Il buon morire…
Breve digressione sul fenomeno dell’eutanasia
di Giuseppe P. Fazio
Uno dei fenomeni di cui più si è discusso negli ultimi anni e che ha attraversato il mondo intero è sicuramente quello sulla cosiddetta dolce morte. Scienziati, filosofi, esponenti del modo politico, della società civile, nel tentativo di far luce su un problema complesso e delicato, hanno sentito il bisogno di esprimere, anzitutto, la propria opinione. Schierati “contro” o “a favore”, tutti nettamente serrati nei propri ranghi hanno dato il via ad un forte scontro ideologico. Ma perchè? Perché termini come accanimento terapeutico, eutanasia ci fanno trasalire in questo modo? Innanzitutto, per fare un po’ di chiarezza è bene, per prima cosa, farsi un’idea precisa della questione: sapere, in buona sostanza, qual è l’oggetto della discussione e quali sono gli ambiti interessati. Alla questione dell’eutanasia, intesa come interruzione dei processi che tengono in vita un soggetto, vi si accoda quella sull’accanimento terapeutico. Ma, qual è il confine tra cura e accanimento? Quando un malato si può definire in stato irreversibile? E che senso diamo alla parola irreversibile? Lasciando da una parte i casi di risvegli miracolosi è un fatto che la scienza non ha sempre risposte certe e precise: i medici, in sostanza, non hanno ancora gli strumenti necessari per definire con certezza e precisione quando siamo andati già troppo oltre. Questo comporta che ogni valutazione sia fatta caso per caso e con un ampio margine d’errore. Ma laddove la scienza non arriva, ecco che la filosofia fa il suo ingresso nel tentativo di dare al problema una spiegazione coerente e moralmente accettabile. E’ su questo piano che il confronto ha assunto le sembianze di un vero e proprio scontro a due: da una parte i contrari ad ogni forma di eutanasia, dall’altra i favorevoli. In gioco, ovviamente, c’è moltissimo: dalla rivendicazione di diritti, alla definizione di cosa è vita e cosa no. Per quanto riguarda l’Italia, è bene precisare che questi opposti schieramenti non ricalcano l’attuale panorama politico: le due posizioni infatti attraversano trasversalmente Destra e Sinistra attivando, come altri dibattiti di natura etica, forti discussioni interne ai vari partiti presenti sulla scena. E’ passato poco tempo da quando gli Stati Uniti si sono interrogati sul destino di Terry Schiavo e pochissimo è passato dalla morte di Welby e Nuvoli. Tali episodi hanno fortemente turbato l’opinione pubblica ed hanno ridato forza a coloro che, da una parte e dall’altra, richiedono un intervento politico volto a colmare il vuoto legislativo in materia. Tutti hanno preso parte al dibattito e tutti hanno cercato, con toni più o meno estremistici, di influenzare l’opinione pubblica. Ma nelle stanze del potere la discussione non è ancora approdata e sembra che non lo farà ancora per molto. Basti osservare che gli esponenti del nascituro Partito Democratico non hanno nemmeno sfiorato l’argomento: segno che i politici temono di inimicarsi ampie fette di elettorato esponendosi con dichiarazioni nette. Trovare una soluzione a queste problematiche non è certo lo scopo di un articolo di giornale come questo. Tuttavia è curioso osservare come l’argomento sia evitato proprio da coloro che dovrebbero legiferare in materia. Insieme a quello filosofico, dunque, lasciamoci con un altro dubbio: com’è possibile che i nostri governanti decidano di non decidere su un argomento così sentito che commuove e lacera il nostro paese? 11 settembre 2009 |