Passata la nuttata, cosa ci rimane?
di Marco Lombardi
Trascorsa la notte e passata la sbornia della prima, vera débacle pubblica di Silvio Berlusconi, la domanda è sempre la stessa: e ora? Perché se la differenza tra falchi e colombe sta solo nel modo diverso di concepire la democrazia interna di un partito nato feudale, proprietà del padrone, non si vedono motivi per essere più sereni. Enrico Letta, da ieri certamente più simpatico a molti telespettatori - quel suo "grande", richiama lo sbeffeggiamento della piazza di fronte alla performance dello scemo del villaggio -, ha lodato l'epoca d'oro dell'Italia targata DC, semplificando un quadro storico in cui ben più numerose variabili, non più riproducibili oggi, favorirono il boom italiano. Ma fu un boom senza guida politica, che lasciò il paese a se stesso, pur con una classe dirigente, la così detta borghesia illuminata, che riusciva da sola, nella pubblica amministrazione come nelle imprese, a creare ricchezza e benessere. Il grande centro che si prospetta, a questo punto, almeno fino al 2018 e su cui si modellerà la nuova legge elettorale, riproporrà quella non politica dello sviluppo, con l'aggravante di una élite burocratica ed imprenditoriale notevolmente meno colta, meno capace, meno creativa e pure meno educata. E' indubbio che il ventennio della seconda repubblica abbia peggiorato i mali della prima e che, forse, l'Italia non potrà mai avere culture politiche contrapposte sulla base di concezioni del mondo e modelli economici sì diversi, ma altrettanto validi e condivisibili. Siamo il paese dell'intruglio, della sbobba senza un particolare sapore o ingrediente principale, buono per tutti i palati e che sì, sfama, ma non irrobustisce. Neppure la speranza di vivere da diversamente democristiani, ormai ci resta più.
Marco Lombardi
Giovedì 03 Ottobre,2013 Ore: 21:40 |