Domenica 29° Tempo Ordinario Anno C
A scuola di Laicità!
di don Aldo Antonelli
Inquadriamo bene la scena. Gesù è in cammino e sta andando verso Gerusalemme. La strada è la sua dimora e la sua cattedra: casa, scuola e campo di lavoro.
L’evangelista Luca narra che «Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato! ”».
Non so se il comando di Gesù “Andate a presentarvi ai sacerdoti” fosse paradossale, o strategico, o sarcastico (visto che lui ce l’aveva con i sacerdoti…!). Fatto sta che alla fine Lui loda l’unico che ha disobbedito, non andando dai sacerdoti ma tornando in dietro. E non a caso si tratta di un “eretico”, un samaritano, uno “straniero”: estraneo alla civiltà dei Giudei (i samaritani erano discendenti da coloni asiatici); estraneo alla religione del Tempio di Gerusalemme (si erano costruiti addirittura un altro tempio e forse lui non frequentava nemmeno quello).
Siamo a scuola di quella Laicità secondo la quale gli autentici valori (nel nostro caso la riconoscenza) non devono essere battezzati né sempre crescono all’ombra dei pinnacoli dei templi o all’ombra dei campanili.
Quanto sarebbe bello che noi cristiani ci sentissimo, sì, figli della Chiesa, ma non prigionieri di essa! Capaci di apprezzare le cose “belle, vere e giuste” da dovunque esse vengano: in un mondo senza recinti, senza prescrizioni e senza scomuniche.
Oggi, grazie a Dio, abbiamo un Papa che queste cose ogni tanto ce le ricorda.
Nel passato, dopo Gesù, abbiamo avuto dei profeti che ce le hanno richiamate!
Mi limito a due soli nomi: padre Giovanni Vannucci e padre Ernesto Balducci.
Il primo, a commento di questo brano, negli anni ’70, scriveva:
«L'azione si svolge tra Cristo e il sacerdozio ufficiale del tempio ebraico; i dieci lebbrosi in cammino tra questi due poli sono la figura di noi uomini. Guariti da Cristo, ricevono l'ordine di presentarsi al sacerdozio ufficiale per le purificazioni e il riconoscimento della guarigione. Nove, dimenticando l'autore della guarigione, si perdono nel tempio e nel suo cerimoniale. Uno solo ritorna a Cristo: il Samaritano, l'eretico che ,non si trovava a suo agio nel tempio di Gerusalemme, ma il cui cuore sensibile e grato lo riconduce a Cristo, a Colui che salva mediante la fede in lui riposta».
(La Vita senza fine; Servitium editrice; p.203)
Balducci, in quegli stessi anni, pure commentava in questi termini:
«La parola del Signore oggi ci parla della salvezza concessa a coloro che erano stranieri per Israele, e addirittura — come il Samaritano — eretici. La salvezza non dipende dalle osservanze giuridiche, dalle discipline ecclesiastiche, dalla fedeltà formale alla vita religiosa a cui siamo educati. La salvezza di Dio è per tutti gli uomini. E’ un tema che tante volte ci ritorna sulle labbra e che, ogni volta, ha un suo colore di attualità su cui è bene soffermarsi.
Siamo eredi di una dottrina teologica secondo la quale, per essere salvi, bisogna essere nella vera Chiesa. Ci sono perfino solenni dichiarazioni conciliari del passato, in cui si nega che ci sia possibilità di salvezza per coloro che non appartengono alla vera chiesa. Era come se il Dio della salvezza ci appartenesse in proprio, come se ne avessimo il monopolio. Attorno a questo asse presuntuoso si organizzava una strategia pastorale mossa dall'idea che tutti quelli che erano fuori dai nostri confini erano praticamente condannati: salvo (questo sempre è stato ammesso) qualche altro consiglio di Dio. Di qui il nostro atteggiamento aggressivo, la nostra attività proselitistica priva di rispetto per i movimenti spontanei delle scienze, anzi per i movimenti imprevedibili dello Spirito Santo, con cui Dio crea le cose e le redime».
(Il mandorlo e il fuoco; Vol. 3° - Borla1979; p.337)
Venerdì 11 Ottobre,2013 Ore: 18:09 |