La settimana politica irpina.
LE IDEE DI BERSANI SULLA QUESTIONE MERIDIONALE.

di NINO LANZETTA

Cosa cambia in Italia sulla questione meridionale con la vittoria di Bersani alle primarie e quella, probabile, del Centro sinistra alle prossime elezioni politiche? Cosa potrebbe cambiare e soprattutto cosa dovrebbe cambiare?

L’aver preso tanti voti alle primarie nelle regioni meridionali e soprattutto molti di più del giovane rampante e intraprendente sindaco di Firenze, è un segnale importante che una parte significativa della società civile – quella più attenta ed impegnata – vuole dire la sua nel senso di un cambiamento possibile non solo a parole , che, seppur lento e ancora con molta sfiducia nei politici – vedi la Sicilia - sta cominciando a far breccia nel popolo del sud, che comincia a fidarsi meno dei profeti illuminati e dei facili populismi ( di destra e di sinistra) e molto di più delle persone serie ed affidabili. Del resto “ … soltanto il popolo può essere protagonista di un processo di trasformazione, quale sia la sua natura o caratterizzazione.” Scrive De Mita nel suo ultimo libro “La storia d’Italia non è finita”, ricordando il pensiero di Sturzo sulla questione ed aggiungendovi di suo: “ … che la politica è il moto popolare.” A favore di Bersani gioca la serietà con la quale è stato in politica tutti questi anni, il suo pragmatismo, le radici culturali, intrise nel sociale, e la visione politica che mette al centro dell’azione di governo il lavoro, coniugandolo con i concetti di uguaglianza, della tutela dei diritti e di una maggiore solidarietà sociale. “Non si possono fare i soldi in Italia – dice – portarli all’estero e chiamare, quando se ne ha bisogno, l’ambulanza in Italia “. E’ l’usato sicuro contro la rottamazione? E’ un’analisi sicuramente non approfondita ma , in politica , i piccoli passi , certi e costanti, contano più dell’effervescenza giovanile e la voglia di cambiamento un po’ populista, effetto più di una comunicazione mediatica, che di una realizzazione possibile se non si intervenga contemporaneamente su molti altri fattori e si coinvolgano le altre forze politiche e sociali.

Bersani ha vinto le primarie per la sua affidabilità e perché il suo progetto appare più realistico e fattibile; per la sua capacità di fare squadra e perché appare diverso dal “ghe pensi mi” di recente sciagurata memoria. Promette di cambiar pagina e gli elettori percepiscono che di lui ci si può fidare. La gente è stanca di promesse e di fregature che ancora ammorbano l’aria pronte a tornare appena i sondaggi indichino qualche miglioramento. “Mi ritiro, si facciano le primarie, si trovi un successore, io guarderò dall’esterno, no, ci ripenso,torno in campo, fondo un nuovo partito, via le primarie, via gli ex An, con loro accordi esterni, alleanza con la Lega, va bene il porcellum, perché gli onorevoli ( si fa per dire!) me li scelgo io …. “ La telenovela continua e le macerie pure! Il grave è che quelli che gli stanno intorno continuano a crederlo un dio e non l’hanno ancora buttato giù come chiedeva il famoso Petrolini al vicino di quel loggionista che disturbava il suo spettacolo. Ormai, dovrebbe essere chiaro a tutti che a lui interessano solo le sue aziende ed i suoi processi. Per il resto “francamente se ne infischia!”

Ma torniamo alla questione meridionale coma la vede Bersani. Non c’è una questione meridionale separata da quella del Paese. Se il sud cresce e si risana, cresce e si risana l’intero Paese. La politica di risanamento, che sta facendo l’Italia e che deve essere continuata, fa bene soprattutto al Sud. Basta con il dualismo Nord/ Sud, o con slogan “pensare prima al nord”, come dice la Lega, che è una amenità economica oltre che una provocazione provinciale e razzista. La lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata (‘ndrangheta, mafia, camorra) e all’intreccio affarismo /politica, lo smantellamento dello stato assistenziale, e del metodo clientelare ( che resiste ancora nonostante la drastica diminuzione dei trasferimenti), la fine dell’occupazione, senza pudore e a fini privati, della politica, la sburocratizzazione di una classe dirigente pubblica inefficiente, l’abbattimento dei privilegi e delle rendite e del potere delle caste, sono condizioni di partenza necessarie e preliminari. Il proseguimento della politica di rigore deve proporsi al Sud l’obbiettivo di una riorganizzazione dei servizi della Pubblica Amministrazione, nel senso di una moderna concezione costi/ benefici e il perseguimento del bene collettivo e non dell’utile individuale. La riorganizzazione, in termini più funzionali e produttivi, delle strutture istituzionali decentrate e, delle società partecipate, e degli enti di servizi ,devono essere al primo posto dell’agenda del dopo Monti.

Ma prima, con le elezioni del prossimo marzo/aprile, gli elettori, a cominciare da quelli irpini, – parte di quel popolo del quale abbiamo parlato in premessa- devono fare la loro parte: non votando quei politici che per troppi anni hanno venduto chiacchiere e si sono dimostrati inadatti ed incapaci a rappresentare le vere esigenze del territorio ed il corretto modo di esercitarlo. Se non hanno avuto risultati ( e la chiusura dei tribunali e degli ospedali, le vicende dell’Iribus e delle altre aziende, la questione dei forestali e dei precari stanno a dimostrare) devono fare un passo indietro e tornare al lavoro che facevano prima o trovarselo se non lo avevano. I nuovi che si propongono, poi, dovrebbero essere giudicati dal loro passato e dalla fiducia che ispirano. Molto meglio sarebbe votare a cominciare dagli ultimi della lista ( se ci viene data la possibilità) o quei nomi che, a prescindere dai partiti che li presentano, hanno dato prova di serietà ed onestà individuale e soprattutto hanno un lavoro e non sono stati, fino ad ora, mantenuti dalla collettività.

NINO LANZETTA




Lunedì 03 Dicembre,2012 Ore: 16:02