Abdicazione Benedetto XVI
La posizione degli Avventisti Italiani
da Notizie Avventiste - Anno XVI - Numero 6 – 13.2.2013
L’unica innovazione di Benedetto XVIDavide Romano - Sia detto senza astio e con benevola ironia ma le recenti dimissioni di papa Benedetto XVI sono l’unica vera novità del suo non brevissimo pontificato. Augurandoci che non siano dovute a gravi problemi di salute o a inquietanti risvolti legati alle situazioni incresciose maturate in questi anni in una curia romana funestata da scandali e defezioni interne, le dimissioni del pontefice, a poco meno di otto anni dal suo incarico (19 aprile 2005), rappresentano un gesto dirompente e inatteso che ha pochissimi precedenti nella storia di questa vetusta istituzione. Cristianamente non possiamo che simpatizzare per un fratello nella fede che, come egli stesso ha detto, rinuncia al suo particolarissimo e, dal nostro punto di vista, problematico, mandato apostolico in ragione della sopravvenuta stanchezza fisica; g li facciamo dunque i migliori auguri per un meritato e fecondo riposo. Sotto il profilo delle relazioni ecumeniche, pur non volendo affrettare premature valutazioni ed esaustivi bilanci del suo pontificato, rimane, da parte evangelica, quantomeno l’impressione, anzi la netta sensazione, di una opportunità perduta. Il 29 maggio 2005, durante la sua prima visita missionaria in occasione della conclusione del XXIV Congresso eucaristico nazionale a Bari, Benedetto XVI estrinsecò nel corso della sua omelia questo auspicio: “Vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Sono consapevole che… occorrono gesti concreti”. Bene, questi gesti concreti sono forse rimasti solo nelle intenzioni ma nulla è affiorato nella pratica ecumenica con le chiese evangeliche. Forse qualche passo in più è stato fatto nei confronti delle chiese orientali. La considerazione delle carenze che le chiese nate dalla Riforma del XVI secolo avrebbero, specie sul piano squisitamente ecclesiologico, sono rimaste intatte, come da ultimo ribadito nel documento “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla chiesa” del 2007. Ci si sarebbe aspettato ben altro piglio ecumenico da parte di un pontefice che oltretutto dichiarava a più riprese di voler dare anche piena attuazione alle delibere del Concilio Vaticano II, segnando invece anche su quel terreno significative inversioni di tendenza o riletture normalizzanti. Come Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno vogliamo auspicare che il prossimo pontefice, chiunque esso sia, abbia, non da solo ma insieme al vasto e multietnico collegio episcopale e al popolo dei credenti, la forza spirituale e culturale per ridimensionare l’orgoglio ecclesiocentrico della propria tradizione a beneficio di una nuova curiosità evangelica verso i discepoli di Gesù Cristo che operano in altre famiglie confessionali ma sotto l’unico Padre di Gesù Cristo. Dimissioni del papaPubblichiamo in anteprima l’articolo che uscirà sul numero di marzo del mensile “Il Messaggero Avventista” (pp. 7-10). L’autore è Giuseppe Marrazzo, direttore della rivista, organo ufficiale dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno. Raztinger: “Rinuncio al ministero petrino”. A sorpresa il papa annuncia le sue dimissioni per il bene della Chiesa La mattina dell’11 febbraio, giorno festivo per lo Stato del Vaticano, durante un Concistoro ordinario pubblico indetto per alcune cause di canonizzazione, il papa ha dato un annuncio importante ai numerosi cardinali presenti e stupiti: “Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Il discorso è stato presentato in latino, ma di seguito troviamo la traduzione del testo diffuso dalla sala stampa della Santa Sede. L’annuncio Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice (…). Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio” (Benedetto XVI). Per padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa, questa particolarissima circostanza è prevista dal Codice di Diritto Canonico, al canone 332 e paragrafo 2, dove si legge: “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità, che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata. Non si richiede invece che qualcuno la accetti”. Le due condizioni sono state espletate: piena libertà e annuncio dato durante una manifestazione pubblica. Il papa Joseph Ratzinger rimane in carica fino alle 20,00 del 28 febbraio; dopo quella data si trasferirà per un breve soggio rno a Castel Gandolfo e in seguito, appena saranno completati i lavori, ritornerà nel monastero di suore di clausura al Colle del Vaticano, dove si dedicherà alla preghiera. Fatto nuovo Ci sono state reazioni anche nel mondo protestante. Il teologo valdese Paolo Ricca ha così commentato le dimissioni di Raztinger: “Devo ammettere che da un po’ di tempo mi stupiva il silenzio del papa. Un silenzio strano. Solitamente eravamo abituati a pontefici decisamente più loquaci. Mi chiedevo se per caso non fosse per una possibile malattia, e spero sinceramente che di questo non si tratti. Certamente questa dichiarazione è un fatto nuovo, direi positivo. La notizia è troppo fresca ed è arrivata davvero all’improvviso…”. Fulvio Ferrario, docente di teologia sistematica alla Facoltà valdese di Roma e coordinatore della Commissione valdese e metodista per le relazioni ecumeniche, ha commentato: “Non è facile, a pochi minuti dalla notizia, andare al di là dell'espressione di una profonda, e anche ammirata, meraviglia. È evidente che, al di là delle conseguenze immediate, peraltro notevolissime, il gesto ha una portata storica. Come cristiano e ministro della chiesa, mi colpiscono due elementi: in primo luogo, naturalmente, la lucidità umana e spirituale che la decisione di Benedetto XVI esprime; poi l'idea, espressa quasi di pas saggio, secondo la quale il suo ministero, che pure richiede le forze fisiche che egli ritiene di non avere più, si esercita ‘non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando’. Un messaggio significativo per tutti coloro che tentano, nella loro debolezza e con molti errori, di servire la propria chiesa”. Da New York dove si trova in visita al Wcc presso le Nazioni Unite, dr. Olav Fykse Tveit, segretario generale del World Council of Churches, ha detto: “Dobbiamo provare profondo rispetto per la decisione di Benedetto XVI. Ho visto con quanto senso di responsabilità ha assolto l’incarico nonostante l’età avanzata in un momento di forte sollecitazioni”. L’agenzia Interfax riporta il primo commento del Patriarcato di Mosca: “Le relazioni fra ortodossi e cattolici non cambieranno in seguito al cambiamento del Pontefice”. L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana, spiega di aver appreso della rinuncia “con cuore afflitto” ma dichiara la sua “completa comprensione” nei confronti della scelta del Papa. Il rabbino capo d'Israele, Yona Metzeger, ha lodato il ruolo di Benedetto XVI sottolineando come durante il suo pontificato “vi siano state le migliori relazioni mai avute fra la Chiesa e il Rabbinato”. Alla notizia delle dimissioni del papa non sono mancate le reazioni dei leader internazionali: “Il governo tedesco reagisce con emozione e turbamento”, ha detto il portavoce dell'esecutivo di Berlino. “Il governo tedesco ha il massimo rispetto per il Santo Padre, per ciò che ha fatto, per il contributo della sua vita a favore della Chiesa cattolica”, ha dichiarato Steffen Seibert, portavoce di Angela Merkel. Più tardi lo stesso Cancelliere ha commentato “una notizia che emoziona”, sottolineando il suo “più grande rispetto” per la decisione. Anche il presidente francese Francois Hollande r itiene che la decisione di Benedetto XVI sia “altamente rispettabile”. Per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è trattato di un “gesto di grande coraggio”. Momento di transizione Quando un papa invecchiando non riesce ad assolvere il suo mandato e poiché il suo ministero viene esercitato fino alla sua morte, per forza di cose, succede che il governo della chiesa sia garantito da gruppi di pressione all’interno della Santa Sede. Come è infatti avvenuto, in un certo senso, al termine del pontificato di Wojtyla nel campo ecumenico. A pochi mesi della firma della Dichiarazione congiunta sulla giustificazione per fede con i luterani (1999), ci fu un testo di completa chiusura con la dichiarazione Dominus Iesus, in cui si affermava che le chiese legate alla Riforma “non sono Chiese in senso proprio”. Joseph Raztinger, questa volta da pontefice, con il suo gesto coraggioso e innovativo, ha sparigliato le manovre politiche che la diplomazia della Santa Sede comincia a tessere intorno a un papa anziano e indebolito dagli anni. Forse ha saputo cogliere con lucidità il momento opportuno per rimettere la guida della chiesa cattolica nelle mani di un successore in grado di poterla assicurare “con il vigore sia del corpo sia dell’animo”. L’Angelus del giorno prima È proprio il tema del “debole servitore di Dio” che in maggio 2005, nella basilica di San Giovanni in Laterano, durante la Messa di insediamento sulla cattedra di vescovo di Roma, Joseph Raztinger evoca con profonda sincerità: “Colui che è il titolare del ministero petrino deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole - come sono fragili e deboli le sue proprie forze - costantemente bisognoso di purificazione e di conversione… Io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana”. Un suggerimento Giovedì 14 Febbraio,2013 Ore: 15:47 |