L’intervento della Conferenza Episcopale contro il governo è arrogante. La pandemia deve essere invece l’occasione per ripensare le forme della vita cristiana
di Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa
NOI SIAMO CHIESA
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L’impatto della pandemia nella vita della Chiesa può essere vista anche e soprattutto da un punto differente di chi soffre solamente per l’impossibilità delle Messe e delle altre forme del culto. Mi sembra che la situazione stia facilitando in modo diffuso la ricerca di forme diverse di vivere la propria fede. L’uso delle trasmissioni via computer ne sono solo un aspetto (del tutto insufficiente). Fuori dal circuito delle forme abituali e ripetitive dei riti religiosi, domande e risposte ( seppur parziali e in divenire) sulla vita cristiana mi sembra si stiano ponendo non solo a chi vive fortemente la propria spiritualità ma anche a tante donne e uomini in ricerca che si stanno ponendo interrogativi di senso. Ciò, in particolare, di fronte alla sofferenza e alla morte che la situazione ci butta in faccia in queste settimane. La presenza di tanti cristiani e del clero nell’aiutare i sofferenti e in iniziative di aiuto sociale, la stessa presenza solitaria di papa Francesco in piazza S. Pietro il 27 marzo e la via crucis del venerdì santo sono stati momenti intensi di solidarietà e di apertura alla speranza cristiana ed umana. Per i credenti quello di oggi è un momento di sofferenza ma anche di tanta apertura alle radici del nostro Evangelo.
Ciò premesso, mi sembra che il testo diffuso questa notte dalla Conferenza episcopale italiana di critica aspra al governo debba essere contestato fortemente. Mi sembra grottesco il sostenere che sia in atto una specie di attacco alla Chiesa, alla sua libertà, alla sua autonomia, alla sua libertà di culto. Mi sembra solamente e semplicemente che , alla fine nelle discussioni sulla fase2, siano prevalse tra gli scienziati e nel governo ragioni di prudenza. Tutto qui. Mi sembra che il parlare di decisioni arbitrarie, pretendendo che la Chiesa sia una specie di isola separata ed extraterritoriale, sia l’espressione di una autosufficienza presuntuosa che non sta nei fatti e neppure nei documenti ecclesiali. Nella storia della dialettica tra Stato e Chiesa fondata sulla sovranità e l’indipendenza reciproca di cui parla l’art.7 della Costituzione questo mi sembra uno dei punti più bassi. I vescovi dovrebbero usare di questa contingenza straordinaria per pensare a forme della vita cristiana meno dipendenti dalla rigidità delle norme canoniche e più attente ad ogni manifestazione dello Spirito, che, alla base della vita di fede, circola dove vuole e come vuole ed è una sorgente che va aldilà della tradizionale vita sacramentale .
Non posso infine non chiedermi se questo intervento, così irruento e pesante, non faccia parte dell’offensiva di tutta l’ala conservatrice e preconciliare della Chiesa perché si torni indietro. E’ la stessa che apprezza l’esibizione dei rosari nei comizi.
Roma, 27 aprile 2020
Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa Venerdì 01 Maggio,2020 Ore: 18:14 |