Referendum a Bologna.
Una proposta: la Chiesa, se vuole essere povera, ci metta del suo e vanifichi lo scontro tra guelfi e ghibellini.
di Vittorio Bellavite
NOI SIAMO CHIESA Il referendum di Bologna pro o contro il finanziamento comunale alle scuole materne paritarie è diventata una questione nazionale, sulla quale intervengono ogni giorno opinionisti, politici di ogni colore, amministratori. Mi sembra che si scarichino su questo referendum, in modo forse inevitabile, anche forti tensioni politiche conseguenti a una modifica inedita dei precedenti schieramenti nel governo del paese. Rende poi difficile una riflessione pacata su tutta la situazione questo intreccio dei bisogni e delle legittime attese della realtà locale con i principi generali che ispirano l’organizzazione dell’istruzione pubblica e con lo scontro aperto nell’area di opinione della sinistra. Ciò premesso, a me pare che si potrebbe tentare un approccio diverso che parta dall’interno della comunità dei credenti per sdrammatizzare lo scontro ed evitare che la Chiesa sia risucchiata in uno schieramento rigido (come invece sta avvenendo e come ha già prefigurato nei giorni scorsi il Card. Bagnasco). Parto dalla premessa che in questo momento, ben più che in passato, grazie a papa Francesco, si parla di Chiesa povera e dei poveri e che la situazione di crisi pesa su troppi, ovunque nel nostro paese. Mi chiedo perché le autorità ecclesiastiche competenti, pur lasciando impregiudicata ogni loro questione di principio (libertà di educazione, principio di sussidiarietà…) non pensano a una iniziativa unilaterale che preveda che sia la Chiesa locale ad accollarsi il milione di euro che costituisce l’impegno attuale dell’amministrazione comunale a favore delle scuole paritarie dell’infanzia, garantendosi contestualmente che questa somma così “risparmiata” sia poi destinata nel bilancio comunale a interventi a favore dei soggetti più colpiti dalla crisi. Per essere concretamente praticabile, questa possibile soluzione potrebbe essere gestita gradualmente nel tempo (per esempio tre-quattro anni). Secondo questa proposta, la curia dovrebbe trovare le risorse necessarie, riducendo qualcosa di quanto ha (Chiesa povera, non solo a parole). E potrebbe, in questa occasione eccezionale, aprire al proprio interno una riflessione generale sui propri beni, sui propri bilanci e sulla loro gestione sia in ordine a questa specifica finalità sia in ordine alla ben nota imprevista e recente eredità, la cui destinazione potrebbe essere, almeno in parte, finalizzata all’ipotizzato intervento per le scuole. Appunto una Chiesa più povera, più trasparente ma soprattutto più credibile. Non penso che sia cosa impossibile, sarebbe una iniziativa che spiazzerebbe entrambi i fronti contrapposti, vanificherebbe il senso stesso del referendum e gioverebbe alla credibilità della Chiesa che si dimostrerebbe inoltre ancora piùpartecipe della situazione sociale di emergenza in cui ci troviamo. Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa” Mercoledì 22 Maggio,2013 Ore: 15:47 |