"Può essere la mia, un'esperienza di Dio?"

di Mario Mariotti

Quello che io scrivo,in un certo senso,puà essere definì: to un'esperienza di Dio? Vengo dalla formazione cattolica classica, col Dio-Altissimo che va adorato, ringraziato, placato e pregato; con l'Eucarestia come corpo e sangue del Signore; con la presunta efficacia di Sacramenti; con tutto quello in cui si dichiara di credere nel "Credo".
La mia esperienza di cinquant'anni a contatto col dolore innocente,e con quello provocato dalle strutture maligne vomitate dall'alienazione e dal la cattiveria degli uomini, tuttavia, pian piano mi hanno convertito, e mi hanno aperto ad una nuova teologia, della quale, a posteriori, io ho trovato le pezze d'appoggio anche e proprio nel Vangelo. Ho preso sul serio esù quando mi diceva che Dio non è l'Altissimo ma è Papà; che è anche mio papà; e siccome so che il papà, come ogni papà, tutto quello che può fare per i figli lo fa senza essere pregato, per amore, questo ascolto mi ha fatto capire sia che Lui non è onnipotente, perché altrimenti avrebbe aiutato quei viventi in difficoltà che io frequentavo e quegli altri disgraziati di hansniani che cercavo di aiutare nel Sud del mondo attraverso l'Associazione AIFO; e sia che la preghiera non è pregare che Lui faccia, ma fare io la volontà di Lui. A questo punto erano saltate l'onnipotenza e la preghiera a Colui che mi diceva che ero io la risposta alle mie stesse preghiere. A questo messaggio sì é aggiunto quello del Signore che mi diceva che Lui era venuto non per essere servito, ma per servire; e questo metteva in crisi tutto l'apparato religioso cui è sotteso il fatto che noi saremmo sudditi e servi inutili dell'Altissimo, mentre Gesù mi diceva di essere venuto per aiutare l'uomo, e mi proponeva di essere io le mani del Suo amore per l'uomo.
Il brano del Vangelo che mi permetteva di supportare quest'ultima acquisizione era quello in cui Gesù dice che chi fa la volontà del Padre, cioè chi ama e condivide, è anche Suo padre, madre, fratello e sorella. Questo ha dato il colpo di grazia alla mia lettura religiosa della realtà: avevo finalmente capito che siamo noi laici le mani dell'amore di Dio per noi. A questo si sono aggiunte altre perle preziose: Dio non è Soggetto, ma é Verbo; ed il Verbo non si fa riconoscere, non è presente nella teologia, ma nello "Spezzare il pane" (vedi Emmaus), cioè nel Condividere il necessario alla vita. Siccome poi è inconcepibile un'Essenza senza esistenza, ed un'Esistenza senza il soggetto che esiste, se Aristotele non è andato in A1tzaimer questo significa che la presenza l’esistenza di Dio. Dipende dal nostro incarnarLo o rifiutarLo; dipende dal nostro "spezzare il pane"
fra noi o dal nostro rifiuto a condividere.
A questo punto è saltata la divisione sacro-profano; la realtà ha assunto un'unica dimensione, quella laica, perché siamo noi laici che, quando facciamo i "compagni" cioè spezziamo il pane fra noi, siamo Dio che si incarna nel Figlio; e infine l'unica cosa che sta a cuore al Padre è che i Suoi Figli si amino fra loro. E, per concludere, come mi fa vivere oggi la mia esperienza di Dio? Io non penso a Lui; vivo la cultura del necessario, condivido ciò che eccede con chi ne è privo; sto vicino al dolore innocente; mentre combatto la sofferenza e la miseria universali Lo posso sentire al mio fianco ad indignarsi ed a soffrire con me; so che quando condivido, sono "corpus Domini"; e se Lui non esiste Lo faccio esistere io; mi piacerebbe che ci fosse, per saziare tutti quei viventi cui la vita ha fatto pagare la nascita come fosse un reato, E mentre continua la ricerca, continui l'esperienza. Di tutto questo, cari credenti, cosa ne pensate? Non si presenta qualche dubbio?



Sabato 10 Ottobre,2020 Ore: 21:29