NATALE 2012.  In occasione del Santo Natale e del Santissimo Twitter, dove Benedetto XVI sbarcherà a giorni con il profilo Pontifex, da ieri è possibile inviare una domanda al Papa digitando un massimo di 140 caratteri sul telefonino. Gli italiani, popolo profondo e spirituale, ne hanno immediatamente approfittato per rivelare a Ratzinger i loro tormenti interiori....
IL BELLO DEL "TWITTER", IL PAPA TEOLOGO, E LE CAVALLETTE. Note di Riccardo Luna, Teresa Numerico, e Massimo Gramellini 

TWEET: (...) «E’ vero che chi fa la spia è figlio di Maria?», «Si mette mai sui condotti d’aria con la gonna per imitare Marilyn Monroe?», «Se il diavolo veste Prada, lei veste Dolce & Gabbana?», «Che me prendi ’na stecca de sigarette, che ’ndo stai tu costano meno?», «Ti è piaciuto l’ultimo di Lady Gaga?», «Sopra la papamobile come stai messo co’ la sinusite?», «Ma er papa c’ha ’e scarpette rosse perché giocava a basket?», «E’ vero che il terzo segreto di Fatima è la birra non pastorizzata?».


a c. di Federico La Sala

Quel pulpito inaccessibile che in rete non avrà filtri

di Riccardo Luna (la Repubblica, 4 dicembre 2012)

La strada che il social media team di Benedetto XVI ha scelto per esordire su Twitter è la più impervia che si potesse immaginare: presenta alcuni rischi di gestione del profilo appena varato e porta il Papa a commettere almeno un errore fondamentale rispetto al tipo di piattaforma. Partiamo da questo secondo punto. Ieri la sala stampa vaticana ha fatto sapere che il pontefice su Twitter non seguirà nessuno.

Avere un account a zero follower è più di un errore: vuol dire non aver capito il senso dei social network. Qui la comunicazione ha superato la modalità classica “da uno a molti” per passare al “da molti a molti”: seguire qualcuno in rete non vuol dire perdere autorevolezza, vuol dire indicare persone di valore. Al contrario dire che il Papa non seguirà nessuno vuol dire trattare Twitter come se fosse una radio. Il Papa parla, gli altri ascoltano.

È un peccato, non in senso biblico ovviamente, perché seguendo gli altri non solo spesso si arriva prima sulle notizie, ma si capisce l’aria che tira fuori da San Pietro. In realtà rispetto alla radio, è prevista una buca delle lettere pubblica e qui veniamo ai possibili problemi di gestione: chiunque infatti ieri è stato invitato a postare domande al Papa segnandole con il cancelletto #askpontifex. In realtà non serve una autorizzazione per fare domande via Twitter, ma se le chiami in questo modo rischi di venirne travolto. Subito si è avuto un assaggio del tipo di curiosità da esaudire: da tutto il mondo sono piovute staffilate sul divieto per i preservativi mentre si muore di aids, sui preti pedofili e altre cose simili. Ci manca solo la questione dell’IMU e delle scuole cattoliche ma arriverà. Come è arrivato un appello per conoscere finalmente la verità su Emanuela Orlandi.

Ora, se il Papa rispondesse davvero a tali questioni sarebbe un immenso passo avanti ma può davvero farlo? Non credo, ma anche se lo facesse innescherebbe una bufera di repliche senza censura e senza nessuna possibilità di gestione della conversazione globale.

Il fatto è che la vita reale e la vita digitale non sono due cose separate, ma sono una legata all’altra. Non puoi pensare di comunicare da un pulpito inaccessibile nella vita reale e invece non avere nessun filtro in rete, perché a quel punto la distanza che hai creato con il resto del mondo nella vita reale si trasforma in una pressione rabbiosa una volta che stai sul web. Prevedo alcuni aggiustamenti in corsa.

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Aspettando @pontifex. Chiesa e nuovi media

di Teresa Numerico (l’Unità, 4 dicembre 2012)

Anche Benedetto XVI cede al fascino dei social network. dal 12 dicembre prossimo, il giorno della festa della Madonna di Guadalupe, sarà possibile leggere i tweet approvati dal papa. Il debutto del profilo in sette lingue è avvenuto ieri.

@pontifex ha ottenuto in poche ore migliaia di follower. Solo la versione inglese aveva alle cinque del pomeriggio più di centoventimila seguaci. Tuttavia sappiamo che il Papa non si occuperà di persona di scrivere i suoi cinguettii, perché non è particolarmente abituato alle nuove tecnologie, scrive i suoi testi a mano e non usa direttamente gli strumenti elettronici.

La scelta di usare Twitter si pone comunque come un chiaro segnale di apertura nei confronti delle possibilità offerte dai media sociali per il magistero della Chiesa con lo scopo di ottenere l’attenzione di fedeli e interlocutori.

Nel presentare l’iniziativa i rappresentanti vaticani hanno dichiarato che la presenza del Papa su Twitter è una concreta espressione della convinzione che la Chiesa debba essere presente nell’arena digitale. Il profilo papale su Twitter è solo la punta dell’iceberg della riflessione sull’importanza che il vertice della Chiesa cattolica annette alla cultura dei nuovi media.

Sarà possibile anche porre direttamente domande al Pontefice, utilizzando l’hashtag #askpontifex. Il profilo potrà fornire le risposte alle domande che riterrà più opportuno accogliere, sebbene resti chiaro che non saranno prese di posizione ex cathedra. Greg Burke, il consulente per i media del Pontefice, ha spiegato che non si tratta di mandare Benedetto XVI in giro con l’iPad o il Blackberry, né di mettergli le parole in bocca. Il Papa dirà solo quello che vorrà. Probabilmente, però, il primo tweet lo scriverà di persona.

La Chiesa del resto si è sempre sforzata di essere all’avanguardia nell’uso dei mezzi di comunicazione nei secoli, e questa è una delle caratteristiche che ne ha garantito la longevità. Dagli amanuensi che copiavano i manoscritti da conservare, alla svolta della controriforma con il suo braccio comunicatore affidato ai gesuiti, passando per il primo messaggio radiofonico di Pio XI nel 1931, e ancora l’esperienza di comunicazione del Concilio Vaticano secondo, la Chiesa non ha mai abbandonato l’impegno a sperimentare i mezzi di comunicazione più adatti al proprio messaggio. Del resto, uno dei maggiori contributi alla teoria sui media si deve a un pensatore canadese convertito al cattolicesimo come Marshall McLuhan.

Per tornare al presente, molte altre personalità pubbliche, religiose e non, utilizzano i social media per comunicare con i propri interlocutori. Ha da poco fatto il giro del mondo la foto postata da Obama mentre abbraccia calorosamente Michelle dopo la rielezione, nel caso ci fosse ancora bisogno di riconoscere la potenza mediatica di Twitter, che si conferma il social network più amato dalle celebrità. Ma come mai?

Forse perché si tratta di uno strumento che consente di comunicare in modo asincrono e di gestire soprattutto la relazione uno a molti in modo piuttosto efficace. In questo senso non stupisce che il profilo del Pontefice abbia scelto di seguire solo se stesso nelle sue sette varianti linguistiche e di non avere interlocutori, ma solo ascoltatori.

È una scelta precisa: adoperare i social network come un medium di massa e non come uno strumento di interazione. La Santa Sede vuole usare Twitter come un megafono per diffondere la fede e divulgare il proprio messaggio, ma non (o almeno non direttamente) come uno strumento di ascolto di quello che altre personalità religiose e politiche, o anche persone comuni hanno da dire. È una precisa posizione su come essere presenti sui media sociali, non proprio all’avanguardia, pur essendo efficace.

Resta però difficile sottrarsi fino in fondo al carattere interattivo e il profilo @pontifex ci consente di valutare a colpo d’occhio quanti sono i follower nelle varie lingue offrendo un sondaggio naturale sulla reale presenza della religione cattolica nelle diverse comunità linguistiche. Inoltre la scelta delle prime sette lingue, la maggior parte delle quali concentrate in Europa e in America, con l’eccezione dell’arabo, e l’assenza del cinese ci permettono di riconoscere qual è la comunità linguistica alla quale il Vaticano ritiene di doversi rivolgere per sostenere e diffondere il proprio messaggio.

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Pontifex e le cavallette

di Massimo Gramellini (La Stampa, 5 dicembre 2012)

In occasione del Santo Natale e del Santissimo Twitter, dove Benedetto XVI sbarcherà a giorni con il profilo Pontifex, da ieri è possibile inviare una domanda al Papa digitando un massimo di 140 caratteri sul telefonino. Gli italiani, popolo profondo e spirituale, ne hanno immediatamente approfittato per rivelare a Ratzinger i loro tormenti interiori.

«Benedè, di’ la verità. Ogni tanto ce ’a metti ’a nutella dentro l’ostia?», «Se ti mando un po’ di casse d’acqua, mi rimandi indietro i boccioni di vino?», «Santo Padre, ma è lei a essere responsabile dell’evoluzione di Terence Hill da Trinità a don Matteo?», «Visto che c’hai contatti boni, ti fai dire perché Noè ha caricato quelle minchia di zanzare?», «Se qui sulla terra c’è il digitale terrestre, in paradiso hanno il digitale celeste?», «Ok l’invasione delle cavallette e la tramutazione dell’acqua in sangue, ma la Santanché era indispensabile?», «E’ vero che chi fa la spia è figlio di Maria?», «Si mette mai sui condotti d’aria con la gonna per imitare Marilyn Monroe?», «Se il diavolo veste Prada, lei veste Dolce & Gabbana?», «Che me prendi ’na stecca de sigarette, che ’ndo stai tu costano meno?», «Ti è piaciuto l’ultimo di Lady Gaga?», «Sopra la papamobile come stai messo co’ la sinusite?», «Ma er papa c’ha ’e scarpette rosse perché giocava a basket?», «E’ vero che il terzo segreto di Fatima è la birra non pastorizzata?».

Non si offenda, Santità. Siamo italiani. Comici per timidezza. E leoni da tastiera quando nessuno ci vede. Dal vivo, metà di questi le bacerebbe l’anello e l’altra metà, baciandolo, glielo sfilerebbe dal dito.

 

Nota: 

"È il mostruoso volto dell’incapacità di entrare in relazione con il prossimo". - Giulia Galeotti

RATZINGER ’A SCUOLA’ DEL VISIONARIO SWEDENBORG. Una nota di Leonard Boff e una di Immanuel Kant

PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga

Federico La Sala

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Mercoledì 05 Dicembre,2012 Ore: 11:10