UNA SOLA UMANITÀ
AL TERMINE DELLA CATENA
di Giulio Vittorangeli
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento ]
L'ennesima tragedia del mare, l'ennesima strage di immigrati nel Mediterraneo: un barcone di almeno ottanta profughi eritrei dispersi in mare, l'indifferenza di chi avrebbe potuto aiutarli, cinque salvati a stento. Segue puntuale polemica per il mancato soccorso, tra Italia e Malta.
Era già successo ad aprile scorso con la Pinar, la nave turca che dopo aver tratto in salvo 142 immigrati, per giorni nessuno dei due Stati ha voluto accogliere.
Il problema non è Malta o l'Italia. Il problema è la sorprendente velocità con cui si è diffusa la tesi che riduce l'immigrato a nemico.
La stessa velocità con cui si è dimenticata la lezione di Primo Levi: la convinzione che "ogni straniero è nemico giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager".
Come nella Germania nazista, oggi si giudica un essere umano non per quello che è individualmente, ma per il gruppo a cui appartiene. Come nell'Italia fascista, oggi siamo diventati superficiali, passivi e cinici.
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Certo non siamo nella stessa situazione che tra le due guerre mondiali del Novecento partoriva il fascismo e il nazismo; ma pur nella diversità dei tempi e dei modi, ci si incammina (in particolare in Italia) sulla strada di un razzismo che, nel secolo scorso, ha funestato l'Europa.
Nessuno di noi, trent'anni fa, avrebbe immaginato di dover fare i conti nuovamente con il razzismo di Stato, come dimostra la legge n. 94 del 15 luglio 2009 recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", conosciuta più semplicemente come "pacchetto sicurezza".
La verità è che la destra ha già vinto nella società, prima ancora che nelle cabine elettorali. Le sue idee e i suoi "valori" hanno convinto la maggioranza dei cittadini italiani, così come degli altri paesi europei.
La ricetta governativa vuole che si segreghi invece di integrare, si punisca l'immigrato invece del sistema che lo crea, si riempiano le carceri invece di lavorare sulla prevenzione al disagio; e se queste ultime sono affollate e le condizioni di vita all'interno disumane, va bene così. Tanto la giustizia sociale, come direbbe lo scrittore Eduardo Galeano, è più lontana della luna, perchè la luna almeno si vede.
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Per fare tutto questo, non c'è bisogno di nessun fascismo armato, perchè per annientare la coscienza politica basta la televisione. Il potere mediatico di chi possiede tre reti televisive e gran parte delle testate giornalistiche è talmente forte da diventare pregnante.
Così masse di persone sono attratte e affascinate dal "Piccolo Cesare" che infila una dopo l'altra, come perle in una collana, parole piatte, vuote e più drammaticamente parole violente e disumane. Il tutto attraverso discorsi sconnessi e sgrammaticati, campionari di stupidità e di menzogna; come la predica sui valori della famiglia, mentre contemporaneamente si coltivano amanti nelle proprie residenze.
È la violenza della mediocrità, quella sfacciata e presuntuosa, quella narcisistica e sicura di sè, quella ignorante e bieca, quella che dispone di un vocabolario ristretto e ripetitivo, quella che le spara grosse, quella che non ha vergogna della propria volgarità, anzi della volgarità si alimenta, come fosse un nettare inebriante, capace di scatenare l'ovazione delle genti e l'approvazione della corte.
Perchè poi ci sono i "molti" che vorrebbero essere come il "Piccolo Cesare" e che, legati invece e per sempre alla propria condizione immutabile, si accontentano di consegnargli la loro miseria, la loro ignoranza, il loro egoismo, la loro banalità.
Un periodo attuale in cui è tornato a imperversare il culto della personalità, la riproposizione del capopolo e dell'immagine eterodiretta; quella del condottiero, il petto sporgente, la fronte capace, il trucco convinto, la maschera intatta. Deve apparire quale figura incrollabile e sempre presente nell'immaginazione e nei luoghi dove può creare l'attesa, tra le rovine, non importa di che specie, se fisiche o spirituali, e soprattutto quelle paure che è furbizia convertire per il proprio trionfo.
Volete vedere il vero volto dell'Italia del 2009? Basta rivedere uno qualsiasi dei cinegiornali dell'Istituto Luce dell'epoca fascista. Immagini che dovrebbero sembrare incredibili nella loro paradossale evidenza: bagni di folla, parate imperiali, e il sommo duce che si fa monumentale, esempio sublime e inattaccabile, energia che si diffonde e ammalia.
Il regno delle ombre ritorna così travestito da lustrini televisivi che tanta suggestione esercitano sulle menti e sugli animi.
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Non è più lecito rimanere inerti.
Tratto da Marted́ 25 Agosto,2009 Ore: 16:54 |