MINORANZA E IN TERRA STRANIERA
di p. Ottavio Raimondo
Marco 7,31-37 Uno solo è guarito, ma l’acclamazione della folla universalizza il gesto di Gesù parlando di sordi e muti al plurale. (III lettura: Mc7,31-37) “Partito di là, andò nella regione di Tiro (7,24) …. Uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli (7,31). Parte del capitolo 7 e i tre capitoli seguenti sono ambientati fuori della Galilea. Un viaggio che inizia da Tiro e termina a Gerico, in territori dove la presenza di altri popoli e dei romani era forte e spesso predominante. Gesù continua a uscire, ad andare più in là. È sempre in cammino con nuovi gruppi umani. I discepoli si sentono minoranza, deboli in terra straniera. Vivono l’esperienza che stiamo vivendo noi oggi: fino a pochi decenni fa chi non credeva o non era cristiano doveva giustificarsi; oggi deve giustificarsi chi vuole credere. Essere cristiano era un motivo di sicurezza e di prestigio. Oggi non è più così: come cristiani ci sentiamo fuori posto, diversi, in minoranza. Quello in cui noi crediamo agli altri dice poco o nulla. “Gli portano un sordomuto e lo pregano di imporgli la mano”. Non viene detto chi glielo porta. Certamente non sono i discepoli. E dato che si portano gli oggetti, per loro quell’uomo valeva poco, non meritava né di essere interpellato, né di essere coinvolto. Per Gesù tutti siamo persone che meritano un incontro personale e per questo Gesù lo prende in disparte e gli parla a tu per tu. Tutti dobbiamo essere interpellati e coinvolti nel nostro cammino di liberazione. Questo vale per ogni persona come per i gruppi umani. Ogni popolo deve essere protagonista delle proprie scelte. La missione è rispettare, accogliere e valorizzare la storia e cultura di ogni popolo… “preso in disparte”. “Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: ‘Effata’, cioè: ‘Apriti’. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Accanto al dialogo bisogna entrare nei problemi e credere che con l’impegno personale e la forza di Dio tutto è possibile. Marco passa dal singolare al plurale, dal sordo ai sordi, dal muto ai muti e tutti ora ascoltano e annunciano.
La schiavitù è finita, la vita è ritrovata: i ciechi riacquistano la vista, i muti parlano i sordi possono udire. (I lettura: Is 35,4-7a) Sabato 05 Settembre,2009 Ore: 22:01 |