Mobilitiamoci per impedire la ratifica del "pacchetto sicurezza"
Lettere al Presidente Napolitano

a cura di Augusta De Piero

Una lettera di Bruno Segre e Giancarla Codrignani


Così ho scritto, riportando due lettere che mi sembrano importanti, nel mio sito www.diariealtro.altervista.org ,

2 luglio: il Senato approva il testo delle “disposizioni in materia di sicurezza pubblica” (approvato dal Senato con il numero di codice 733-B) si avvia a compiere il suo percorso. Presto sarà legge operativa per volere di questo governo e con tante, troppe, complicità.
Proveniva dall’approvazione fiduciaria della Camera, dove il numero di codice identificativo era 2180, a sua volta preceduto dal primo dibattito in Senato (codice 733). Si è arrivati all’approvazione definitiva con due passaggi attraverso voti di fiducia, una parola il cui significato è stato umiliato dall’uso che il parlamento italiano ne ha fatto.

Ora posso disporre di una lettera di Bruno Segre, diretta al Presidente della Repubblica.
La trascrivo, dopo aver riportato un breve curriculum, che a suo tempo è stato rivisto e approvato da Segre stesso.
Di seguito trascrivo una lettera che ho ricevuto dalla ex parlamentare Giancarla Codrignani-

 
Bruno Segre, nato a Lucerna nel 1930, ha studiato filosofia a Milano alla scuola di Antonio Banfi. Si è occupato di sociologia della cooperazione ed educazione degli adulti nell’ambito del Movimento Comunità fondato da Adriano Olivetti.
Ha insegnato in Svizzera dal 1964 al 1969. Per oltre dieci anni ha fatto parte del Consiglio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.
Dal 1991 al 2007 ha presieduto l’Associazione “Amici di Nevé Shalom / Wahat al-Salam”.
Ha dedicato contributi a vari aspetti e momenti della cultura e della storia degli ebrei. Autore di Gli ebrei in Italia (Fenice 2000, 1993; nuova edizione La Giuntina, 2001) e di Shoah (Il Saggiatore, 1998; nuova edizione 2003), dirige il periodico di vita e cultura ebraica Keshet.
Caro Presidente Napolitano,
sono un vecchio italiano ebreo, figlio di antifascisti, nato 79 anni fa nell’Italia fascista, bandito nel 1938 in quanto ebreo da tutte le scuole del Regno d’Italia. Sull’atto integrale di nascita a me intestato, che si conserva negli archivi dell’anagrafe di Milano, sta ancora oggi scritto a chiare lettere “di razza ebraica”: una dicitura che mi portero’ appresso sino alla morte. Memore del fascismo e delle sue aberrazioni razziste, mi permetto di rivolgermi a Lei per chiederLe di non ratificare il cosiddetto “pacchetto sicurezza” approvato in via definitiva dal Senato il 2 luglio scorso, dopo ben tre voti di fiducia imposti dal governo. Si tratta di un provvedimento che, in palese violazione dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, introduce nei confronti dei gruppi sociali piu’ deboli misure persecutorie e discriminatorie che, per la loro gravita’, superano persino le mostruosita’ previste dalle leggi razziali del 1938. Si pensi, per citare un unico esempio, al divieto imposto alle madri immigrate irregolari di fare dichiarazioni di stato civile: un divieto che, inibendo alle genitrici il riconoscimento della prole, fara’ si’ che i figli, sottratti alle madri che li hanno generati, vengano confiscati dallo Stato che li dara’ successivamente in adozione. Per buona sorte, le garanzie previste dai Costituenti Le consentono, caro Presidente, di correggere questo e altri simili abusi. Anche in omaggio alla memoria delle migliaia di vittime italiane del razzismo nazifascista Le chiedo di non promulgare un provvedimento che, ispirato nel suo insieme a una percezione dello straniero, del “diverso”, come nemico, mina alla radice la convivenza civile, pacifica e reciprocamente proficua tra italiani e stranieri, rischiando di alterare in modo irreversibile la natura stessa della nostra Repubblica. 
(Bruno Segre)                                            Martedì, 7 Luglio 2009
 
 
Caro Presidente,
non avrei voluto scriverti questa lettera e tanto meno permettermi di interferire con la tua alta responsabilità. Ma proprio perché in questo momento mi sembra necessario che si valorizzi anche la responsabilità civica di ciascuno di noi in quanto cittadino, credo di dovermi rivolgere a te per pregarti di non firmare le norme in materia di immigrazione approvate in questi giorni. 
Davvero, non avrei mai pensato che dal nostro Parlamento uscisse un'offesa così grande ai diritti di libertà. Anche gli antichi, in diverso contesto, onoravano lo ius migrandi che nei nostri tempi ha avuto collocazione sia nell'art.13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, sia nell'art. 35 della Costituzione italiana. Soprattutto, mi mortifica riandare ai milioni di italiani che dalla fine del XIX secolo fino al secondo dopoguerra sono emigrati nelle più diverse parti del mondo, soffrendo le stesse pene a cui oggi questa legge condanna altri uomini e donne che, come i nostri migranti, cercano di sfuggire alla miseria e all'oppressione. Con le nuove norme neppure i rifugiati avranno garanzia di tutela, contro il dettato dell'art.10 della Costituzione che impone l'accoglimento di quanti non godano nel loro paese i diritti di libertà, addirittura, secondo gli atti della Costituente, senza reciprocità. Non a caso, perché tutti i partiti che avevano redatto la Carta del '48 avevano avuto esuli dalle persecuzioni fasciste.
Il nostro paese non può accettare che sia reato non la condotta, ma l'identità di una persona, né che si violi l'uguaglianza discriminando gli esseri umani sulla base di criteri nazionalisti e razzisti, né che si verifichino respingimenti in forma crudele e illegale dal territorio nazionale (intendendo come tale anche la nave italiana che abbia raccolto i profughi).
Non vorrei mai avere sentito un ministro della Repubblica dire che dobbiamo essere "cattivi". Ma vorrei anche che non solo i cittadini informati, ma anche quanti restano ancora ignari della sostanza dei problemi non corressero il rischio di venire sospinti da false paure verso sponde razziste. E come donna non vorrei mai che qualche bambino imparasse a non ritenere cittadino come lui un bimbo nato da una mamma come la sua, ma clandestina.
Caro presidente Napolitano, abbiamo entrambi conosciuto l'esperienza del lavoro parlamentare in anni non lontani, che hanno conosciuto anche eventi tragici, ma che mantenevano il massimo rispetto delle garanzie istituzionali e che avevano rafforzato la democrazia italiana nel contesto internazionale. Ti prego: aiuta il paese a mantenere quella dignità.
GIANCARLA CODRIGNANI
ex-parlamentare


Mercoledì 08 Luglio,2009 Ore: 16:17