semplicemente ignorata come offensiva per le altre Chiese. Invece del «fuori dalla Chiesa non vi è salvezza» si introdusse nel discorso sui papi e i teologi «l’offerta universale di salvezza per tutti gli esseri umani e per il mondo».

Nutro il serio sospetto che un simile fallimento e crollo del suo edificio teologico gli tolse “il necessario vigore del corpo e dello spirito” fino al punto, come Benedetto stesso confessa, di “sentirsi incapace di esercitare il suo ministero”. Prigioniero della sua propria teologia, non gli rimase altra alternativa se non quella, onesta, di rinunciare.

(Traduzione di Josè F. Padova)




Lunedì 11 Marzo,2013 Ore: 23:20