DALLA RESISTENZA ALLA COSTRUZIONE DI FORMAZIONI PARTIGIANE, DAL COPRIFUOCO ALLE MINACCE, DA “BRESCIA RIBELLE”, LA FIGURA DI ASTOLFO LUNARDI

a cura di Carlo Castellini

GIUSEPPE SARAGAT, GIA' PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.
La Repubblica, sorta dalla Resistenza si gloria della sua origine immediata. Nata spontaneamente da tutti i ceti, la Resistenza, ha consentito al nostro Paese, di occupare in un momento tragico della sua storia, un posto onorevole tra i suoi combattenti per la libertà. Ad essa, l'Italia democratica deve una grande parte del suo patrimonio politico e morale. Dalla Resistenza trae alimento la riconciliazione delle migliori energie, nel nome della libertà. Con la Resistenza l'Italia ha potuto affrettare i tempi del suo reinserimento nella comunità internazionale. (GIUSEPPE SARAGAT).
CHE SIGNIFICA “RESISTENZA” ?
Con la voce RESISTENZA si suole indicare il tempo dell'azione delle formazioni partigiane, in Italia, che va dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, un periodo tra i più tragici della nostra storia, che vede la nazione stremata dall'avventura fascista e gli eserciti anglo americani impegnati dalla Sicilia su lungo lo stivale, al centro del più gigantesco dei conflitti.
In realtà la Resistenza ha le sue radici nello stesso periodo in cui, per imporsi, il regime di Mussolini, ricorse a tutti i mezzi, a cominciare dalla violenza. Si può anzi dire che la Resistenza:
  1. si manifestò con coraggiosa opposizione fin dal lontano 1921, e per essa, non pochi, dall'insegnante al sacerdote, al semplice operaio o muratore, subirono il carcere o il confino, come il comunista ANTONIO GRAMSCI, o furono costretti all'esilio, come il liberale PIERO GOBETTI;
    2) Si fede avanti come una organizzazione di una volontà democratica, nel precipitare della guerra tra il 1939 e il 1943, al punto di portare la dittatura a sfasciarsi senza spargimento di sangue, ad opera dei suoi gerarchi;
    3) Si compì infine, come guerra di Liberazione, contro l'oppressore tedesco, servito da uno sciagurato rigurgito fascista.
Nella Resistenza confluirono anche a Brescia, combattenti, giovani, soprattutto - decisi a riscattare con la propria vita la vergogna di un ventennio durante il quale Mussolini e i suoi sostenitori, dopo avere praticamente distrutto tutte le libertà, assassinando avversari come DON GIUSEPPE MINZONI, e il deputato socialista GIACOMO MATTEOTTI, si erano dati a sperperare il danaro pubblico in folli ambizioni di grandezza e di conquista, per poi trascinare tutto un popolo in una guerra non sentita né voluta, a fianco di un alleato che non si poteva definire il più adatto a suscitare simpatia, perchè si trattava del nemico di ieri e dell'altro ieri, ossia del cecchino che sparava contro gli italiani nella guerra 1915-1918 e del maramaldo che aveva infierito contro gli intrepidi compagni di TITO SPERI.
GLI EREDI DI TITO SPERI.
La mattina del 5 febbraio 1944 si tenne in Brescia il “Processo Lunardi”. Un eccezionale schieramento di militi, sulla cui divisa spiccava un teschio, bloccò la via San Martino della Battaglia, davanti al Palazzo della Corte di Appello, vietando il transito agli automezzi e obbligando i ciclisti a scendere al passo.
Mitragliatrici dai tetti erano puntate sulla strada, e, all'interno sul cortile dove gli ordini, grida isteriche, si susseguivano a rompere un silenzio teso, terrorizzante. Chi entrava nell'aula, doveva mostrare i documenti e veniva perquisito.
ASTOLFO LUNARDI, 53 anni, litografo, stava davanti al Tribunale Speciale della repubblica fascista di Salò perchè accusato di essere il capo del settore sovversivo di Brescia”. All'interrogatorio svolto dal Pubblico Ministero, ossia dal giudice incaricato di riversare su di lui una calunniosa caterva di delitti, l'imputato andava rispondendo con pacatezza che si era proposto solo un patriottico piano di difesa e ripresa nazionale.
“Ad un tratto – raconta LEONIDA TEDOLDI, testimone oculare – udii il P.M. che alzando la voce in modo chiaro, esclamò - “Ma non mi faccia ridere! Difendere che cosa”?
L'aula si fece silenziosa quasi d'incanto. Tentai di fare un mezzo passo in avanti per udir meglio ma urtai involontariamente contro il mitra del milite che mi copriva la vista di Lunardi. Si voltò di scatto e mi guardò con un gesto interrogativo. Accennai ad un leggero sorriso di scusa. “Intendevamo – rispose chiaramente Lunardi - “dividere la città in tanti settori”.
“A che scopo?”, chiese nuovamente il P.M.
“Perchè solo in tal modo avremmo potuto difenderla dai tedeschi, il giorno in cui avrebbero dovuto ritirarsi”.
“Cioè, in altre parole, i tedeschi e con loro naturalmente anche noi, un giorno.....”.
“Su questo non v'è dubbio” confermò con la massima calma il Lunardi. E pur nel suo comprensibile pallore, era sereno e cosciente, sicuramente cosciente del martirio al quale stava andando incontro.
“E se al contrario, come è evidente, vincessero al guerra”? Chiese ancora il P.M.
“Impossibile!” rispose categorico Lunardi.
“Sicché voi, e i vostri compagni, quelli lì nella gabbia dei traditori, vorreste atteggiarvi a novelli TITO SPERI”?, chiese ridendo.
A quel riso cattivo e sardonico rispose una collettiva sghignazzata dell'intero tribunale militare. Uno solo non rise, oltre agli imputati, l'avvocato difensore BULLONI, che intervenne alzando la voce:”Mi oppongo.....”.
Alle ore 14 fu letta la sentenza: Lunardi Astolfo e Margheriti Ermanno condannati alla pena capitale; Alessandri Alessandro, anni 15 di reclusione; Gentilini Eugenio, anni 7 di reclusione; Visentini Carlo, anni 5 di reclusione.
I due morituri si abbracciarono. Poi, rivolto alla Corte, :”Vi ringrazio, disse Lunardi, “Voi ci fate l'alto onore di accomunarci alla gloria di TITO SPERI”.
E un'altra voce risuonò ferma sotto il porticato, quella del giovane ragioniere Alessandri. Ai genitori scoppiati a piangere nel vederlo tradotto vero il furgone cellulare:”Non vergognatevi!”.
La notizia della condanna corse rapida in città, e per i fascisti, sortì l'effetto contrario a quello sperato, giacché spinse anche i più incerti, o dubbiosi a pensare che l'Italia dell'onore stava dalla parte dei “ribelli”.
Da quel giorno, la Resistenza a Brescia, e nelle sue tre valli, si rinvigorì, serrò le file. (MARIO CATANEO, GIANNETTO CALZELLI, COMUNE DI BRESCIA, a cura di Carlo Castellini).



Domenica 10 Marzo,2019 Ore: 17:28