Natività 2013. Betlemme, a Monserrato.

di Pierpaolo Loi

Lunedì 28 ottobre 2013
Mi reco a trovare la famiglia rom perché ho saputo della nuova arrivata, figlia di una coppia giovanissima che condivide la casa con la numerosa famiglia paterna. Il neopapà è fuori a racimolare dei viveri al supermercato. Vengo accolto, come sempre, con familiarità dai bambini e dalle bambine, dai ragazzi e dalle ragazze; mi accompagnano nella stanza dove la giovane madre, seduta, tiene in braccio la bimba, avvolta in una copertina. È già buio, ma solo la luce fioca di due candele illumina l’ambiente, perché è stata loro staccata la corrente elettrica.
Ho portato in dono una tutina. La madre non si è rimessa del tutto dopo il parto, è molto magra e non può allattare perché sta prendendo dei farmaci. Conversiamo di come è andato il parto e delle conseguenze per il futuro.
“I rom – dice una ragazzina molto perspicace, che ci fa compagnia – amano avere tanti bambini, non come voi che non fate più figli”. Si parla anche di dolore e di morti, ma a questo punto la neomamma ci ferma dicendomi che devono trascorrere quaranta giorni, prima di poter parlare di questi argomenti.
Arriva il padre della bambina, che è stato anche in farmacia a comprare delle medicine; mi abbraccia contento. Il latte per neonati, che gli hanno dato in ospedale, sta per finire e bisognerà comprare pure quello.
Quando vado via, mi porto dentro la gioia di un incontro, la forza che nasce dal constatare che la vita è più forte dei pregiudizi e dell’ingiustizia; ma anche l’amarezza per come sia possibile che nel nostro mondo, che consideriamo civile e cristiano, si possa sopravvivere in questo modo.
Il giovane padre dice che al campo – quello sulla 554, dal quale le famiglie rom sono state sgomberate ormai da un anno e mezzo – si stava meglio di quanto non stiano adesso in una casa di un quartiere urbano.
La situazione di questa famiglia, come di altre famiglie rom dislocate dal Comune di Cagliari in altri comuni limitrofi, ma spesso distanti l’una dalle altre, affidate per gli aspetti giuridico-sociali ai servizi sociali e alla Caritas diocesana, non è evoluta verso una maggiore inclusione, come era nell’intento – almeno quello dichiarato - delle istituzioni.
Oggi, in piena crisi economica, con l’alto tasso di disoccupazione, con vecchie e nuove povertà emergenti, la precarietà è sempre più diffusa, la richiesta di viveri e di generi di prima necessità sempre più pressante, e l’accattonaggio l’unico modo rimasto per andare avanti, e non solo per le famiglie rom.
Pubblicato dalla rivista La Collina.



Domenica 22 Dicembre,2013 Ore: 23:26