IL MESSAGGIO EVANGELICO E LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne ha sollecitato la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
PAPA FRANCESCO I, ALL'OMBRA DEL PAPA EMERITO, RIUSCIRA' A CAMBIARE REGISTRO? L’outsider che cambia tutto. Il commento entusiastico di Franco Cardini - con note
Dal VI secolo, con pochissime eccezioni, i pontefici romani hanno scelto regolarmente il nome di un loro predecessore. Bergoglio rompe la tradizione (...) rilancia nel nome del càrisma, della profezia (...)
a c. di Federico La Sala
PREMESSA. Note sul tema: MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!! (fls) _______________________________________________________________________________________________ L’outsider che cambia tutto di Franco Cardini (il manifesto, 14 marzo 2013) Roma, piazza San Pietro, alle 7,06 del pomeriggio. Folla enorme, grida, bandiere. Un cielo cupo, una pioggia fitta e sottile, un delirio di voci e di colori. Poi la pioggia si calma, mentre scende il buio. Miracolo, dice qualcuno. Fumata bianca: anzi candida, come non si era mai vista finora: grazie anche ad alcuni additivi chimici, dicono. Luci di flash, poi i suoni delle bande militari, i colori delle bandiere e delle uniformi pontificie e italiane. Bandiere di tutto il mondo e bandiere italiane, inno nazionale italiano e inno pontificio. «Viva il papa!», in molte lingue ma soprattutto in italiano: è la vecchia Roma, la Roma di Belli e di Trilussa e al tempo stesso la Roma eterna e universale. Certo, i mass media hanno amplificato la festa: con toni anche pesanti e stucchevoli. Ma lo spettacolo era indubbiamente straordinario: i continui flash fotografici che per lunghissimi minuti hanno lampeggiato incessanti brillando in mezzo alla folla davano l’effetto di un firmamento sceso in terra. La tensione, intanto, cresceva: e ci si andava ripetendo tra la folla perché si stesse tardando tanto nell’annunzio. In effetti, il protodiacono pontificio si è affacciato solo alle 8,20, circa un’ora e un quarto dopo la candida fumata, per il fatidico Nuntio vobis gaudium magnum: habemus papam! L’uomo che di lì a pochi istanti si è affacciato al balcone della basilica è il capo della Chiesa universale, e al tempo stesso è il vescovo di Roma. Il suo primo gesto sovrano è stata la benedizione Urbi et Orbi, alla città di Roma e al mondo. Poi poche parole, una preghiera e un semplice, cordiale augurio di buona serata. In un italiano all’inizio un po’ incerto ma corretto, con un lieve ma distinto accento piemontese. Da buon argentino, il nuovo papa ha origini italiane. Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, la più europea delle grande città latinoamericane. Settantaseienne, un passato ecclesiale radicato nella Compagnia di Gesù, un forte impegno nei confronti dei ceti più fragili e umili della metropoli della quale è stato pastore e anche alcuni aspetti del suo carattere che hanno già dato adito a polemiche: chi lo dice molto visino alla presidentessa Kirschner, chi adombra una sua qualche connivenza con la dittatura militare. Sono voci confuse, contrastanti: sulle quali forse nei prossimi giorni sapremo cose più precise, ma che nulla tolgono comunque a un evento che ha dello straordinario. Diciamo la verità: non se lo aspettava nessuno. Un papa latinoamericano sì, ma ci aspettavamo allora un brasiliano d’origine tedesca, personaggio molto interessante. Bergoglio è il risultato di un accordo, è l’outsider spuntato all’ultimo istante di un conclave molto breve, appena cinque elezioni in tre giorni? E che cosa significa che un non-favorito abbia così rapidamente conseguito la maggioranza qualificata del collegio votante? Bergoglio viene dalla Compagnia di Gesù: pare vi fosse una specie di tacito accordo, all’interno dei vertici della Chiesa, secondo il quale chi ha il "papa nero" non avrebbe mai avuto un "papa bianco". Ma tutto ciò faceva parte evidentemente di una leggenda: oppure siamo davvero dinanzi a un mutamento epocale anche nelle consuetudini più radicate? Qualcuno ha commentato, a caldo, che un papa gesuita ci sarebbe voluto dai tempi del candidato Carlo Maria Martini. Ma il fatto è che questo argentino d’origini italiane, gesuita, scompiglia le carte - anche quelle di molti suoi confratelli cardinali: c’è da scommetterci - e va a scegliersi un nume come Francesco. Incredibile. Inaudito, nel senso etimologico del termine. Dal VI secolo, con pochissime eccezioni, i pontefici romani hanno scelto regolarmente il nome di un loro predecessore. Bergoglio rompe la tradizione e, nel momento nel quale l’istituzione ecclesiastica sembra esitare, senza dubbio colpita dalla rinunzia di un papa "istituzionalista" per eccellenza, rilancia nel nome del càrisma, della profezia. Perché Francesco significa l’adesione intima al Cristo povero e crocifisso; Francesco significa il rifiuto della potenza, della ricchezza, perfino della scienza; e che l’Ordine francescano nei secoli sia stato molte cose meravigliose ma non questo non vuol dir nulla. Lui, il Povero d’Assisi, era questo. Che cosa significa chiamarsi Francesco per un papa che viene dall’America latina, uno dei continenti più poveri del mondo, un continente nel quale la chiesa cattolica da decenni sembra indietreggiare sotto il colpi dell’offensiva missionaria delle sètte protestanti? Francesco I è un nome difficile da portare. Ma è anche un nome che è un programma. La scelta di papa Bergoglio è inaspettata, inimmaginabile, impressionante. Nomen omen, si usa dire. Vedremo in che modo il nuovo papa sarà rispondere alla sfida che egli stesso ha lanciato alla Chiesa e al mondo. Giovedì 14 Marzo,2013 Ore: 13:18 |