Le omissioni della fiction su don Zeno

di Fausto Marinetti

"Mamma RAI" merita una medaglia per aver risuscitato un prete scomodo e irregolare. Non è facile maneggiare la lava dell’utopia. E tu, Zeno, te la sei meritata l’aureola nella gloria del Bernini mediatico! Esulti, non per l’incenso televisivo, ma perché si è dato voce ai tuoi parenti stretti: le vittime della società. La tua scuola. Gli "scartini" ti hanno insegnato che la scure va messa alla radice del male sociale: il cancro non si cura con la politica dei cerotti, ma con alternative concrete.
Sono stato tuo aiutante e confidente dal 1969 al ’79. Ciò che mi attrae di te non è come un uomo possa vivere da cristiano, ma come un cristiano possa vivere da uomo.
Opera riuscita? Ai sei milioni di spettatori, la risposta. A me, testimoniare le omissioni, non per demolire, ma per completare il dettato televisivo.
1- All’attore Zeno manca un pizzico di ilarità, di auto-ironia, uno spruzzo di battute e provocazioni: "L’amore è come una puttana: si da a tutti..."; "Lo stomaco, eccellenza, è di interesse divino"; "Noi non siamo né di destra né di sinistra, abbiamo cambiasto strada..."; "Davanti ai confessionali ci vogliono le calcolatrici..."; "Se mi fanno papa, vendo s. Pietro e pago un pranzo a tutti gli affamati...".
Tutto è stato detto di te. Il ministro degli Interni ti darà del "truffatore", il Nunzio dell’eretico, i tuoi 4.000 figli ti chiameranno "babbo" per sempre. In Vaticano e a Montecitorio c’è chi ti osteggia e chi tifa per te. Bastian contrario per natura e per grazia, non ci stai nel manichino clericale. Ma la fiction indugia sul prete, indulge al "clericale". E’ per ironia, che porti il trincorno, ma a sghembo. I sacri recinti non ti bastano, il tuo pulpito è l’osteria, le piazze, nelle quali stai da dio. I tuoi interlocutori sono i rossi, i mangiapreti, più che i giovani dell’AC, che sciogli, perché "Voi fate chiacchiere cattoliche non azioni cattoliche!".
Dai ragione al Nunzio: "Don Zeno, lei non è un prete, ma un civile sacerdote!". Il tuo obiettivo, infatti, è di produrre un’alternativa sociale per tutti: "Voglio fare un’opera civile, non ecclesiastica, un movimento di solidarietà non di carità. La mia vocazione è la giustizia, che viene prima della religione ed è per tutti. Poi voglio creare un esempio, unire le famiglie e, con un popolo di volontari, far vedere che il vangelo è una legge di vita, dimostrare la sua efficacia anche in campo sociale. Se ci si fa fratelli non c’è più bisogno di fare l’elemosina, che è umiliante sia per chi la fa che per chi la riceve".
La tua ossessione: "fate i conti". I confratelli ti accusano di essere filo-comunista, materialista. E tu ribatti: "Non è sull’uso dei beni, che saremo giudicati? Voi non siete materialisti a mangiare tre volte al giorno?". Non ricorri ai burattini, radio, cinema, giornalino, sagre, pranzi comunitari, per attirare, per convertire, ma per condividere la vita del popolo, di tutti, cristiani e non cristiani, perchè farsi fratelli in umanità è più ampio del fatto religioso. La piazza è più spaziosa della chiesa.
2- Perché è stato tagliato lo scontro con l’anarchico nella caserma di Firenze (1920)? "Ci gode a sfottermi davanti a tutti: "Vi dite fratelli e tra voi cristiani ci sono sfruttati e sfruttatori. A me non interessano i santi singoli, ma il fenomeno sociale. Altro che popolo di Dio! Cosa avete di Dio? Crociate, Inquisizione, Alessandro VI. Predicando la rassegnazione, siete d’ostacolo al progresso umano. Preti ricchi, preti poveri... Farabutti! Perché non fate quello che ha detto Cristo? Giustificate i delitti della borghesia, siete la frusta in mano ai padroni. Presi socialmente siete peggio degli altri". Ha ragione al 90%. In un quarto d’ora smantella la mia vita di cattolico borghese. Mi ritiro, chiedo a Dio di morire. Prendo una boccata d’aria alla finestra: Firenze, ai miei piedi, mi sembra il mondo intero. Fisso un punto lontano e mi viene da dire: "Basta! Non più padrone né servo. Cambio civiltà in me stesso". L’amico che maledice quanto mi sta più a cuore, è riuscito a farmi sentire complice del delitto sociale. Nomadelfia nasce da questo rifiuto: Né padrone né servo, né benefattore né beneficato.
3- "Mi metto subito all’opera (1924-27), dedicandomi ai piccoli delinquenti con una scuola di arti e mestieri. Diamo loro cibo, istruzione, lavoro ma noi, gratificati, loro, umiliati. Impossibile essere alla pari. Noi assistenti, loro assistiti; noi al di sopra, loro al di sotto. Studio da avvocato. Laureato, mi dico: "Potrei mitigare la pena ma sono stanco di fare del bene in modo che tutto rimanga come prima. Curare è bene, prevenire è meglio. Basta con l’assistenzialismo. Mi faccio prete e vado all’altare con Barile, un ex-carcerato. Il primo di quattromila. La mia messa è quella lì: sposo la Chiesa, le do un figlio, non un assistito. Odio l’assistenza. Non per sentirmi buono, bevendo le lacrime delle vittime, ma perché esse mi costringono a chiamare per nome i delitti sociali, a sentire la mia complicità e la passione per una nuova società. Come trasmettere Dio a un figlio di nessuno, che del padre ha conosciuto solo le botte e l’abbandono? Uno di loro diceva: "Se Dio è padre deve essere come il mio papà, violento e ubriacone…".
4- Nel ’37 vengono delle suore. Mi regalano una gallina. A cena trovo i ragazzi alle prese con le zampe e le ali. In cucina sorprendo le religiose in azione sulle cosce e il petto. Quale madre non dà il meglio ai figli? Le rispedisco in convento. "La troppa preghiera le ha rovinate. Il ripetersi d’atti d’amore spirituale, nell’intenzione, non attuati, quindi astratti, ha sdoppiato la loro anima. Che paradosso curare le anime divise dal corpo! In gran parte è una spiritualità evanescente. Quando va male, i primi a sentirne gli effetti, anche nel fisico, dobbiamo essere noi, non i fanciulli né il popolo" (7.2.’38).
5- Irene, la prima mamma (’41). "Un giorno, mentre dico messa, i ragazzi se le danno di santa ragione. E io: "Signore, deciditi! Non vedi questi figli, vittime della mancanza d’affetto? Senza la mamma non c’é tenerezza, diventano violenti. Se prima dell’Angelus non mandi quella ragazza, che ha promesso di venire, non ne parliamo più". La maternità nuova nasce nel calice con questo ultimatum. Mentre suona l’Angelus, si presenta Irene. Domando per tre volte: "Ami il popolo?". "Sì, sì, sì…". Scrivevo nel 1938: "Io sono un’anima selvaggia e sacerdotale che, saltando una serie di tradizioni, non vivrà se non darà alla storia una paternità e una maternità non solo biologica, che mai il mondo cristiano ha potuto vedere". In piazza (non in chiesa) il popolo le dedica la canzone di B. Gigli. La mando dal vescovo, che non sa che pesci pigliare. Lei taglia corto: "Eccellenza, amo questi figli come se fossero nati da me". E si batte il ventre. Il prelato la benedice, ma i confratelli interpretano il mio esempio come un rimprovero. Una volta morto io, chi farà il parroco in una canonica invasa da ragazzi di strada? Non sono in casa loro? Il pettegolezzo ingrossa: "Una cosa mai vista: i figli del peccato in canonica. Sono mamme vere delle nubili?".
5- E’ nella guerra, nel sangue degli uccisi, che fai un patto con loro: decidi di votarti alla politica. "Hitler elettrizza le masse con il mito della razza ariana, io, prete contadino, propongo il superamento dei vincoli del sangue: "Perché tanti orfani e vedove, se siamo fratelli? Per il vangelo non si nasce dalla carne, dal sangue, ma da Dio. La razza, le patrie, innescano le guerre, bloccano i vasi comunicanti della fraternità; il sangue di Cristo ci fa universali".
6- Il grande assente della fiction è il popolo, la massa al vivo (non bastano le foto fisse). "Subito dopo la guerra lancio il mio manifesto politico: "Fate due mucchi. Da una parte chi ha i soldi, dall’altra chi non li ha. E andiamo al potere...". Sia chiaro: la giustizia va imposta con le leggi, non in nome di una religione, perché i diritti umani vengono prima e sono di tutti. Ed ecco una delle mie parabole politiche: "Il signorotto abita nel castello sulla collina, padrone di tutta la vallata. Un giorno vede salire una moltitudine con il badile, la forca, la falce. Capisce che si prepara il temporale. "Ma questo è contro la legge, l’ordine". Raduna i servi. "Tu: prendi mille lire, corri là in mezzo e grida "Viva Gesù Cristo"; tu, ecco mille lire, grida "Viva Carlo Marx"! Tu, "Viva la Russia"! Tu: "Viva l’America". E sta a guardare. I contadini cominciano a litigare: "Cosa c’entra Gesù Cristo, Carlo Marx, l’America?". Si danno tante di quelle botte, che è un disastro. Chiude la finestra: "Anche questa volta è andata bene". Il popolo applaude, sogna ad occhi aperti con me".
Eri entrato nella Chiesa come nella tua casa. E ti hanno relegato nella stiva come un topo. Alle corde di obbedienze assurde, come quando i tuoi si rifiuteranno di votare DC per dare una lezione ai politici inadempienti e ti imporranno di ritirarti dalla comunità ribelle e, quindi, di abbandonare i figli alla deriva. Quando ti chiedo: "Poteva la chiesa importi di rinnegare il diritto naturale, la paternità sui figli accolti, per salvare la disciplina ecclesiastica?", rispondi: "Taci, taci...".
Quando i figli sono deportati negli istituti dirai: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Ma come? Tu, prete, hai il coraggio di chiamare figli dei carcerati coloro, che Dio ha scelto per figli prediletti, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità, dove Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio".
Il tuo cruccio: "Perché la gente non accetta la mia proposta? Perché non capisce o perché si tratta di una scelta troppo adulta per un’umanità ancora bambina?". E tu a penetrare il mistero come un bambino alle prese con la conchiglia che occulta la perla.
Pochi giorni prima del trapasso dirai: "Qual è dunque la strada per salvare l’umanità? La prima cosa è la giustizia. Non è che prima siamo cristiani, prima siamo uomini. La solidarietà umana è scritta nella natura, non è una religione. Cosa vuoi pregare se sei ingiusto? Si fa i conti, questa è l’unica via per creare un mondo nuovo".



Giovedì, 12 giugno 2008