Maria Madre di Dio – B – Venerd́ 1° Gennaio 2010 –

di Paolo Farinella, prete

Maria Madre di Dio – B[1]
– Venerdì 1° Gennaio  2010 –
Nel 1969, attuando la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e con la pubblicazione del Messale romano riformato, Paolo VI ha dedicato il 1° giorno dell’anno civile a «Maria Santissima Madre di Dio». A questa giornata associò anche la Giornata mondiale della Pace che ogni anno ha un tema particolare di riflessione[2]. La scelta di dare una connotazione marcatamente mariana al giorno dedicato alla «circoncisione» di Gesù non fu indolore perché ricevette le critiche di chi affermava la preminenza cristologica della liturgia. Il papa, dal canto suo, voleva smorzare le critiche di segno opposto: di chi accusava il concilio di avere ceduto alla teologia «protestante», sminuendo in modo eccessivo la figura di Maria[3].
In questo giorno si celebra il Figlio di Dio nato dalla figlia di Sion che lo offre al mondo: il Figlio di Maria, circonciso nell’alleanza della Pace (Nm 25,12; cf 1Mac 8,20.22) che è il nuovo «nome» della salvezza messianica: il Messia che viene è, infatti, «il Principe della Pace» (Is 9,5) che viene a portare non una pace esteriore, ma la Pace essenziale, «quella sua» che è il fondamento della giustizia e della fede testimoniata: «Vi lascio la pace, vi do la pace, quella mia. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). La pace non è un dato acquisito una volta per tutte; essa è «un lascito» un testamento che bisogna attuare e custodire, un impegno da accogliere e costruire lungo tutta la vita: «Vi lascio la pace, quella mia – eirênēn afìēmi hymîn, tēn emên». La pace non è un istinto naturale, ma un comandamento di alleanza ricevuto e accolto che bisogna seminare e coltivare per il mondo presente e quello futuro.
Solo la poesia ispirata di Dante ha saputo evocare la singolare sintesi tra divino e umano che la donna di Nàzaret, grande perché ignara, ha potuto realizzare con la grazia dello Spirito : «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio …» (A. Dante, Divina Commedia, Paradiso, XXX, 1). Questa festa è anche un punto d’incontro con le chiese d’oriente che celebrano con grande venerazione la Theotòkos/Madre di Dio.
La prima attribuzione del titolo di Madre di Dio a Maria di Nàzaret è di natura popolare ed è databile tra il sec. I e il sec. II d.C., quando si consolida la figura di Maria nell’organizzazione della liturgia della chiesa delle origini. Il concilio di Efeso (22 giugno – 22 luglio 431) dà conferma ufficiale e dogmatica alla fede del popolo già diffusa e professata, dichiarando Maria di Nàzaret «Theotòkos-Madre di Dio». Dicono le cronache che l’Imperatore Teodosio (379-395) favorevole a Nestòrio (ca. 381- ca. 451), che negava la maternità divina di Maria, non voleva firmare il decreto del concilio, ma firmò quando vive un’immensa folla, spontaneamente convenuta davanti alla basilica di San Giovanni dove avvenne la dichiarazione conciliare per inneggiare a Maria la Theotòkos/Madre di Dio in un tripudio di festosità. L’imperatore impressionato accettò e diffuse il decreto conciliare contro Nestòrio. Il popolò accompagnò ogni singolo vescovo alla propria dimora, illuminando la città con la luce delle torce e cantando inni di ringraziamento. Era l’11 ottobre dell’anno 431[4].
Nel 1962, esattamente 1531 anni dopo, Papa Giovanni XXIII volutamente volle iniziare il Concilio Vaticano II il giorno 11 ottobre in memoria del concilio di Efeso (431) e per ricollegarsi al tempo in cui la chiesa indivisa d’oriente e d’occidente professava la stessa fede[5].
 
Dopo la proclamazione del concilio di Efeso, a Roma, papa Sisto III (432-440) fece restaurare la basilica eretta del sec. IV sul colle Esquilino, consacrandola alla vergine Maria. La basilica si chiama ancora oggi Santa Maria Maggiore perché fu la prima basilica dedicata alla Madre di Dio in Occidente. Già prima del sec. VI la basilica era anche detta «S. Maria ad praesepe» perché conservava antiche tavole di un’antica mangiatoia che la devozione popolare identificò con quella della grotta di Betlemme. La celebrazione liturgica della dedicazione della basilica diventa ufficiale nel calendario romano soltanto nell’anno 1568.
L’ottava di Natale coincide anche con l’inizio dell’anno civile che così è messo sotto la protezione della Donna di Nàzaret la quale per grazia di Dio fu scelta come Madre del Creatore e Redentore, Madre e Sorella nostra. L’anno inizia col genere femminile. Sul nuovo anno invochiamo lo Spirito di Dio. Facciamo nostre le parole dell’antifona d’ingresso (Cf Is 9,2.6; Lc 1,33): Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore; Dio onnipotente sarà il suo nome, Principe della Pace, Padre dell'eternità: il suo regno non avrà fine.
 
Spirito Santo, tu sei la benedizione feconda del Padre e del Figlio,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu fai brillare su Israele e sulla Chiesa il volto di Dio,                      Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu volgi il cuore dei figli verso il volto della Trinità,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu generi in ogni cuore il dono messianico della Pace,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu poni il Nome santo e benedetto di Dio sul suo popolo,                 Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu riveli le vie della salvezza alle genti del mondo,              Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu susciti l’esultanza dei popoli che temono Dio,                             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu accompagni il tempo alla pienezza della rivelazione,                   Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu guidasti Maria ad accogliere da donna il Figlio di Dio,                 Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai fatto di Maria la Madre di Dio e Madre nostra,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci insegni la via del riscatto dalla legge disattesa,                        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu gridi nel cuore di ogni persona: «Abbà/Padre!»,                         Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci liberi da ogni schiavitù per farci eredi del Regno,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu suscitasti i pastori ad andare a trovare il Messia,                        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ispirasti i pastori a riferire lo stupore di quel Bambino,                Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai animato la lode dei pastori che glorificavano Dio,                  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai rivelato a Maria e a noi il «mistero» del Nome Gesù,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu manifesti a noi che il Bambino Gesù è «Dio che salva»,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu resti con noi per sempre a scaldare il nostro cuore,                    Veni, Sancte Spiritus!
 
Gli Ebrei celebrano il capodanno, in ebraico Rosh Hashanàh (lett. «testa/inizio dell’anno») tra settembre e ottobre (mese di Tìshri) che dura dieci giorni e si conclude con lo Yom Kippur/Giorno dell’Espiazione. E’ il giorno del giudizio e si suona il corno di ariete in memoria della legatura di Isacco sul monte Moria (cf Gen 22,1-19). Sentendo il suono del corno, Dio si ricorda di Isacco e del suo sacrificio e invece di punire Israele, lo perdona per i meriti del loro Patriarca: la misericordia ha il sopravvento sul castigo: «Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno» (Sal 85/84,11). In questo giorno gli Ebrei pregano: «O Signore nostro e Dio dei nostri padri regna sull’intero mondo nella tua Gloria e sorgi su tutta la terra nella tua Maestà» (Ufficio di Rosh Hashanàh, Shemoné Esre, ’Elohènu ve’lohe).
 
Nota: L’«Aqèdàh – legatura» di Isacco.
«Raggiunta la sommità [del monte Mòria], il padre [Abramo] si accinse ad erigiere l’altare del sacrificio, mentre Isacco lo aiutava portandogli pietre e malta. Terminato il lavoro, Abramo prese la legna e la sistemò sull’altare, poi, prima di adagiare il figlio sulla pira e scannarlo quale olocausto al Signore, lo legò [eb.: wayya‘aqod – legò, dal verbo ‘aqàd, da cui ‘aqedàh – legatura]”. Gli disse allora Isacco: “Padre, presto, snuda la tua arma e legami ben stretto, mani e piedi: io sono un uomo giovane, ho appena trentasette anni, mentre tu sei vecchio. Non vorrei, nel veder eil coltello nella tua mano, essere colto dal panico e respingerti, spinto da quella forza indomabile che è l’istinto di sopravvivenza. Così facendo potrei anche procurarmi una ferita, una lesione che mi renderebbe inidoneo al sacrificio. Ti prego, padre mio, affrettati a compiere il volere del Signore, non indugiare. Rimboccati la veste, cingiti i lombi, e dopo avermi scannato bruciamo finché non sarò polvere; poi prendi le mie ceneri, portale a mia madre Sara e lasciale a lei, dentro un’urna: ogni volta che entrerà nella sua stanza, si ricorderà di suo figlio Isacco, e piangerà … Dopo avere disposto la legna e legato Isacco sull’altare, sopra la pira, Abramo gli assicurò le braccia, si rimboccò la veste e premette forte su di lui con le ginocchia. Iddio, seduto sul Suo trono eccelso, vide come i loro due cuori diventavano uno solo, vide le lacrime di Abramo che cadevano su Isacco, e quelle di Isacco che cadevano sull’altare, inondato del pianto di entrambi. E nel momento in cui Abramo stese la mano e prese il coltello per sgozzare il suo figlio, Dio disse agli angeli: “Avete visto come il mio amato Abramo proclama nel mondo l’unicità del mio Nome? … L’arcangelo Michele gridò ad Abramo: “Abramo! Abramo!  Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male … Abramo lasciò Isacco, reso alla vita dalla voce celeste che aveva fermato il gesto di suo padre. Slegato che fu, Isacco si alzò in piedi e recitò questa benedizione: “Benedetto sii Tu, Signore nostro Dio che fai risuscitare i morti”. [Dio disse ad Abramo:] “Alza gli occhi, voltati, e vedrai la vittima dietro di te”. Abramo ubbidì e, impigliato fra i rovi, scorse quel capro che Dio aveva creato all’approssimarsi del primo sabato del mondo, destinandolo sin da allora a servire da olocausto in luogo di Isacco …  [Disse] Abramo: “Quando i discendenti di Isacco commetteranno dei peccati che saranno per loro fonte di disgrazie, Tu potresti ricordarti del loro padre, perdonare la trasgressione e affrancarli dal dolore”. Dio [rispose]: “Quando, nel tempo a venire, i tuoi figli peccheranno al Mio cospetto, Io li giudicherò nel giorno di Capodanno. Se vorranno il mio perdono, in quel giorno suoneranno il corno di montone e Io, memore dell’animale che ha sostituito Isacco nel sacrificio, perdonerò i loro peccati”»[6].
 
Il capodanno cristiano si apre non all’insegna del giudizio, ma della maternità che offre al mondo «Colui che viene, Benedetto nel nome del Signore» (Sal 118/117,26; Mt 21,9; 23,39, ecc.). Il segno distintivo di questo 1° giorno dell’anno è la benedizione, che daremo nella forma più antica conosciuta, la benedizione di Aronne (cf Nm 6,24-26), che San Francesco di Assisi utilizzerà in tutta la sua vita, tanto che popolarmente oggi è conosciuta come «benedizione di san Francesco». Benedire vuol dire rendere fecondo chi si benedice[7] e oggi ci viene consegnata la possibilità di rendere fecondo e quindi vitale l’anno che andiamo a cominciare. L’alternativa è essere e restare sterili. Con l’ingresso del Verbo nel mondo il giudizio di Dio è già dato: «che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato» (Gv 6,39). Iniziamo dunque il nuovo anno, ponendolo e ponendoci sotto lo scudo della benedizione di Dio perché come Maria di Nàzaret possiamo essere capaci di generare relazioni trinitarie ovunque siamo chiamati a vivere
 
 (ebraico)
Beshèm
ha’av
vehaBèn
veRuàch
haKodèsh.
Amen.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e dello Spirito
Santo.
 
«Tutti infatti peccarono e furono privati della Gloria di Dio» (Rom 3,23). All’inizio del nuovo anno invochiamo la Gloria e la Maestà di Dio: regnino sempre su di noi e su ogni nostra scelta o nostro pensiero, attività, relazione, respiro, sofferenza, gioia… tutto sia vissuto e amato «per la sua gloria immensa». Che ciascuna e ciascuno di noi in questo anno nuovo viva una vita piena come gloria del Dio vivente (Sal 8,3-5).
Chiedendo perdono dei nostri peccati e delle nostre insufficienze, dei nostri fallimenti e dei nostri tradimenti, della volontà di fare il bene, mentre invece ci siamo trovati a fare il male. «Confessiamo» che il Signore è il nostro Dio, il nostro Creatore e il nostro Redentore.  Cerchiamo con serena coscienza la sua volontà alla quale vogliamo adeguarci per porla come fondamento della nostra libertà. Il giudizio che Dio pronuncia su di noi è sempre in Cristo un giudizio di perdono e di accoglienza in quanto Dio è giusto perché perdona.
 
 [Esame di coscienza reale, con congruo silenzio, poi]
 
Signore, Dio dell’eternità e creatore del tempo, tu ci convochi a darti «Gloria»,              Kyrie, elèison!
Cristo, ti sei fatto schiavo della Legge per liberarci da ogni schiavitù,                              Christe, elèison!
Signore, ti sei manifestato ai pastori, esclusi dal Tempio perché impuri,              Pnèuma, elèison!
Cristo, ci concedi un altro anno per Glorificarti nei fratelli che incontriamo,                      Christe, elèison!
Cristo, Figlio del Dio vivente, abbi pietà di noi,                                                               Christe, elèison!
Cristo, Figlio della Santa Vergine Maria,, abbi pietà di noi,                                              Christe, elèison!
 
Manda su di noi, Signore, il tuo Santo Spirito, che purifichi con la penitenza i nostri cuori e ci trasformi in sacrificio a te gradito; nella gioia di una vita nuova loderemo sempre il tuo Nome santo e misericordioso. Per i meriti di Gesù Cristo nostro Signore, morto e risorto per noi. Amen!
 
All’inizio dell’anno civile come segno di disponibilità alla conversione, compiremo tre gesti: diremo una parola di consolazione, compiremo un gesto di accoglienza, pregheremo come ci suggerisce il nostro cuore per quanti sono lacerati dall’odio e dalla violenza perché riscoprano la medicina del perdono.
 
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo,  ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. [breve pausa 1-2-3]
 
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]
 
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo:  [breve pausa 1-2-3]
 
Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Mensa della Parola
Prima letturaNm 6,22-27. Per il calendario gregoriano (inizio 15 ottobre 1582) l’ottava di Natale coincide con il 1° giorno dell’anno civile su cui invochiamo la benedizione di Aronne, la più antica attestata dalla Scrittura (Num 6,23-27) e impartita al termine delle celebrazioni liturgiche. In origine forse era una formula magica perché in ebraico la 1a invocazione è composta da tre parole, la 2a da cinque e la 3 a da sette parole, in un crescendo dinamico, proprio dlele formule magiche. Essa è centrata sul Volto e sul Nome di Dio che indicano la Persona stessa della Divinità perché la benedizione è una relazione d’intimità.  In Cristo, Volto e Nome di Dio sono visibili e accessibili (Col 1,15-20). Sì! possiamo vedere il Volto di Dio senza più morire (Es 3,6; 33.20.23) e possiamo pronunciare il Nome di Dio senza più paura perché è un Dio «che fa grazia/propizio» (Nm 6, 25), un Dio che «benedice» (Nm 6,23.24.27) concedendo la sua fecondità nel dono totale della «pace» (Nm 6,26).
 
Dal libro dei Numeri 6,22-27
22 Il Signore parlò a Mosè e disse: 23 «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli israeliti: direte loro: 24 Ti benedica il Signore e ti custodisca. 25 Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. 26 Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. 27 Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». - Parola di Dio.
 
Salmo responsoriale67/66, 2-3; 5; 6-8. Il salmo è un inno collettivo, probabilmente cantato per la conclusione della stagione dei raccolti (fine autunno). E’ un invito alla terra e ai popoli di lodare il Signore. Si percepisce il clima di ottimismo e di gioia che i cristiani fanno proprio anche in pieno inverno perché essi raccolgono il frutto della vite che Dio aveva divelto in Egitto e piantato in Israele: il Messia Gesù, la Benedizione del Padre su tutta l’umanità.
 
Rit. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
 


1. Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
3
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
2. 5 Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,

 
governi le nazioni sulla terra.
3. 6 Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
8 Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra


 

Seconda letturaGal 4,4-7. Non comincia solo un’èra nuova, ma il tempo raggiunge «adesso» la sua pienezza, cioè il tempo è diventato maturo per accogliere Dio, anche se lo rifiuta. La pienezza/il compimento si manifesta in un Figlio che nasce da donna, sottomesso alla Toràh che non libera e infine nella presenza dello Spirito Santo che ci consente oggi di celebrare l’Eucaristia e di chiamare Dio con il nome di «Padre».
 
Dalla lettera di Paolo apostolo ai Gàlati 4,4-7
Fratelli e Sorelle, 4 quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio. - Parola di Dio.
 
VangeloLc 2,16-21. Il vangelo di oggi è lo stesso della Messa della Veglia e della Messa dell’aurora di Natale, ma riportato solo parzialmente. Un testo unico che la liturgia spezza in tre parti. Questo brano è stato scelto oggi per il v. 21 dove si parla della presentazione al Tempio al giorno ottavo per la circoncisione e l’imposizione del Nome. Oggi il Figlio di Dio diventa ebreo a tutti gli effetti, determinando così le radici giudaiche della nostra fede cristiana. Ascoltando la Parola e vivendo l’Eucaristia, come Maria, ebrea anch’essa, conserviamo nel nostro cuore il nostro essere cristiani autentici, fondato e radicato nel nostro sentirci «spiritualmente» ebrei.
 
Canto al Vangelo Eb 1,1-2       
Alleluia. Molte volte e in diversi modi * nei tempi antichi Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti, /
ultimamente, in questi giorni, * ha parlato a noi per mezzo del Figlio. A
lleluia.
 
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i pastori] 16 andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19 Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20 I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. 21 Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo. - Parola del Signore.
 
Spunti di omelia
Quattro sono i temi importanti di oggi: la benedizione, la circoncisione dell’ottavo giorno, la pace e la donna nel segno della maternità che offre al mondo il Figlio il cui nome è «Principe della Pace» (Is 9,5). Temi impegnativi che non possono essere affrontati insieme, considerata la loro rilevanza e la brevità di un’omelia. Ci limitiamo pertanto a fare una sintesi armonica dei quattro temi che centriamo attorno al concetto di «benedizione», rilevantissimo dal punto di vista biblico e forse una scoperta per molti di noi[8].
La liturgia giudaico-cristiana si conclude sempre con la «benedizione», così come ogni preghiera giudaica si apre sempre con una benedizione a Dio, il «Benedetto» per eccellenza: «Bārûk ’attà, Adonai… Benedetto [sei] tu, Signore…». L’inizio del nuovo anno è messo sotto il segno della benedizione così come, se guardiamo la storia della salvezza registrata nella rivelazione scritta, sulla coppia umana appena creata, Dio pronuncia la prima parola che è una benedizione: «Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi…”» (Gen 1,28). In queste parole sono associate benedizione e fecondità: «li benedisse…siate fecondi». E’ spontaneo chiedersene il motivo che stimola un’altra domanda: che cosa significa «benedire/benedizione»
Il verbo benedire e il sostantivo benedizione in secoli di pratica cultuale hanno perso il loro significato originario. Vogliamo tentare di recuperare una dimensione biblica senza pretendere di esaurire tutta la complessità di significato che questi termini hanno. Ecco il significato di benedire/ benedizione.
In ebraico il verbo bārak (radice brk)  significa dotare di forza vitale/ e il sostantivo berākāforza salutare, vitale. I due termini, sulla scia dell’accadico e dell’arabo hanno anche il significato di inginocchiarsi e ginocchio che in oriente sono un eufemismo, cioè un modo attenuato e indiretto, per indicare gli organi sessuali maschili. In sintesi: benedire significa trasmettere la propria capacità generativa ad un altro rendendolo fecondo. L’azione del benedire è unica, si può dare cioè una sola volta nella vita e non può più essere revocata.
Quando l’Ebreo benedice Dio usa sempre il participio passato passivo bārûk-benedetto perché in Dio la benedizione è uno «stato» permanente della sua persona, mai un augurio: «Sia benedetto!» che indica un compiersi nel tempo. Dio è Benedetto. Sempre. Lui è  la benedizione.
Quando Dio benedice l’uomo trasmette la sua potenza vitale, la sua capacità generativa per renderlo partecipe della sua paternità generante. «Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi…”» (Gen 1,28) dove il nesso tra benedire ed essere fecondi, cioè generare è esplicito. Se a questo aggiungiamo che in Gen 1,27 «Creò Dio Adam a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina lo/li creò», la connessione è definitiva. «Maschio» in ebraico si dice «zakàr» e significa «pungente», mentre «femmina» si dice «nēqēbàch» e significa «perforata». La sessualità realizzata del pungente e della perforata fanno/sono l’immagine di Dio che rende feconda la nuova realtà, la «coppia» come nuova personalità. Con la benedizione Dio e la coppia generano figli che sono «come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa» (Sal 128/127,3).
Quando l’uomo benedice trasmette tutta la sua energia di vita a colui che è benedetto. Dopo il fratricidio di Abele per mano di Caino, dice il testo ebraico: «la voce dei sangui- de (sic! al plurale) di tuo fratello gridano  a me dal suolo» (Gen 4,10). I sangui! cioè tutte le generazioni future contenute nel grembo di Abele e stroncate da Caino urlano a Dio perché futuro e presente sono legati in vita e in morte.
Benedire l’anno nel suo principio temporale significa la volontà di estirpare ogni intenzione di violenza e di sangue da ogni rapporto sociale perché benedire significa, in questo contesto non solo assenza di guerra (prosperità), ma anche Pace (benessere). Partecipare alla «benedizione» del primo dell’anno significa impegnarsi ad essere uomini e donne costruttori di pace, donne e uomini che s’impegnano a generare di suo la fecondità generativa della vita di cui la donna è l’archetipo originario perché tesse la vita come relazione d’amore. L benedizione di Dio è un progetto di speranza e di prosperità proiettato sul futuro e dunque è il contrario speculare della guerra. Nessuno uomo o donna che fomentino, giustifichino o si rassegnino alla guerra, qualsiasi guerra, può partecipare alla benedizione, né può riceverla, né può darla. Chi pensa con categorie di guerra è semplicemente sterile, frustrato, inerte e inutile perché vive con categorie di morte senza prospettiva. La guerra non solo è infeconda, ma rende infecondo anche il desiderio del futuro perché dietro di sé lascia una scia di morte che per essere purificata esige generazioni di sterilità.
In Gen 27 Giacobbe, complice la madre, carpisce con inganno la benedizione al fratello maggiore, Esaù. Il quale Esaù, appena se ne rende conto, corre dal padre e implora per sé la benedizione, ma il padre Isacco non può fare nulla perché benedicendo il figlio minore, che per questo «l’ho benedetto e benedetto resterà» (Gen 27,33), si è svuotato definitivamente di tutta la sua capacità generativa. Esaù  supplica il padre piangendo: «Non hai forse in serbo qualche benedizione per me? … Hai una sola benedizione, padre mio? Benedici anche me, padre mio» (Gen 27,36.38). Isacco non può più benedire Esaù perché ha trasmesso a Giacobbe tutto il suo seme promessa/premessa del futuro. La benedizione/fecondità patriarcale conduce la storia della salvezza verso il futuro e viaggia attraverso il figlio minore e non il maggiore. Isacco accompagna Giacobbe, che deve scappare dall’ira del fratello Esaù, con queste parole: «Ti benedica Dio onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi» (Gen 28,3) che sono l’eco di Dio creatore in Gen 1,28: «Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi…”».
La benedizione come atto che trasmette la vita e la capacità di generarla in ogni relazione umana, comprende due elementi: il gesto dell’imposizione della mano o delle mani e una parola che accompagna e spiega il gesto. Il gesto senza la parola è solo mimica, la parola senza il gesto è solo suono evanescente. E’ la stessa dinamica della creazione: «Dio disse… e così fu». Parola e fatto. Dabàr/Lògos. La Parola è il senso dell’avvenimento che è incarnazione della Parola. Non a caso gli avvenimenti della storia personale, di coppia, di famiglia, di comunità, di popolo, di popoli sono «le parole» con cui Dio parla agli uomini e alle donne di tutti i tempi, mentre la Scrittura ne è il codice cifrato per comprenderne senso e portata, in forza del principio che Dio parla agendo e agisce parlando.
In sintesi, benedire vuol dire essere in comunione di vita con colui/coloro che ricevono la benedizione; in senso spirituale significa generare colui/coloro che si benedice. Altrimenti: chi benedice è responsabile della vita di colui/coloro che benedice
Il nostro tempo è segnato da una sciagura: le parole sono separate dagli avvenimenti e spesso, le parole si rincorrono a vuoto approdando a nulla. Si rischia di perdere la parte migliore della vita, se non si riscopre il nesso amoroso e generante tra parola ed evento della vita: è il senso della benedizione dell’esistenza, quell’evento di vita e di amore che ci genera gli uni agli altri per renderci fecondi gli uni per gli altri. La frattura diventa cataclisma, quando sono le guide (genitori, insegnanti, formatori, presidenti del consiglio, deputati, superiori, parroci, vescovi…) a smarrire il raccordo tra parola ed evento, generando incertezza nei loro governati: i sangui degli eventi taciuti urlano a Dio la responsabilità di chi per opportunismo o convenienza non raccorda evento e parola. Alla benedizione si ricollega anche la circoncisione al «giorno ottavo», perché consiste nell’incisione del prepuzio del pene maschile come segno di appartenenza al«regno di sacerdoti, una nazione santa» che è il popolo d’Israele (Es 19,6).  In questo giorno, «otto giorni dopo» si dava anche il nome al nascituro, il nome che ne esprimerà la profonda natura per sempre perché il nome non è un’etichetta di distinzione, ma il segno fragile dell’anima interiore.
Nel vangelo di Lc, il numero «otto» segna la vita di Gesù: all’ottavo giorno è circonciso (Lc 2,21) e riceve il «nome che è sopra ogni altro nome» (Fil 2,9), cioè Gesù / Iēsoûs / Yehoshuà’; «otto giorni dopo» si trasfigura sul monte (9,28) e infine risorge (24,1, dove si usa l’espressione liturgica «nel primo giorno dei sabbati» che è formula tecnica per indicare il giorno ottavo). In tutta la tradizione giudaica e patristica il giorno ottavo è descritto come il giorno del Messia. Nell’alfabeto ebraico il «n. 8» corrisponde alla lettera x (heth) che è chiusa da tre lati, ma aperta sul quarto, quello verso il basso, verso la terra: dall’alto al basso, dal cielo alla terra, da Dio all’uomo perché i cieli possano riversarsi sulla terra: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19), riallacciando il colloquio d’intimità spezzato da Adamo ed Eva (Gen 2,8). E’ il movimento dell’incarnazione.
La festa ebraica di Sukkôt-Capanne durava sette giorni, ma era prolungata di un giorno per completarla con Shemini azeret L’ottava assemblea solenne che aveva una forte connotazione messianica (Zac 14,16) perché si compivano due sacrifici: uno per la remissione dei peccati del popolo  (Antichità Giudaiche,X, 4, 245-247) e nel secondo si sacrificavano settanta buoi, uno per ogni popolo esistente sulla terra (Talmud (Sukkôt 55b) in espiazione per la loro salvezza,  nella festa delle capanne che aveva una forte connotazione messianica. E’ l’espiazione universale di cui s’investirà Gesù sulla croce.
Il Midrash Cantico rabbà 1,1 riporta l’elenco dei dieci cantici che segnano la storia della salvezza: «Dieci cantici sono stati detti in questo mondo... Il primo cantico lo disse Adamo… L’ottavo cantico lo disse Davide, re d’Israele, per tutti i prodigi che aveva fatto per lui il Signore; egli aprì la sua bocca e disse il cantico, come sta scritto: E Davide in profezia cantò la lode davanti al Signore (2 Sam 22, 1/ targum)».
Davide re e pastore immagine, tipo e padre del Messia pastore e redentore, conclude l’ottavo cantico profetizzando il Messia, sua discendenza regale. Nella Bibbia greca della Lxx in 2Sam 22,51 l’ottavo cantico si conclude con un riferimento esplicito al Messia: «Al suo cristo/unto, a David e alla sua discendenza per sempre». E Davide nel Sal 12/11,1 canta al Messia sull’ottava corda dello strumento musicale che accoglie il suo discendente nel volto di quel Bimbo circonciso «quando furono compiuti gli otto giorni» perché assume la missione del Messia salvatore e pastore d’Israele che guida nel mondo futuro, nel mondo dei redenti. E’ la conclusione della storia. E’ il ritorno all’Eden dell’«in principio».
Il 1° gennaio, capodanno civile, memoria della circoncisione di Gesù, solennità della Madre di Dio ci introduce con la cetra a otto corde in un nuovo anno, un anno sotto segno del Messia redentore che riceve il nome di Gesù / Iēsoûs / Yehoshuà’ che significa «Dio è salvezza». Il 1° gennaio è anche il giorno della Pace che il Bimbo appena circonciso ci lascerà come suo testamento e obbligo: «La pace vi lascio, la pace, quella mia, vi do» (Gv 14,27).
Iniziando l’anno civile, entriamo dunque nella benedizione di Dio, diventando noi stessi un nome che porta benedizione e fecondità nel segno della Madre che ci insegna come essere fecondi sempre della Parola che si trasforma in rito e del rito che diventa vita, lungo le strade della nostra esistenza, in ogni incontro che sperimentiamo come testimoni risorti di quel Dio-Bambino che oggi diventa benedizione sparsa su noi e davanti al quale noi pronunciamo, benedicendo, il nostro «Amen!» in attesa del nostro giorno ottavo quando entreremo con il Messia nel «regno preparato per noi fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,34; cf Mishnàh, Pirqé Avot, 5, 6).
 
PROFESSIONE DI FEDE
Facciamo la nostra professione di fede rinnovando gli impegni del battesimo che abbiamo ratificato tante volte: lo facciamo nella memoria dei nostri genitori, grati a loro perché ci hanno innestato nella vite che è Cristo. Anche le promesse del battesimo come il Credo ha una andamento trinitario che naturalmente diventa ecclesiale perché la Chiesa-Assemblea è il «sacramento» della sua visibilità.
 
Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra?                          Credo.
Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine,
morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre?                         Credo.
Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,
la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna?                            Credo.
Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede
che noi ci gloriamo di professare, in Cristo Gesù nostro Signore.                                     Amen.
 
Preghiera dei fedeli
 All’inizio di un anno nuovo, veniamo dalle nostre famiglie e dalla nostre case, dai nostri affetti e dalle nostre preoccupazioni per essere la famiglia della famiglie di Dio, la casa affettuosa dove ognuno si senta a suo agio, accolto e benedetto. Dio solo scruta il nostro cuore e solo Lui valuta i nostri bisogni in ragione della nostra salvezza. Iniziamo l’anno nel segno della Donna e nelle sue mani deponiamo la nostra attesa e la nostra fede. La benedizione di Dio, che è la sua fecondità scenda copiosa su di noi, e attraverso di noi sul mondo intero e sulla Chiesa.
Su di noi che iniziamo l’anno civile nel segno della Benedizione,
Sia benedetto Colui che viene Benedetto del Padre, Vieni, Signore Gesù!
Sui figli, bambini e bambine di cui gli adulti sono custodi,
Sui nostri figli lontani, sui nostri figli vicini o distanti! Vieni, Signore Gesù!
Sulle persone che amiamo con le quali condividiamo gioie e dolori,
Su chi ama, su chi serve, su chi soffre e chi spera,               Vieni, Signore Gesù


Su chi inizia l’anno senza luce, affogato nel buio dell’incertezza,
Su tutto il mondo, martoriato da guerre, carestie e siccità, Vieni, Signore Gesù!
Su di noi e sul nostro cuore, oggi, domani, sempre nel Nome Santo di Dio:
 
Su tutti noi sia la luce del Natale, la conversione del cuore, la benedizione del Padre, la Vita del Figlio e la forza dello Spirito perché con l’aiuto di Dio possiamo iniziare e portare a termine il nuovo anno e viverlo in benedizione vivente e generante per chiunque incontriamo nel nostro cammino. Amen! Amen!
 
Liturgia eucaristica
Invochiamo il dono della pace che ci siamo scambiati su di noi, sulle persone che amiamo, che ci fanno soffrire, sulle nostre famiglie, sulla Chiesa e sul mondo, dicendo tutti insieme:
 
Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi do la pace, vi do la mia pace”, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni per tutti i secoli dei secoli. Amen.
La Pace del Signore sia con voi.                        E con il tuo Spirito
 
Prima di presentare le offerte, memori delle parole del Signore che c’invita a riconciliarci prima di celebrare l’Eucaristia, scambiamoci un gesto sincero di pace e di accoglienza.
 
Presentazione delle offerte [la benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.              Benedetto nei secoli il Signore.
 
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
 
Preghiamo (sulle offerte).O Dio, che nella tua provvidenza dai inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo, fa' che in questa celebrazione della divina Maternità di Maria gustiamo le primizie del tuo amore misericordioso per goderne felicemente i frutti. Per Cristo nostro Signore. Amen
 
PREGHIERA EUCARISTICA III[10]
Prefazio della B.V. M. II: Maria modello e madre della Chiesa
 
Il Signore sia con voi.                        E con il tuo spirito.      In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.                  É cosa buona e giusta.


 
E’ veramente giusto renderti grazie, è bello esaltare il tuo nome, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Ci benedica il Signore e ci protegga (cf Nm 6,24).
 
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo, nella festa della beata Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa.
I cieli e la terra sono pieni della gloria della tua santità. Osanna nell’alto dei cieli.
 
All’annunzio dell’angelo, accolse nel cuore immacolato il tuo Verbo e meritò di concepirlo nel grembo verginale; divenendo madre del suo Creatore, segnò gli inizi della Chiesa.
Rallegrati, Maria, il Signore è in mezzo a te! Oh, sì! Eccomi la tua Parola si compia in me.
 
Ai piedi della croce, per il testamento d’amore del tuo Figlio, estese la sua maternità a tutti gli uomini, generati dalla morte di Cristo per una vita che non avrà mai fine.
Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua Madre.
 
Immagine e modello della Chiesa orante, si unì alla preghiera degli Apostoli nell’attesa dello Spirito Santo.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il tre volte «Santo».
 
Assunta alla gloria del cielo, accompagna con materno amore la Chiesa e la protegge nel cammino verso la patria,
fino al giorno glorioso del Signore.
Kyrie, elèison, Christe, elèison, Osanna nell’alto dei cieli. Christe, elèison, Pnèuma, elèison.
 
E noi, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo con gioia l’inno della tua lode:
Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. Kyrie, elèison, Christe, elèison, Pnèuma, elèison.
 
Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura.
Il Signore faccia risplendere il suo volto su di noi e ci faccia grazia (cf Nm 6,25).
 
Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.
Tutte le nazioni si rallegrino e diano lode a Te, Signore, Padre del Signore Gesù, benedizione sparsa sul mondo (cf Sal 67/66,5).
 
Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.
Rallegriamoci nel Signore, sempre; rallegriamoci in comunione con tutti i popoli della terra (cf Fil 4,4).
 
Nella notte in cui fu consegnato, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Poniamo il Santo Nome su di noi, sulla Chiesa e sul mondo ed egli ci benedirà (cf Nm 6,27).
 
Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Dio manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6).
 
FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
«Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore …  nato da donna, nato sotto la legge» (cf Mc 12,29; Gal 4,4).
 
Mistero della fede.
Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, attendiamo il tuo ritorno: Maràn, athà – Signore nostro, vieni.
 
Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.
Non siamo più schiavi, ma figli ed eredi della promessa per volontà di Dio (cf Gal 4,7).
 
Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito.
Come Maria, conserviamo la Parola di Dio meditandolanel cuore (cf Lc 2,19).
 
Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi e le sante, nostri intercessori presso di te.
Lo Spirito del Padre è sul Signore Gesù, mandato a portare il lieto annuncio ai poveri» (cf Is 61,1; Lc 4,18).
 
Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa Benedetto, il Vescovo Angelo, il collegio episcopale, il clero, le persone che vogliamo ricordare…N.N.… e il popolo che tu hai redento.
Con i pastori andiamo senza indugio a trovare Maria, Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,15-16).
 
Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza nel giorno in cui il Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale.
Anche noi che ascoltiamo la Parola, restiamo stupiti delle cose che dicono i pastori» (Lc 2,18). 
 
Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.
 Come i pastori tornando nel mondo, glorifichiamo e lodiamo Dio per tutto quello che abbiamo udito e visto nella santa Eucaristia (Lc 2,20).
 
Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; ricordiamo tutti i defunti… concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, per la tua gloria immensa, o Lògos eterno circonciso nella carne.
 
Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
 
PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELLA UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.
 
Padre nostro in aramaico:
Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:
 
Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male.
ellà pezèna min beishià. Amen!
 
Antifona alla comunione  (Lc 2,19): Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
 
Dopo la comunione
 
Su tutto il mondo, su questi tempi e anni, invochiamo la benedizione del poeta armeno Daniel Varujan, (1884–1915, Benedizione per i campi dei quattro angoli del mondo (da Mari di grano e altre poesie armene, ed. Paoline ,Milano 1995, 166-167)
 
 [Anche se le società non hanno più un’economia agricola come quella dei tempi del poeta, una preghiera che invoca la benedizione per tutto il mondo sia valida anche oggi].   
   
1. Nelle plaghe dell’Oriente / sia pace sulla terra… / Non più sangue, ma sudore
Irrori le vene dei campi, / e al tocco della campana di ogni paese / sia un canto di benedizione.
2. Nelle plaghe dell’Occidente / Sia fertilità sulla terra… / Che da ogni stella sgorghi la rugiada
E ogni spiga fondi in oro, / e quando gli agnelli pascoleranno sul monte / germoglino e fioriscano le zolle.
3. Nelle plaghe dell’Aquilone / sia pienezza sulla terra… / Che nel mare d’oro del grano / Nuoti la falce senza posa, / e quando i granai s’apriranno al frumento / si espanda la gioia.
4. Nelle plaghe del Meridione / Sia ricca di frutti la terra… / Fiorisca il miele degli alveari,
trabocchi dalle coppe il vino, / e quando le spose impasteranno il pane buono / sia il canto dell’amore.
 
Te Déum laudámus                    
Concludiamo con l’Inno «Te Deum», ringraziando il Signore per l’anno che si è chiuso e ringraziandolo anticipatamente per quello che oggi inizia.
L’inno è detto «ambrosiano», ma oggi la critica l’attribuisce con certezza a san Nicèta (335 ca. – dopo il 414) vescovo di Remesiana (oggi Bela Palànka, presso Niš in Serbia) dal 366 che lo compose intorno all’anno 400, nel tempo in cui era viva la lotta contro l’eresia nestoriana che negava la divinità di Cristo.
In origine l’inno era rivolto a Cristo, ma successivamente, attenuatasi la tensione eretica, l’inno acquistò il respiro trinitario che mantiene ancora oggi. Proclamiamo insieme.
 


1. Noi ti lodiamo, Dio * ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, * tutta la terra ti adora.
2. A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell'universo.
3. I cieli e la terra * sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli * e la candida schiera dei martiri;
4. le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; * la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, * e lo Spirito Santo Paràclito.
5. O Cristo, re della gloria, * eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre * per la salvezza dell’uomo.
6. Vincitore della morte, * hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.* Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
7. Soccorri i tuoi figli, Signore, * che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria * nell'assemblea dei santi.
8. Salva il tuo popolo, Signore, * guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, * lodiamo il tuo nome per sempre.
9. Degnati oggi, Signore, * di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: * in te abbiamo sperato.
10. Pietà di noi, Signore, * pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, * non saremo confusi in eterno.


 

 

Sub tuum praesidium[11]  confugimus,
Sancta Dei Genitrix;
nostras deprecatione  ne despicias
in necessitatibus;
sed a periculis cunctis libera
Virgo gloriosa et benedica
Sotto la tua protezione  cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio;
le nostre suppliche  non disprezzare
nella prova del bisogno,
ma da ogni pericolo libera
[ci],
o Vergine gloriosa e benedetta
.

 
_________________________
Capodanno 2010 / Solennità della Madre di Dio – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova
© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica
 [Paolo Farinella, prete – 01/01/2010 – San Torpete – Genova


[1] I testi liturgici sono tratti dal nuovo lezionario, entrato in vigore con la 1a domenica di Avvento-A (2007).
[2] Per il 2010 (43a edizione) il tema proposto dal papa è: «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato».
[3] Nel concilio ecumenico Vaticano II, la minoranza «tradizionalista», istigata in modo particolare dalla Curia romana (cardinali Alfredo Ottaviani, Antonio Bacci) e sostenuta da alcuni cardinali residenziali italiani (Ernesto Ruffini di Palermo, Ermenegildo Florit di Firenze e Giuseppe Siri,di Genova) che a loro volta spingevano il vescovo scismatico Marcel Lefebvre, pretendeva un documento esclusivo dedicato a Maria. La maggioranza si oppose e ottenne che la figura della Madonna fosse ridimensionata e riportata alla sua reale consistenza di «creatura» sottoposta alla redenzione del Figlio Gesù. Prima della riforma liturgia, quasi tutte le domeniche erano «dominate» dalle feste della Madonna che così soppiantava il «mistero pasquale» proprio della celebrazione domenicale. Il concilio trovò un compromesso, sempre con la mediazione del papa, di trattare del ruolo di Maria nella storia della salvezza nel capitolo VIII della costituzione sulla Chiesa, «Lumen Gentium». Paolo VI intese venire incontro ulteriormente alla minoranza conciliare mettendo Maria in stratta connessione con la Chiesa, dedicandole il 1° giorno dell’anno civile. Da un punto di vista teologico si pongono non pochi problemi che restano quindi ancora irrisolti.
[4] Anche per il dogma dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre 1854 il papa dichiara ufficialmente ciò che il popolo da secoli professava e credeva. Lo stesso avverrà per l’ultimo dogma mariano: l’Assunzione del 15 agosto 1950. Singolare che le verità di fede che riguardano la Vergine Santa sono sempre anticipate dal popolo di Dio, prima ancora e a volte contro la teologia ufficiale, costretta a prenderne atto. Non è un caso che la tradizionale teologia cattolica insegna che il «sensus fidei» del popolo di Dio è infallibile allo stesso modo del magistero ufficiale nei casi in cui questi si trova nelle condizioni dell’infallibilità.
[5] Narrano le cronache, e noi per grazia di Dio ne fummo testimoni emozionati e protagonisti, che la sera di quel memorabile giorno, il popolo romano si riversò spontaneamente e senza organizzazione in piazza San Pietro, ciascuno munito di una fiaccola. Fu uno spettacolo indimenticabile: un mare di fiaccole palpitava nel cuore della Chiesa, segno visibile di quella «novella pentecoste» che al mattino il papa aveva evocato nel suo discorso inaugurale. Ancora una volta, il popolò capì, sentì e visse l’evento prima della gerarchia. Dal Concilio di Efeso al Concilio Vaticano II, lo stesso «sensus fidei» dava corpo ad una fede corale e si riconosceva nell’evento del concilio che avrebbe rivoluzionato la chiesa e segnato il sec. XX. Quella sera, il papa, fuori di ogni protocollo, si affacciò alla finestra del suo studio e di fronte al mare di luci che dondolava davanti a lui, fece il più bel discorso del suo pontificato, passato alla storia come «Il discorso della luna» o «della carezza ai bambini».
[6] L. Ginzberg, Le leggende degli Ebrei. II Da Abramo a Giacobbe, Adelphi Edizioni, Milano 1997, 98-102.
[7] V. più avanti nell’Omelia il significato più profondo di «benedizione» e nota 8.
[8] Per approfondire cf P. Farinella, Bibbia. Parole, Segreti, Misteri, Il Segno dei Gabrielli Editori, San Pietro in Cariano (VR) 2008: sul significato di «benedizione» e testi correlati, pp. 7-65; sul significato della nascita «da donna», pp. 101-111; sul significato della circoncisione al «giorno ottavo» e sua simbologia, pp. 113-123 e per uno sviluppo più organico Id., «Sulla corda ottava incontro al Messia. Simbolismo cristologico del numero “8” nella Bibbia e nella tradizione giudaico-cristiana», Sapienza della Croce [SdC] 21 (2004), 129-171.
[9] La ghematrìa o scienza dei numeri è una delle 32 regole esegetiche stabilite da Rabbì ben Elièzer; essa interpreta le parole attraverso il loro valore numerico, perché in ebraico ad ogni consonate corrisponde un numero che veniva indicato da quella consonante, per cui si possono fare infinite applicazioni. Essa fu usata anche dai Padri della Chiesa, Origene, Agostino, ecc. in campo musicale tra gli altri, per es., da J.S. Bach.
[10] La Preghiera eucaristica III è stata composta ex novo su richiesta di Paolo VI in attuazione alla riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Non ha un prefazio proprio, ma mobile e per questo, forse, ha finito per essere scelta, nella pratica, come la preghiera eucaristica della domenica.
[11] Preghiera databile III-IV secoli d.C. ed è la preghiera mariana più antica. Essa fu composta in greco e conservata in un papiro, probabilmente nel Basso Egitto. Nel 1917 la John Rylands Library di Manchester in Inghilterra acquistò il prezioso documento che fu pubblicato nel 1938 a Manchester da C. H. Roberts. Il papiro detto appunto «Papiro Rylands», misura 14 x 9,4 cm, è scritto da una sola parte per complessive dieci righe di testo. Il papiro è un documento molto prezioso non solo perché porta la prima preghiera mariana, ma anche perché contiene il più antico frammento del Vangelo di Giovanni e precisamente il cap. 18 ai vv. 31-33 e 37-38.


Luned́ 28 Dicembre,2009 Ore: 16:46