Uscire dalle opposte meschinità
di Enrico Peyretti
09 11 04 Sul crocifisso fuori dalle aule
La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sulla esclusione del crocifisso dalle aule scolastiche sa di laicità formalistica ed esteriore, meschina, proprio come il divieto francese dell'uso, riferito in qualche modo all'islam, del velo sui capelli.
Le reazioni cattoliche, subito affiancate dalle destre politiche e nazionalistiche, non sono meno meschine, e per un credente sono ancora più spiacevoli: infatti, difendere l'immagine di Cristo in croce riducendolo a segno di identità nazionale e culturale, offende Cristo più che staccarlo dai muri di un'aula.
Il significato della croce di Cristo nella fede cristiana è il suo coraggioso amore "fino alla fine": egli ha affrontato il male violento del mondo con il massimo amore, perciò abbiamo fede che così ci redime e ci libera dal male, e vince la morte con una vita risorta.
Questa fede è intima, personale, dono dello Spirito, condivisa e trasmessa nelle generazioni dalla comunità dei credenti, ma non può essere identità culturale di una intera società senza ridursi a elemento esteriore, retorico, formale, nominale, finto.
Proprio questa è stata l'illusione della cristianità, della "società cristiana", illusione che svuota la fede. La secolarizzazione delle nostre società è provvidenziale per ogni fede sincera, interiore, personale. Secolarizzazione non è necessariamente anti-religione (se non nella sue forme meschine), ma ambiente in cui ogni spiritualità può fiorire e comunicarsi senza imporsi.
Le chiese cristiane, pur custodendo il valore culturale dei segni architettonici, artistici, letterari, folcloristici, della passata cristianità, dovranno evitare con la massima cura di legare la fede a quei segni, quasi che fosse salvata o perduta insieme alla loro sorte storica. Possono crollare tutti i campanili e fiorire la fede; oppure, viceversa, possono trionfare i campanili e morire la fede. Questo pensiero prezioso si trova anche nell'islam riguardo alla moschea.
La croce di Cristo può essere vista e rispettata da chiunque come memoria della condanna di un innocente, dunque ammonimento in difesa di ogni vittima oggi, tra noi. Purché non sia imposta, come nelle abominevoli guerre di conquista "cristiana", quale segno di possesso piantato sul terreno, o nei luoghi pubblici. Ogni simile gesto di "crociata" bestemmia il nome e la sofferenza di Cristo.
Allora, come per ogni altro simbolo, fino ai poster di Che Guevara, o di un cantautore, o alla bandiera della pace, si lasci ad ogni classe scolastica il compito e il dovere di riflettere e decidere insieme con quali simboli promotori di umanità, non offensivi, anche differenti, intende decorare il proprio ambiente quotidiano di lavoro comune. Senza obblighi, senza divieti.
Enrico Peyretti, Torino
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Luned́ 16 Novembre,2009 Ore: 17:16 |