Una testimonianza su mons. Romero
UN PAPA SORDO E CIECO

di María López Vigil

Dal blog di don Franco Barbero: http://donfrancobarbero.blogspot.com/2008/03/un-papa-sordo-e-cieco.html


Ricevo e pubblico.

Il 24 marzo ricordiamo mons.Oscar Romero ucciso in questo giorno nel 1980 e non stimato dal Vaticano

Da San Salvador Mons. Romero aveva sollecitato un’udienza personale con Giovanni Paolo II. E andò a Roma sicuro che, per quando fosse arrivato, tutto sarebbe stato sistemato. I curiali non volevano che incontrasse il Papa.

La domenica, dopo la messa, il Papa scese nel grande salone, dove lo aspetta una moltitudine per la tradizionale udienza generale. Monsignor Romero si era alzato molto presto per riuscire a mettersi in prima fila.

E quando il Papa passò salutando, gli afferrò la mano e lo trattenne. "Santo Padre - gli disse - sono l’arcivescovo di San Salvador e la supplico, mi conceda un’udienza". II Papa acconsentì.

Monsignor Romero portò dei rapporti di tutto ciò che stava succedendo nel Salvador in una scatola e li mostrò ansioso al Papa appena iniziato l’incontro. "Santo Padre, qui potrà leggere lei stesso come tutta la campagna di calunnie contro la Chiesa e contro di me viene organizzata nella stessa casa presidenziale". II Papa non toccò un foglio. Né aprì il fascicolo. Nemmeno chiese nulla.

Si lamentò soltanto. "Vi ho già detto di non venire carichi di tanti fogli! Qui non abbiamo il tempo di leggere tante cose". Monsignor Romero rabbrividì ma cercò d’incassare il colpo.

In un’altra busta aveva portato al Papa anche una foto di Octavio Ortiz, il sacerdote che la Guardia aveva ucciso alcuni mesi prima insieme a quattro giovani. "Io conoscevo molto bene Octavio, Santo Padre, ed era un bravo sacerdote. L’avevo ordinato io e sapevo tutti i lavori in cui era impegnato. Quel giorno stava dando un corso sul Vangelo ai ragazzi del quartiere...".

"Guardi, Santo Padre, come gli hanno spappolato la faccia...". Il Papa fissò la foto e non chiese altro. Guardò poi gli occhi umidi dell’arcivescovo Romero e mosse la mano indietro, come volendo togliere drammaticità al sangue raccontato.

"Lo hanno ucciso tanto crudelmente, dicendo che era un guerrigliero...", ricordò l’arcivescovo. "E per caso non lo era?", rispose freddamente il pontefice. Qualcosa gli fece tremare la mano: doveva esserci un malinteso.

Seduti uno di fronte all’altro il Papa inseguiva una sola idea. "Lei, signor arcivescovo, deve sforzarsi di avere una relazione migliore con il governo del suo Paese". Monsignor Romero lo ascoltava e la sua mente volava verso il Salvador, ricordando ciò che il governo del suo Paese faceva al popolo del suo Paese.

La voce del Papa lo riportò alla realtà. "Un’armonia tra lei e il governo salvadoregno sarebbe la cosa più cristiana in questi momenti di crisi...". Monsignore continuava ad ascoltare. Erano argomenti con i quali, in altre occasioni, era già stato pressato da altre autorità ecclesiastiche.

"Se lei superasse le proprie divergenze con il governo, potrebbe lavorare cristianamente per la pace...". Il Papa insistette tanto che l’arcivescovo decise di smettere di ascoltare. Terminarono gli argomenti ed anche l’udienza.

Tutto ciò me lo raccontò Monsignor Romero, quasi piangendo, l’11 maggio 1979; a Madrid, mentre rientrava affrettatamente nel suo Paese, costernato dalle notizie di un massacro nella cattedrale di San Salvador.

María López Vigil



Sabato, 29 marzo 2008