Cambiare per rimanere fedele
Traduzione di Jose' F. Padova
di Frei Betto, San Paolo, SP, Brasile
Disse il conte di Lampedusa [n.d.t: si tratta di Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, duca di Querceta, marchese di Donnafugata, protagonista de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa] che «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». Nella realtà vi è cambiamento e cambiamento. È ovvia l’innovazione tecnologica accelerata che impone all’umanità nuovi paradigmi. Vi sono adesso inimmaginabili progressi in campi come l’intelligenza artificiale, la biotecnologia, la nanotecnologia, la corsa allo spazio… Prometeo ha ottenuto di scatenarsi e dà l’impressione che gli umani possano superare ogni limite. Sì, bramiamo addirittura l’immortalità. Qui su questa terra, visto che non si sa che cosa c’è dall’altra parte – eccettuato quello che dicono i religiosi – senza alcuna prova scientifica.
Così una favolosa industria si muove per garantire, a chi può pagare, l’elisir dell’eterna gioventù: farmaci che promettono di ritardare l’invecchiamento; centri fitness; chirurgie plastiche che nascondono l’avanzata dell’età; e così via fino al congelamento del corpo dei defunti attendendo che la scienza scopra come rianimarli. Accade che tutto questo incantatore mondo della gioventù perenne sia riservato alla minoranza ricca, in grado di spendere fortune nella speranza di posporre l’inevitabile: la morte. Per quanto si inventino mezzi per ringiovanire la morte sorprende. Non sempre arriva sotto forma d’invecchiamento. A volte irrompe sotto forma di una malattia incurabile (Steve Jobs); di un incidente (Ayrton Senna) o violenza (John Lennon). Nessuno dei tre avrebbe potuto immaginare che la fine della sua vita sarebbe stata tanto precoce. Avevano il mondo ai loro piedi. E tuttavia…
Le innovazioni tecnologiche e i progressi scientifici sono positivi e, a poco a poco, aumenta il numero di persone con accesso, per esempio, alla telefonia cellulare. In molti Paesi il numero dei telefoni cellulari già supera quello degli abitanti. Vi è però un fattore che ci impedisce di affermare che siamo in cammino verso il migliore dei mondi: la disuguaglianza sociale. I latinoamericani e gli abitanti dei Caraibi convivono con un grande contingente di persone che mancano delle condizioni minime per una vita considerata degna. Secondo la CEPAL, la Commissione economica per l’America latina (2018), 184 milione di latinoamericani (10,2% della popolazione del Continente) vivono nella povertà e 63 milioni nella miseria. Nei Paesi sviluppati, soprattutto in Europa occidentale, quando mi domandano com’è la lotta per i diritti umani nel nostro Continente, spesso replico: «Diritti umani? Sono un lusso. Ancora lottiamo per conquistare diritti animali: mangiare, proteggere la prole, alimentarsi…». Thomas Piketty, nel suo classico “Il capitale nel XXI secolo”, dimostrò che se la concentrazione della ricchezza mondiale è nelle mani di poche famiglie (84 persone fisiche dispongono di un rendita equivalente a quella che hanno 3.500 milioni di persone, la metà dell’umanità, OXFAM), ciò si deve all’aumento della speculazione finanziaria, aggravato da un ingiusto sistema di trasmissione delle eredità.
François Bourguignon, in “La globalizzazione della diseguaglianza”, rafforza la tesi di Piketty. L’aumento della precarizzazione del lavoro (terziarizzazione, de-sindacalizzazione, ecc.) e la riduzione dei salari, sommati al fatto che l’economia, colonizzata a livello mondiale, non ubbidisce a norme accettate internazionalmente (vi sono paradisi fiscali, vere e proprie caverne di Ali Baba!), fanno sì che diminuisca l’élite che si appropria della ricchezza e che supera la fantasia di Walt Disney nel creare la figura milionaria e avida di Paperon de Paperoni. Venti anni fa, dimostra Bourguignon, il livello di vita in Paesi come la Francia e la Germania era 20 volte maggiore di quello della Cina e dell’India. Oggi soltanto 10 volte. Il lettore dirà: «Che bello! Meno disuguaglianza!». Che bello un bel niente. La crescita della Cina e dell’India segue i medesimi parametri di Francia e Germania, quelli del vorace e piramidale capitalismo. Questo significa che nel mondo 3 mila milioni di persone sopravvivono con meno di $ 2,5 al giorno(8 R$, real brasiliani). Per quanto riguarda le misure adottate come positive in America latina, come privatizzazioni e riduzione dei costi sociali del governo (vedi l’aggiustamento fiscale in Brasile), l’autore conclude: «Molte di queste riforme hanno avuto come effetto le disuguaglianze. In effetti, fra il 1980 e il 1990 si verificò un aumento sostanziale della disuguaglianza nei Paesi più toccati da quei programmi: Argentina, Messico, Perù, Ecuador e fino al Brasile».
E le privatizzazioni? Si legga ciò che dice: «La trasformazione di monopoli pubblici in privati, con un’insufficiente regolamentazione, permise l’ascesa di nuovi redditieri e in alcuni casi l’accumulazione di ingenti patrimoni». Negli USA, dove la presunta democrazia politica in nulla coincide con la totale mancanza di democrazia economica, la caduta reale del salario minimo fra il 1980 e il 1990 e la debolezza dei sindacati causarono un aumento dal 20% al 30% della disuguaglianza sociale. Il patrimonio del 10% più ricco crebbe dal 64% al 71% fra il 1970 e il 2010.
Secondo Jason Hickel i Paesi in via di sviluppo trasferiscono annualmente alle nazioni ricche più di 125.000 milioni di dollari (e i paradisi fiscali immagazzinano ogni anno 170.000 milioni di dollari). Nel 2012 (ultimo aggiornamento dei dati) i Paesi periferici ricevettero, in aiuti e investimenti, 1.300 milioni di dollari. E nello stesso anno rimesso ai ricchi 3.300 milioni di dollari! Vale a dire 2.000 milioni di dollari più di quanto avevano ricevuto. Dal 1980 al 2012 l’estorsione ammontò a 16.300 milioni di dollari, che corrispondono al PIL degli USA. Pertanto è un equivoco pensare che l’America latina e i Caraibi concentrino l’attenzione sulle innovazioni tecnologiche e sui progressi scientifici. La priorità sta nel rafforzamento dei movimenti sociali, l’emancipazione popolare, per fermare la sottomissione politica ed economica dei nostri Paesi di fronte alle nazioni metropolitane. Davanti alla crisi dei governi progressisti nel nostro Continente è urgente valutare autocriticamente gli errori commessi e riannodare i vincoli organici con le classi popolari che cercano un’alternativa al capitalismo.
In breve: o concentriamo la lotta politica nella riduzione della disuguaglianza o andiamo in malora (fame, migrazioni, criminalità, terrorismo, guerre), mentre la ristretta élite che comanda tutto festeggia, nell’isola del privilegio e nella cupidigia.
Mercoledì 18 Settembre,2019 Ore: 21:28 |