Sviluppo politicamente non sostenuto: il caso Valle Caudina
di Giuseppe P. Fazio
Da troppo tempo si sente parlare di sviluppo sostenibile senza rendersi realmente conto di cosa sia. Ma questa è condizione normale! Si parla, si ragiona, si esprimono opinioni non capendo che senza una reale gestione della cosa pubblica in modo funzionale alla realizzazione del tutto, non si fa altro che perpetrare la una condizione per la quale si resta immobili nel limbo dell’ambiguità vocazionale. Ma di cosa parliamo? Vi sia una enorme necessità di prendere consapevolezza del fatto che la situazione socio-economica di un territorio è un puzzle composto da più parti ed osservabile da più punti di vista che, nel loro insieme, a seconda delle angolature, potrebbero far giungere a considerazioni assai divergenti. Le reali potenzialità di un territorio che, per svariate motivazioni e diverse concause, non ha ancora trovato la sua reale inclinazione restando sospeso in un eterno impasse, sono quindi da ricercare nelle aspettative di un popolo abituato da una politica vecchia, ad uno sviluppo lento ed indecoroso. Il territorio è un organismo vivente ad alta complessità, un neo-ecosistema in continua trasformazione, prodotto dall’incontro fra eventi culturali e natura, composto da luoghi dotati di identità, storia, carattere e strutture di lungo periodo che, nella loro essenza formano i tipi e le individualità territoriali. Il territorio ha esigenze continue di adattamento delle politiche alle nuove condizioni. Da qui, il problema di fare della società locale, una società sufficientemente complessa e articolata da essere, auto-poieticamente in grado di aver cura del proprio ambiente e del proprio territorio. Uno spazio geografico, quindi, riguardante zone urbanizzate, agricole o naturali, dove è possibile attuare la progettazione, la regolamentazione e lo sviluppo di un ambiente costruito, dove controllare e gestire i processi di polarizzazione urbana al fine di ridurre i processi sperequativi, riqualificare la struttura urbana e l’ambiente preesistente, gestire la relazione tra le città e la campagna. Il tutto, per un verso, gestendo i processi di dispersione insediativa, per l'altro, migliorando le condizioni di accesso alle informazioni ed ai servizi. In quest’ottica, dovrebbero essere assunti come referenti gli abitanti e come fine la promozione della loro capacità di auto-organizzazione del territorio: ed è soprattutto per questo che la cura di un territorio non può che essere affidata ai suoi abitatori. Purtroppo però, è mi ripeto, le cose non sono andate in questo modo! Ma non bisogna disperare, finché c’è vita… 12 settembre 2008 |