VERSO LA XV ASSEMBLEA FCEI
(Firenze, 5-8 dicembre 2009)
INTERVISTA
Verso una chiesa multietnica
di Agenzia NEV del 4-11-2009
Sergio Ribet, Commissione “Essere chiesa inieme” della FCEI
Roma (NEV), 4 novembre 2009 - Proseguono le interviste in vista della XV Assemblea della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) che avrà luogo a Firenze dal 5 all'8 dicembre. L'Assemblea avrà come tema "Conforto reciproco in tempi difficili", mentre il versetto biblico che farà da filo conduttore ai lavori assembleari sarà tratto da Zaccaria 8,13: “Io vi salverò e sarete una benedizione. Non temete! Si fortifichino le vostre mani”. Questa volta parliamo di “Essere chiesa insieme” (ECI), un progetto nato nel 2000 per costruire o rafforzare rapporti di integrazione, fraternità e collaborazione con gli immigrati evangelici presenti, in misura crescente, in Italia. Abbiamo intervistato il pastore Sergio Ribet che la presiede dal 2007.
Che cosa è Essere chiesa insieme? Sembra quasi uno slogan...
Direi che è un modo di concepire la chiesa: in una società frammentata che fatica ad accogliere gli immigrati, ECI nasce dalla volontà di promuovere l'incontro tra gli evangelici italiani e quelli immigrati nel nostro paese. A partire da questa idea guida nel 2000 è nato un progetto che poi ha avuto diverse fasi di sviluppo e, vorrei dire, anche diverse interpretazioni. Soprattutto negli ultimi anni è notevolmente cresciuto il numero delle chiese che hanno accolto degli immigrati al loro interno o che hanno cercato un rapporto con degli immigrati più o meno organizzati in comunità etniche. Le esperienze sono quindi molto diverse e più che di un “modello” di Essere chiesa insieme parlerei di un network di comunità impegnate nel campo dell'integrazione nelle chiese evangeliche, della pastorale multietnica e della collaborazione tra chiese italiane e chiese etniche. All'inizio ECI è stato un programma di lavoro interno al Servizio rifugiati e migranti della FCEI, poi se ne è distinto a sottolineare la sua specifica vocazione nel campo ecclesiologico.
Avete dei dati sulla consistenza degli immigrati di fede evangelica?
Purtroppo non abbiamo dati certi. Secondo le stime della Caritas sarebbero poco più di 100.000, una cifra a nostro avviso decisamente sottostimata. Ignora infatti gli immigrati irregolari, molto numerosi da paesi in cui gli evangelici costituiscono una componente molto rilevante della popolazione come il Ghana; non considera, inoltre, che in alcuni paesi, ad esempio la Nigeria, la popolazione evangelica subisce una forte pressione all'emigrazione, oltre che per le ovvie ragioni economiche, anche a causa del quadro politico. A nostro avviso – e qualche studio in questo senso lo conferma – sarebbe molto più realistica una stima intorno alle 250.000-300.000 presenze di immigrati evangelici. Un altro dato che andrebbe approfondito riguarda la loro appartenenza confessionale: rileviamo infatti che, se la maggioranza sono evangelici liberi o pentecostali, è consistente la presenza di metodisti, battisti e presbiteriani.
In che cosa consiste praticamente il lavoro di ECI?
E' un network, come dicevo, che promuove la formazione di ministeri specializzati – pastori, predicatori locali, monitori per la scuola domenicale specializzati nella pastorale multietnica - e che condivide buone pratiche di integrazione all'interno delle comunità evangeliche.
In questa prospettiva, ad esempio, ECI partecipa ad un progetto promosso dalla Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) denominato MIRACLE (Models of Integration through Activation Cultural Learning and Exchange): si tratta di un programma europeo che, attraverso alcuni seminari di formazione, intende promuovere l'integrazione multietnica nelle chiese nazionali e incoraggiare la leadership degli immigrati nelle comunità locali.
Alcune di queste iniziative sono promosse direttamente dal network di ECI, altre dalle chiese membro della FCEI: vanno tutte nella stessa direzione ma un maggiore coordinamento sarebbe certamente auspicabile.
Dove va ECI? Quali sono le vostre proposte per l'Assemblea?
Ovviamente lo stabilirà l'Assemblea. Essendo tra coloro che hanno garantito la continuità del progetto in questi anni, posso dire che all'inizio abbiamo lavorato soprattutto ad approntare degli strumenti per l'integrazione nella vita comunitaria: schemi liturgici, ricerche su innari di varie lingue e così via. Oggi questa fase ci pare superata perché le chiese hanno recepito molte delle nostre proposte e a volte si sono dotate di propri strumenti pastorali e liturgici. Ora la prospettiva si allarga: le chiese possono far di più per qualificarsi come luoghi di integrazione e di formazione, come spazi nei quali italiani ed immigrati possono vivere praticamente la società multiculturale. C'è, ad esempio, il problema della formazione specializzata di alcuni ministeri e stiamo già collaborando con alcune strutture denominazionali in questo senso. Al tempo stesso immaginiamo ECI più impegnata nel terreno della difesa della libertà religiosa: un campo d'azione già difficile per le minoranze confessionali “italiane”, ancora di più per quelle degli immigrati. Infine stiamo cercando e costruendo dei rapporti con il mondo dell'evangelismo immigrato esterno alle chiese aderenti alla FCEI: in occasione dell'Assemblea aspettiamo un segnale e una valutazione da parte delle chiese membro rispetto a questa strategia. I primi passi mossi in questo senso sono stati incoraggianti e speriamo di proseguire. Insomma per noi “Essere chiesa insieme” è davvero un modo per pensare la Chiesa e per sviluppare la sua testimonianza nella società.
Giovedě 05 Novembre,2009 Ore: 17:01 |