Uomini e donne, per un cambio di civiltà - al di là del Regno di "Mammasantissima": l’alleanza edipica della Madre (Elena) con il Figlio (Costantino) Al di là della trinità "edipica" e "mammonica" della chiesa cattolico-romana...
LA CHIESA, LE DONNE, E I PAPI. LUCETTA SCARAFFIA IN PIENO SONNO DOGMATICO NON HA ANCORA CAPITO CHE IL CATTOLICESIMO-ROMANO E' MORTO E DETTA LA SUA AGENDA AL NUOVO PAPA. Un suo intervento - con note

 Basta che nella Chiesa prevalgano il merito e l’umiltà e non il carrierismo e il peso delle cordate, proprio come auspica Benedetto XVI. In una ristabilita meritocrazia le donne non dovrebbero avere difficoltà a trovare il loro posto.


a c. di Federico La Sala

LUCETTA SCARAFFIA IN PIENO SONNO DOGMATICO NON HA ANCORA CAPITO CHE IL CATTOLICESIMO E' FINITO:

COSTANTINO, SANT’ELENA, E NAPOLEONE. L’immaginario del cattolicesimo romano.

CIVILTA’ DELL’AMORE E VOLONTA’ DI GUERRA. DOPO GIOVANNI PAOLO II, IL VATICANO SOPRA TUTTO E CONTRO TUTTI. Il "peccato originale" e la "mala fede" antropo-teo-logica di Papa Ratzinger.

UOMINI E DONNE. SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, OGGI.

LA FAMIGLIA? MA QUALE FAMIGLIA?! QUELLA DI GESU’ O QUELLA DI EDIPO’?!

ECCE HOMO: UN "GOJ"

SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO.

KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI"). (fls)

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Lo spazio delle donne nella chiesa che verrà

di Lucetta Scaraffia (Il Messaggero, 21 febbraio 2013)

«Il genio femminile non ha bisogno di cariche gerarchiche per affermarsi nella Chiesa!»: con queste parole Papa Woityla aveva sintetizzato il suo pensiero sul ruolo delle donne nella Chiesa, ma nonostante la sua bellissima lettera apostolica “Mulieris dignitatem”, che chiariva una volta per tutte che la differenza femminile doveva essere accolta come una ricchezza, e non come una inferiorità, alla sua morte la questione era ancora aperta. E ancora aperta rimane anche oggi, dopo la decisione di Benedetto XVI, come sottolineano tutti i commentatori quando elencano i problemi che dovrà affrontare il nuovo pontefice.

Papa Benedetto, nel suo modo silenzioso ma efficace, ha contribuito senza dubbio a una maggiore visibilità delle donne nella Chiesa: non solo durante il suo pontificato sono aumentate e salite di grado le donne che lavorano per la Santa Sede e nei suoi organismi, ma ha voluto che crescessero nell’Osservatore Romano le collaborazioni femminili, fino a permettere la creazione di un mensile, “Donne, Chiesa, Mondo”, pensato proprio per dare voce alle donne che operano nella Chiesa.

Nella Chiesa infatti le donne stanno svolgendo un ruolo fondamentale. Non solo costituiscono più della metà dei religiosi, ma anche nelle parrocchie assumono compiti insostituibili come il sostegno ai poveri, l’insegnamento del catechismo, l’assistenza agli anziani.

Ma il problema si pone soprattutto se si confronta la Chiesa con il mondo occidentale, dove le donne ormai hanno raggiunto una completa parità con gli uomini, e svolgono anche ruoli direttivi di primaria importanza. Allora la differenza salta agli occhi, e il Vaticano, cioè l’insieme delle più alte gerarchie ecclesiastiche, appare un mondo strettamente maschile.

In realtà, soprattutto negli ultimi anni, sono molto aumentate le donne che lavorano all’interno delle sacre mura, e un po’ sono anche salite di grado. Ma la differenza rimane tuttora significativa, e rischia di far considerare come nemica dell’emancipazione femminile una istituzione che, almeno fino alla prima metà del Novecento, aveva dato alle donne molte maggiori possibilità di affermazioni e libertà che non il mondo laico. E rischia di pregiudicare la nuova evangelizzazione, nonché la crescita delle vocazioni femminili.

Si può ben capire quindi come nelle file di molti istituti religiosi, o di altri tipi di organizzazione in cui le donne sono ampiamente presenti, serpeggi ormai da qualche anno un profondo malcontento, che può arrivare perfino, in alcune frange più radicali, a un’aperta protesta che si accompagna alla richiesta del sacerdozio femminile, visto come l’unica strada per le donne per ottenere un ruolo riconosciuto nella Chiesa.

Sono sorte così associazioni femminili che si pongono in posizione fortemente critica nei confronti della Chiesa ufficiale, mutuando parole d’ordine dal femminismo e accettando perfino di utilizzare la categoria del “gender”, che dovrebbe sostituire il concetto di differenza sessuale. Un’uguaglianza totale, che nega ogni specificità: proprio il contrario del programma di femminismo cattolico proposto da Woityla con la “Mulieris dignitatem” e da Ratzinger nella lettera ai vescovi “sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”.

Si va dal “Comité de la jupe” in Francia, alle proteste delle religiose americane, dagli scritti di teologhe radicali a interventi di intellettuali dissenzienti, come Hans Küng. Non è certo questa la via che seguirà la Chiesa per affrontare il problema, come i documenti pontifici hanno già chiarito da tempo. E anche le sostenitrici del sacerdozio femminile dovranno farsene una ragione: anche perché non c’è nessun bisogno di ordinare le donne prete per aprire loro le porte di ruoli di responsabilità, che hanno già dimostrato di sapere sostenere molto bene.

È sufficiente che la necessità del riconoscimento di una alterità - che tra l’altro è il fondamento del matrimonio cristiano - per la fertilità della diffusione della fede venga riconosciuta anche dalle istituzioni ecclesiastiche, che dovrebbero solo applicare anche al loro interno le giuste parole che rivolgono al mondo. Basta che nella Chiesa prevalgano il merito e l’umiltà e non il carrierismo e il peso delle cordate, proprio come auspica Benedetto XVI. In una ristabilita meritocrazia le donne non dovrebbero avere difficoltà a trovare il loro posto.



Giovedì 21 Febbraio,2013 Ore: 18:53