Quell’ immensa storia fluviale del mondo che e’ la Bibbia
a cura di Carlo Castellini
Gina Lagorio, affermata scrittrice e saggista, si racconta
Gina lagorio e’ originaria di Bra (Cuneo) collabora al
corriere della sera ha ricevuto il premio Viareggio per la narrativa. In questa
pagina racconta il suo percorso autobiografico con la bibbia, considerata come
strumento del cercare dell’uomo.
“Ho insegnato, a lungo, letteratura italiana e storia. In un
convegno che doveva fare il punto sui primi nove anni dell’educazione civica
nelle scuole, ricordo che trassi conclusioni fallimentari su tale materia, in
parallelo con un’altra dolente esperienza. Leggevo in classe DANTE – con
passione – e dovevo ogni volta perdermi in spiegazioni di natura
filosofico-religiosa che a torto supponevo pane quotidiano del più modesto dei
battezzati.
Nel nostro cattolicissimo PAESE, dove la religione s’insegna
fin dai tempi dell’abbiccì, la quasi totalità dei ragazzi non aveva mai aperto
una BIBBIA e conosceva dei VANGELI i brani più o meno ascoltati durante qualche
messa. E altrettanto ignorava il testo della COSTITUZIONE. La conseguenza è che
manca da noi IL SENSO DELLO STATO e che nella sede del PAPATO i libri sacri
sono più misteriosi che gli ideogrammi cinesi.
Mi chiedevo allora, come mi chiedo adesso, con ben maggiore
angoscia, se i fantasmi sempre risorgenti del fanatismo, del nazionalismo intollerante,
dell’antisemitismo non siano anche il frutto di questa collaudata indifferenza,
un’ignoranza che mi fa sembrare migliori del mio i PAESI D’OLTRALPE, che in
ogni albergo, accanto sapone e alle istruzioni per l’uso del telefono, mi
procurano una piccola BIBBIA.
Più tardi, essendosi tenuto a Firenze un convegno sui
rapporti esistenti tra DANTE e la
BIBBIA, mi sdegnai: il mio – ch’io ricordi –fu il solo
ELZEVIRO apparso sull’argomento, mentre i quotidiani starnazzavano in lungo e
in largo sull’arrivo in Italia, proprio in quegli stessi giorni, della VOICE.
Tra SINATRA E JAHVEH, non c’erano dubbi: la sola voce gradita alle folle era
quella, pur imbolsita dagli anni, del cantante in odore di mafia.
Intanto, continuavo a leggere la BIBBIA, senz’ordine, come
mi capitava: per trovare l’origine di una metafora, per collazionare un testo
moderno con l’antico, e persino per avere la risposta a un momento di
incertezza, come si consultano i CHING: aprivo a caso, e se anche l’argomento
in realtà non mi toccava nella situazione contingente, sempre un ‘ immagine,
un’osservazione, una piccola storia nel fluire di quell’immensa fluviale storia
del mondo, che è LA BIBBIA,
mi rassicurava: a ciascuno la sua patria, il suo esilio, e io riuscivo a
intravedere per un attimo la mia privata GERUSALEMME in quelle parole cariche
di un tempo senza tempo.
Mi iscrissi poi a BIBBIA, un’associazione nata a FIRENZE,
con lo scopo di colmare una lacuna culturale che mi sembrava e mi sembra
vergognosa. E con gli amici biblisti arrivai infine al MURO DEL PIANTO, alla
città di pietra e di cielo che è davvero la capitale del sacro. Una patria di
tutti, se al destino di tutti è comune il dolore.
Scrissi poi di quella PASQUA a Gerusalemme che vissi, come
in trance, tra CRISTIANI, ORTODOSSI, CATTOLICI,
MUSSULMANI di tante sette, EBREI SEFARDITI E ASHKENAZITI e YEMENITI, tra ARABI
E ISRAELIANI, e mai come quel mattino, nella CHIESA DEI FRANCESCANI, capii che
potevo non credere, ma che di certo mi feriva nel profondo l’urgenza che una
predica bellissima mi comunicò: ”BISOGNA CONFESSARE TUTTO CIO’ CHE IN NOI NON
E’ RISORTO”.
Tutto ciò, interpretai a modo mio, laicamente, ma con una
partecipazione interiore totale, che dentro di noi non lievita, resta ancorato
alla terra, che non è capace di sublimarsi. Poi ascoltando nella SINAGOGA la
voce che si elevò, come una tromba celeste, uno squillo di gloria:”SHEMA’
ISRAEL: ASCOLTA, ISRAELE”, tremai per i rancori lunghi, le insidie, i sospetti
che mi sentivo intorno in una PALESTINA che mi parve feroce. Ma era PASQUA e
l’unica voce che contava per tutti in quell’ora, era quella del libro:”ADOKI
ADONAI ELOHEKA”, “IO SONO L’ETERNO TUO DIO”.
Sperai e spero come allora, che gli angeli sognati da
GIACOBE su una lunga scala che dalla terra toccava il cielo, facendogli
intravedere la via “per tornare in pace alla casa del Padre”, riapparissero
ancora. Diceva BARTHES:”Vi è un’età in cui si insegna ciò che si sa; ma poi ne
viene un’altra in cui si insegna ciò che non si sa: questo si chiama cercare”
La prima esperienza l’ho fatta; da lungo tempo sto vivendo
la seconda. La BIBBIA
è uno degli strumenti del cercare. E a me piacerebbe ancora citando BARTHES,
arrivare a quella che lui definisce SAPIENTIA:”NESSUN POTERE, UN PO’ DI SAPERE,
UN PO’ DI SAGGEZZA, E QUANTO PIU’ DI SAPORE POSSIBILE”. (GINA LAGORIO). A CURA DI CARLO CASTELLINI Sabato 23 Gennaio,2010 Ore: 21:59 |