MESSAGGIO EVANGELICO: TRADIMENTO STRUTTURALE E ABUSO DELLA PAROLA "CRISTIANO" DA PARTE DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. Fine della bimillenaria 'avventura' cattolico-romana ....
BENEDETTO XVI IN LIBANO E I 'NOSTALGICI' DEL CONCILIO VATICANO II A ROMA. Una nota dell'Osservatore Romano e un articolo di Nino Lisi - con appunti

VATICANO II: (...) questione che non riguarda solo i «credenti». In realtà, per alcuni temi il Concilio fu davvero dirompente; per altri segnò una conferma. Perché allora il dibattito? Perché dietro di esso si nasconde una dialettica che, non raramente, diviene scontro tra due logiche che si fronteggiano nella chiesa quasi dai suoi albori (...)


di Federico La Sala

 Comincia il ventiquattresimo viaggio internazionale di Benedetto XVI

In Libano come messaggero di pace

E alla vigilia della visita il cardinale segretario di Stato ribadisce che la violenza porta solo a nuove violenze *

Il Pontefice si reca in Libano come "messaggero di pace" e le crescenti tensioni che ancora oggi percorrono drammaticamente l’intera area mediorientale, "lungi dallo scoraggiarlo, hanno reso ancora più urgente il suo desiderio" di compiere questo viaggio. Alla vigilia della partenza di Benedetto XVI il cardinale Tarcisio Bertone offre la chiave di lettura del viaggio papale, definendolo "un invito a tutti i responsabili del Medio Oriente e della comunità internazionale a impegnarsi con una volontà ferma per trovare soluzioni eque e durature per la regione".

In un’intervista rilasciata al quotidiano francese "Le Figaro" e pubblicata nel numero di oggi, 13 settembre, il segretario di Stato ricorda che per il Pontefice la promozione dei diritti dell’uomo, primo fra tutti quella alla libertà di religione, "è la strategia più efficace per costruire il bene comune". E ribadisce la posizione "chiara e netta" della Chiesa di fronte a ogni forma di violenza, che - afferma - "porta solo a nuove violenze" e "ferisce per sempre i corpi ma anche le menti". In questo senso il Papa in Libano "intende essere una voce profetica e una voce morale", invitando "tutti gli uomini e le donne di buona volontà a far sì che la religione non sia mai un motivo di guerra e di divisione".

Per il porporato il Medio Oriente oggi "deve molto alla presenza cristiana", che contribuisce "all’edificazione di una società libera, giusta e riconciliata". All’islam la Chiesa tende perciò "una mano aperta in segno di dialogo e di riconciliazione", consapevole che la posta in gioco è quella di "lavorare insieme per fare di questa regione una nuova culla di civiltà, di cultura e di pace". Convinzione espressa in queste ore anche dal primo ministro libanese Najib Miqati, che in un’intervista ad Aki - Adnkronos International manifesta la fiducia che la visita del Pontefice in un Paese "punto di incontro e di interazione tra le civiltà e le culture" rappresenti "l’inizio di una vera collaborazione tra i popoli di tutti i Paesi mediorientali".

Anche per il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Papa troverà in Libano una nazione desiderosa di "divenire protagonista in un desiderato processo di pace e di riconciliazione". Certezza condivisa dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che parla di un Paese "che ha saputo credere nella "intesa possibile", mai cedendo alla fragilità dei risultati e piuttosto dando credito alla condivisa appartenenza a una "terra" venuta dalle mani di Dio e da lui benedetta quale casa accogliente per tutti". Da parte sua il nunzio apostolico, arcivescovo Gabriele Caccia, sottolinea le molteplici dimensioni del viaggio papale - "ecclesiale, sociale, nazionale, regionale e anche internazionale" - mentre il patriarca di Antiochia dei Maroniti, Béchara Raï, riafferma l’importanza del dialogo, del rispetto reciproco e della solidarietà per costruire insieme "la città degli uomini".

* L’Osservatore Romano 14 settembre 2012

MATERIALI SUL TEMA:

IL SOGNO DI UNA "COSA" DI BENEDETTO XVI: UNA CHIESA "PER MOLTI", NON "PER TUTTI". Cinque note per un Convegno

SPEGNERE IL "LUMEN GENTIUM" E INSTAURARE IL POTERE DEL "DOMINUS IESUS". Il disegno di Ratzinger - Benedetto XVI. Due testi a confronto, con alcune note

MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!! Benedetto XVI ha ricordato la conversione di Francesco: «l’ex play boy convertito dalla voce di Dio»... ma ha "dimenticato" la denuncia sul "ritardo dei lavori", fatta da Pirandello già a Benedetto XV. Che disastro!!! 

 ALLARME TOTALE: "PAROLA A RISCHIO. Risalire gli abissi. La salvezza è per tutti. Alla portata di tutti". Un "urlo" del teologo Giovanni Mazzillo (dal "mosaico di pace") - con alcune note

DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO: IL PROGRAMMA "ANTICRISTO" DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. LA LEZIONE CRITICA DI KANT. Alcune luminose pagine da "La fine di tutte le cose" (Federico La Sala)

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Il Concilio Vaticano II mezzo secolo dopo

di Nino Lisi (il manifesto, 8 settembre 2012)

L’11 ottobre si compiranno cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II e se ne annunciano le prime commemorazioni. Una si terrà a Roma il 15 settembre nell’auditorium dell’istituto Massimo, all’Eur. La promuovono una novantina di soggetti tra riviste, associazioni e comunità, con l’intento di guardare al Concilio con gli occhi d’oggi. Approccio quanto mai opportuno, perché da anni è in atto un dibattito su un dilemma interpretativo: il Concilio segnò o no una discontinuità con il passato?

La risposta è importante, perché da essa dipenderà se la carica innovativa del Concilio sarà definitivamente soffocata o no; questione che non riguarda solo i «credenti». In realtà, per alcuni temi il Concilio fu davvero dirompente; per altri segnò una conferma. Perché allora il dibattito? Perché dietro di esso si nasconde una dialettica che, non raramente, diviene scontro tra due logiche che si fronteggiano nella chiesa quasi dai suoi albori.

Una, «istituzionale», è protesa a custodire una verità ritenuta compiutamente rivelata e a tutelarne l’integrità. Per farlo si è istituita l’area inaccessibile del sacro, cui solo pochi (la gerarchia) vengono ammessi per cooptazione, e vi si è rinchiuso il «patrimonio della fede». Si è così rinnovato quel potere del tempio che Gesù combatté e dal quale fu messo a morte; potere che, oltre a sospingere uomini e donne a rendere a Dio gloria nei cieli, non può fare ameno di preoccuparsi del proprio rafforzamento.

L’altra logica, «dell’annuncio», è protesa a diffondere il detto evangelico secondo cui perseguire la verità e la sua giustizia rende liberi, e la notizia della fraternità e sorellanza che legano insieme tutti gli esseri umani. Induce a praticare la «libertà dei figli di Dio» e ad occuparsi che in terra si renda giustizia in particolare ai più deboli, essendo questo l’unico sacrificio gradito a Dio. In questa ottica le conseguenze della buona novella vanno scoperte, capite e realizzate nella storia. La logica dell’annuncio porta poi a diffidare di ogni potere e sovente ad opporvisi, mentre il potere del tempio è inevitabilmente contiguo agli altri poteri, perché il potere ha tante facce ma in sostanza è uno ed i suoi diversi aspetti si intrecciano, si contaminano e si spalleggiano reciprocamente.

Quando scoppiano conflitti intestini la logica istituzionale porta a schierarsi con chi difende lo status quo, per l’ovvio motivo che il mantenimento dell’ordine costituito garantisce alla istituzione ecclesiastica la conservazione del suo potere, mentre un sovvertimento potrebbe metterlo in discussione. Due logiche distinte e per molti versi contrapposte generano dunque contraddizioni, tensioni e conflitti nella chiesa come nella vita e nella coscienza di tanti e tante uomini e donne di chiesa. E’ da augurarsi che l’assemblea del 15 settembre riesca a discutere apertamente delle due logiche in conflitto, essendo ciò il presupposto necessario per elaborare proficuamente la memoria del Concilio e farne scaturire impegni per il futuro, come i promotori si ripromettono.

L’andamento del conflitto e l’esito dell’assemblea dell’Eur sono importanti per tutti, non solo per i credenti. In primo luogo perché l’istituzione ecclesiastica, anche in virtù delle oltre cento nunziature e della rete di enti sparsi sul pianeta, è parte integrante del sistema di governo di «questo mondo»; e poi perché, connesse alla dialettica di cui si è detto, ci sono non solo differenti idee di chiesa ma anche visioni diverse del divino e le idee sul divino che circolano in una società hanno grande influenza sul modo in cui essa si plasma. «Si immagini - come suggerisce la teologa femminista Mary Hunt - un mondo in cui il divino venga compreso come Amico invece che come Padre, come Fonte invece che come Signore, come Pacificatore invece che come Sovrano, come cittadino invece che come Re». Si intravedrà qualcosa di quel mondo migliore cui tanti aspirano.



Venerdì 14 Settembre,2012 Ore: 12:58